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Cinque motivi per investire nelle foreste

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Solidi fondamentali e non solo. Secondo Nuveen offrono rendimenti interessanti e consentono anche di proteggersi dall’inflazione

I portafogli istituzionali comprendono un mix di asset di stampo tradizionale e alternativo. L’allocazione istituzionale standard prevede circa 40% di obbligazionario, 36% di azionario e 16% di strumenti alternativi. L’allocazione in strumenti alternativi può comprendere private equity, immobiliare, infrastrutture, Farmland e Timberland. Secondo l’asset manager Nuveen ci sono cinque motivi per investire nelle foreste:

  1. Solidi fondamentali di mercato
  2. Rendimenti interessanti con flussi cedolari stabili
  3. Diversificazione del portafoglio
  4. Copertura contro l’inflazione
  5. Benefici climatici quantificabili

Solidi fondamentali di mercato

Investire nelle foreste è un modo per trarre profitto da una domanda mondiale di legno in costante aumento. Con la crescita della popolazione e del suo benessere, la già notevole e crescente domanda di legname comporta opportunità allettanti per chi investe in boschi e foreste in regioni geografiche strategiche.

Sia nei mercati dei Paesi emergenti sia in quelli dei Paesi sviluppati, l’espansione della popolazione mondiale e la crescita economica supportano la domanda di legno e un’ampia gamma di prodotti forestali. Dopo il 2020, si stima che il Pil pro capite aumenterà, passando dai circa 10.500 dollari statunitensi di oggi agli oltre 16.500 dollari statunitensi entro il 2040.

Si prevede che l’aumento del reddito pro capite sarà maggiore nei mercati dei Paesi emergenti come l’India e la Cina, dove si stima un aumento della domanda di prodotti forestali per il consumo interno e l’esportazione. Anche nei mercati sviluppati come Stati Uniti e Unione Europea, si prevede che la crescita economica stimoli la domanda di legno, come input produttivo a basse emissioni di carbonio.

Rendimenti interessanti con un flusso cedolare stabile

Preservazione del capitale in periodi di ribasso e forte generazione di rendita guidata da fattori ciclici e strutturali. L’analisi condotta da Nuveen mostra che negli ultimi tre decenni, i rendimenti dei terreni boschivi statunitensi sono stati altamente competitivi rispetto alle asset class tradizionali. Tra il 1992 e il 2020 le foreste hanno performato meglio rispetto alle strategie obbligazionarie statunitensi, globali e a quelle azionarie non statunitensi, con un margine di 177-377 punti base.

Più in generale, su una base di rendimento ponderato per il rischio, le foreste hanno performato meglio rispetto all’azionario statunitense. Tra il 1992 e il 2020 le foreste degli Stati Uniti hanno generato un rendimento medio annuo del 4% (3 al Sud e 5,7% nel nord-ovest Pacifico).

Emerge inoltre che la componente di cash yield del rendimento totale delle foreste tende a essere resiliente nel tempo indipendentemente dai cicli economici, mentre la componente di apprezzamento del capitale tende a essere più sensibile ai cicli economici Boschi e foreste costituiscono inoltre una riserva di valore e come tali si sono dimostrate resilienti nelle ultime quattro recessioni degli Stati Uniti.

Questa resilienza nel lungo periodo è il risultato della doppia fonte di rendimento (apprezzamento del capitale e rendita finanziaria) e del fatto che la crescita degli alberi non è vincolata alla volatilità dei mercati o ai cicli economici. Il costante aumento anno dopo anno dei volumi di legname commerciale non è legato all’evoluzione delle condizioni economiche. Inoltre, se in un determinato trimestre o micromercato il prezzo del legname dovesse essere sfavorevole, i proprietari dei terreni boschivi possono ritardare il taglio, nell’attesa che i prezzi migliorino.

Tuttavia, applicata su grandi aree e su periodi più lunghi, tale strategia potrebbe comportare un accumulo delle giacenze e in ultima analisi procrastinare la ripresa dei prezzi del legname (come accaduto in molte parti del Sud degli Stati Uniti nel decennio dopo la crisi finanziaria globale).

Diversificazione del portafoglio

Negli ultimi decenni i rendimenti delle foreste degli Stati Uniti hanno mostrato una correlazione limitata con le asset class tradizionali. Gli investitori cercano asset con correlazioni basse e negative al fine di migliorare la diversificazione e ridurre il rischio per migliorare l’efficienza del portafoglio. Negli ultimi decenni, i rendimenti dei terreni boschivi statunitensi hanno mostrato una correlazione limitata con le asset class tradizionali.

La ricerca condotta da Nuveen illustra come gli investimenti privati in categorie relativamente non liquide di beni immobili (Timberland, Farmland e immobili commerciali) hanno mostrato correlazioni basse o negative con l’azionario e il reddito fisso. In effetti, tra il 1992 e il 2020 (e anche negli anni della crisi finanziaria globale, ovvero 2008-2020), le correlazioni basse e negative tra i rendimenti delle foreste e le asset class tradizionali mostrano che gli investimenti in forestazione hanno fornito guadagni efficienti per gli investitori istituzionali.

Uno dei principali fattori alla base di questa mancanza di correlazione è che una parte del rendimento dell’investimento è generata attraverso la crescita biologica, che è indipendente dai movimenti di mercato. I pagamenti per i servizi ecosistemici, come i crediti di carbonio, offrono una fonte aggiuntiva di rendimento non correlato e possono potenzialmente rafforzare i benefici di  diversificazione dall’investimento in Timberland.

Copertura contro l’inflazione

Gli asset forestali continuano a garantire agli investitori una copertura affidabile contro l’inflazione. Tra il 1992 e il 2020 la correlazione tra l’indice dei prezzi al consumo statunitense e le foreste si è mantenuto positivo e ha superato la correlazione fra l’inflazione e le asset class tradizionali. La correlazione tra l’azionario statunitense (e non) e l’inflazione, invece, è rimasta fortemente negativa in entrambi i periodi.

Quali sono i principali fattori sottostanti alla correlazione positiva con l’inflazione? Gli attivi forestali producono le materie prime per molti prodotti inclusi nel paniere dell’indice dei prezzi al consumo, come materiali da costruzione, arredamento, carta e imballaggi.

L’aumento dell’inflazione riflette la crescita dei prezzi per questi beni e la capacità di pagare un prezzo più alto per il legname. L’aumento dei prezzi del legname fa crescere la rendita finanziaria e, in ultima istanza, incrementa il valore dell’asset sottostante, sostenendo una correlazione positiva tra l’inflazione e il rendimento delle foreste. I prezzi più alti del legname possono anche far aumentare la componente di apprezzamento del capitale del rendimento totale, in quanto sono incorporati nelle valutazioni dell’attivo.

La correlazione tra i rendimenti delle foreste e l’inflazione è rimasta positiva e affidabile per molti decenni e suggerisce che, al crescere dell’inflazione, anche la performance delle foreste sia in grado di tenere il passo dell’inflazione, o addirittura di superarla.

Benefici climatici quantificabili

La bassa intensità di carbonio delle foreste e il potenziale di generare crediti di carbonio verificati può aiutare gli investitori a raggiungere i propri obiettivi climatici in modo efficiente. Le foreste rappresentano un investimento diretto atto a ridurre le emissioni di CO2. La capacità naturale degli alberi di catturare e immagazzinare il carbonio è al momento la sola tecnologia comprovata e espandibile per rimuovere le emissioni di gas serra dall’atmosfera. La asset class legate alle foreste vanta la media di intensità di carbonio più bassa, ovvero emissioni nette di CO2 per dollaro investito, tra le classi di attivo sia alternative che tradizionali.

L’allocazione finanziaria su Timberland, con un profilo netto negativo di emissioni di carbonio, consente di compensare all’interno di uno stesso portafoglio istituzionale settori a più alta intensità di carbonio, il che contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi climatici in modo efficiente e senza inutili sacrifici a scapito del rendimento.

Oltre a questi benefici a livello di portafoglio, il potenziale delle foreste di generare crediti di carbonio verificati è per gli investitori fonte di valore aggiunto; infatti i crediti possono essere monetizzati per aumentare i rendimenti finanziari. Le più grandi società statunitensi, come Apple, Microsoft, Amazon e Google, che rappresentano insieme oltre 6.700 miliardi di dollari americani di capitalizzazione di mercato (al 31 dicembre 2020), hanno annunciato ambiziosi obiettivi di neutralità in termini di emissioni di carbonio.

La domanda di crediti di carbonio forestale volti al raggiungimento degli obiettivi climatici proveniente da queste quattro società, e da molte altre, potrebbe avere un impatto significativo sulla gestione della produzione forestale, sulla mole di capitale investibile e sulla proprietà delle aree forestali.

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