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Fixed income, i rischi rimangono elevati 

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Per Pgim Fixed Income, le prospettive non sono così cupe, ma occorre cautela. Ecco cosa tenere d’occhio

I timori sui mercati obbligazionari globali non sono mancati nel terzo trimestre. Le banche centrali hanno spinto aggressivamente al rialzo i tassi a breve in risposta alla peggiore inflazione dell’ultimo mezzo secolo, e il conseguente appiattimento ribassista delle curve dei rendimenti si è aggiunto alle forti perdite dell’anno. “Il calo dei prezzi delle obbligazioni ha continuato ad alimentare i deflussi dai fondi retail e, date le scarse condizioni di liquidità, ciò ha portato ad un contesto di mercato prudente con forti oscillazioni intra-day e giornaliere. Gli investitori hanno la possibilità di osservare con attenzione i movimenti quotidiani, che a loro volta possono essere determinati da una serie di rischi”, sottolinea Robert Tipp, cfa chief investment strategist & head of global bonds di Pgim Fixed Income, secondo cui uno sguardo più attento a quattro temi di mercato fornisce però un contesto sulla fragilità dei mercati, sui fattori che contribuiscono all’inflazione, sulla volatilità delle valute e sull’evoluzione del riassetto del reddito fisso.

In prospettiva, Tipp vede un limbo continuo tra aspetti positivi e negativi contrastanti, con gli aspetti negativi ancora probabilmente dominanti. “Il persistere di dati sull’inflazione elevati e la forte crescita dell’occupazione continueranno probabilmente a spingere le banche centrali ad alzare i tassi in modo aggressivo, alimentando i timori di un hard landing – argomenta -. Più avanti, tuttavia, il quadro dell’inflazione potrebbe migliorare, dato che i prezzi degli immobili e dell’energia potrebbero aver superato i livelli massimi. Più in generale, anche gli squilibri tra domanda e offerta dell’era Covid sembrano essere in via di correzione, il che suggerisce una riduzione dell’inflazione core. Se si considera l’impatto ritardato dei precedenti rialzi dei tassi e quelli che sembrano destinati ad arrivare nei prossimi mesi, c’è motivo di essere ottimisti sul fatto che i picchi di crescita, inflazione e, quindi, dei tassi di interesse a lungo termine dovrebbero essere vicini”.

Ma è necessario fare delle precisazioni, secondo l’esperto. “In primo luogo – chiarisce – se la crescita e l’inflazione dovessero continuare a sorprendere al rialzo, i tassi potrebbero avere ancora un punto percentuale di margine al rialzo, anche se il nostro scenario di base prevede un picco dei tassi a lungo termine più vicino ai livelli attuali. In secondo luogo, dati i bassi livelli di disoccupazione a livello globale e la probabilità che il ritorno ai livelli target dell’inflazione richieda del tempo, il livello più elevato dei tassi appena raggiunto potrebbe persistere per diversi trimestri: questa volta potrebbe non esserci una rapida inversione di rotta”.

Sebbene il ribilanciamento di queste componenti e le loro traiettorie suggeriscano che l’uragano che sta colpendo il mercato obbligazionario dovrebbe indebolirsi, per Tipp è insomma ancora troppo presto per essere certi che non ci troviamo nell’occhio del ciclone, con ulteriori aumenti dei tassi seguiti da una futura recessione. “L’ampio ventaglio di potenziali esiti ha di conseguenza reso i mercati più cauti, come dimostrano gli alti livelli di volatilità implicita dei tassi d’interesse e il continuo rally del dollaro, il bene rifugio preferito dai mercati valutari, tendenza che sembra destinata a continuare”, fa notare.

Per quanto la situazione quotidiana possa apparire quasi urgente, le problematiche secondo l’outlook di Pgim Fixed Income culminano in una prospettiva più ampia che potrebbe non essere così cupa. Se si guarda al di là dei possibili landing economici (hard o soft) e alla transizione verso la fine della guerra in Ucraina,  che cosa sappiamo del potenziale scenario economico e della configurazione del mercato che ci attende?

Per l’esperto, le condizioni economiche sembrano destinate a ritornare ad una configurazione più simile a quella pre-Covid. “Fattori secolari, come l’invecchiamento demografico e il debito elevato, dovrebbero portare ad un ritorno di crescita e inflazione moderate, che potrebbero quindi tradursi in un contesto di tassi d’interesse più bassi, anche se con qualche eccezione nel mercato dell’Eurozona – spiega -. Quando ci si guarderà indietro, ad esempio tra cinque anni, sarà probabilmente chiaro che i tempi attuali hanno visto i livelli più alti di crescita, inflazione e tassi di interesse per le generazioni a venire. Quindi, a qualunque livello i tassi raggiungeranno il loro picco, e riteniamo altamente probabile che la maggior parte del rialzo sia alle spalle, si tratterà di una soglia che probabilmente si rivelerà il punto più alto per anni, decenni o forse anche generazioni a venire. Forse stiamo assistendo a un mini-ripristino del livello dei tassi degli anni ’80″.

Come ulteriore elemento positivo per i rendimenti del reddito fisso, secondo Tipp l’attuale configurazione, in cui gli spread si sono ampliati e i rendimenti dei titoli di Stato sono aumentati, non è certo la norma. “Nella maggior parte dei cicli – evidenzia -, quando gli spread sono ampi, si è verificato un rallentamento dell’economia e/o una crisi finanziaria, che ha spinto al ribasso i rendimenti dei titoli di Stato.  Al contrario, quando l’economia registra una buona performance e i rendimenti dei titoli di Stato sono ai massimi del ciclo, gli spread sono spesso compressi. Ciò apre la possibilità che, una volta passata la paura dei rialzi dei tassi delle banche centrali, il mercato obbligazionario presenti una rara opportunità di picco sia nei rendimenti, sia negli spread”.

Dunque, i rischi rimangono elevati. “Sebbene la maggior parte del rialzo dei rendimenti di questo ciclo sia quasi certamente alle spalle, la questione riguardante l’hard landing, e le prospettive dei prodotti a spread, rimane offuscata da rischi al ribasso. Tuttavia, è bene tenere d’occhio la situazione, poiché i dati economici mostrano almeno alcuni segnali di moderazione”, conclude Tipp.

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