Kraneshares vede le migliori opportunità tra le aziende che gestiscono attivamente la transizione. Come la società mineraria canadese Teck Corporation, l’utility tedesca Rwe e il conglomerato indiano Reliance Industries
In un contesto di notizie economiche negative come quello attuale, c’è un settore in cui il boom è appena iniziato: spinti dagli obiettivi climatici, dalla necessità di sicurezza energetica e dal desiderio di stimolare la crescita, i governi stanno puntando tutto sulla transizione energetica.
La legge statunitense Inflation Reduction Act (Ira) e il REPowerEU sono esempi di piani di stimolo dei governi mirati a sviluppare le industrie funzionali a promuovere la transizione energetica, che avranno l’effetto di far crescere ed adottare rapidamente tutta una serie di tecnologie e processi funzionali a questo sviluppo, grazie agli incentivi finanziari messi a terra. “L’Ira – spiega Roger Mortimer, portfolio manager di Kraneshares – ha un budget nominale di 369 miliardi di dollari per i programmi di sicurezza energetica e cambiamento climatico, ma Credit Suisse stima che, poiché gli incentivi non sono limitati e lo schema è molto interessante, la spesa pubblica finale consentita dall’Ira potrebbe superare gli 800 miliardi di dollari. Altre stime sono ancora più elevate: Goldman Sachs ritiene che potrebbe portare alla mobilitazione di 1.500 miliardi di dollari di capitali per l’energia pulita negli Stati Uniti entro il 2032”.
L’Europa è in qualche modo minacciata dalla portata degli incentivi dell’Ira e i leader Ue stanno ora elaborando un ‘Piano Industriale Green Deal’, una versione rafforzata della precedente iniziativa. “Secondo le prime indiscrezioni, il piano europeo ricalcherebbe l’Ira nella misura dei suoi incentivi e le due regioni potrebbero collaborare per lanciare una forma di ‘Ira atlantica’. Goldman Sachs valuta che l’IRA europea potrebbe mobilitare 4.000 miliardi di euro di capitale entro il 2032”, prosegue Mortimer.
Tuttavia, i combustibili fossili rappresentano ancora quasi l’80% dell’utilizzo di energia a livello globale: un numero che è rimasto sostanzialmente invariato da quarant’anni. “Riteniamo che la maggiore opportunità di creazione di valore sociale e finanziario derivi dall’investimento nelle aziende che fanno parte del problema ma che gestiscono attivamente la transizione”, avverte quindi il portfolio manager, secondo cui le aziende che operano in settori ad alte emissioni e che sono oggetto di politiche di transizione energetica hanno davanti a loro un ciclo di investimenti senza precedenti. “I governi le stanno rifornendo di denaro – chiarisce -, facendo pendere l’economia della decarbonizzazione a loro favore e facilitando le decisioni di allocazione del capitale a loro vantaggio. L’effetto è una strabiliante opportunità: la possibilità di rinnovare interamente il proprio business model in un enorme ciclo di investimenti che guiderà la crescita degli utili”.
“La nostra view – continua – è che le aziende ad alte emissioni possono creare valore per gli azionisti grazie al processo di decarbonizzazione. Per le aziende attualmente ad alte emissioni, l’idea di diventare più ecologiche presenta molteplici vantaggi: una crescita più rapida, un possibile guadagno di quote di mercato rispetto ai concorrenti che si muovono più lentamente, il potenziale di espansione dei margini grazie alle crescenti economie di scala che riducono i costi delle nuove tecnologie, un accesso al capitale a costi inferiori e un universo di azionisti in crescita, il che implica una valutazione potenzialmente più elevata. La percezione di queste aziende da parte degli investitori cambierà: prima percepite come aziende a bassa crescita ed alto impatto ambientale, saranno sempre più viste come leader della crescita verde, e di conseguenza saranno rivalutate attraverso l’adozione di multipli più elevati”.