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Portafoglio 60/40, ancora una scelta valida

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Per Vanguard, anche in un anno eccezionale come il 2022 l’effetto stabilizzante del 60/40 è stato evidente

Il portafoglio 60/40 è una delle strategie di investimento più classiche e resta ancora una valida scelta. Ne è convinto Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard, secondo cui, oltre al vantaggio fondamentale della diversificazione del rischio, il merito principale di una ponderazione composta per il 60% di azioni e per il 40% di obbligazioni è che tiene adeguatamente conto sia delle opportunità sia dei rischi del mercato.

“Il leggero sovrappeso della componente azionaria – spiega – consente di beneficiare dell’aumento dei prezzi delle azioni, mentre la componente obbligazionaria aiuta a stabilizzare il portafoglio nei momenti di tempesta del mercato azionario. Questo è il motivo per cui il portafoglio 60/40 è una strategia d’investimento consolidata”. Per Rosti, un altro vantaggio di questa combinazione è che può essere attuata in modo estremamente semplice ed economico. “Fondamentalmente, sono sufficienti un Etf azionario globale e un Etf obbligazionario globale”, sottolinea.

Nonostante gli evidenti vantaggi, l’approccio 60/40 è stato recentemente oggetto di crescenti critiche. Spesso si obietta che determinare uno specifico rapporto di ponderazione non lasci alcuna libertà di reagire ai cambiamenti del contesto di mercato. Ad esempio, aumentando e diminuendo in modo flessibile la quota azionaria. Questo argomento è spesso addotto in particolare dai gestori di fondi bilanciati a gestione attiva. 

Ma l’esperto Vanguard fa notare che, storicamente, è stato dimostrato come tale riallocazione raramente generi il valore aggiunto che gli investitori sperano. “Anzi – puntualizza – a causa dei costi che comporta l’adeguamento del portafoglio, spesso si verifica il contrario. Considerando il decennio terminato nel 2022, un portafoglio 60/40 di azioni e obbligazioni diversificate a livello globale ha registrato un ritorno del 6,7% su base annua. Si tratta di un risultato nettamente superiore a quello che la maggior parte dei fondi bilanciati a gestione attiva può ottenere sullo stesso periodo”.

Portafoglio 60/40, la correlazione come fattore chiave

Un altro punto controverso è che i portafogli 60/40 abbiano avuto una performance comparativamente peggiore nel 2022. “Affinché una strategia 60/40 funzioni – fa notare Rosti – è necessario che le azioni e le obbligazioni non abbiano un’eccessiva correlazione positiva. Idealmente la correlazione è negativa. In passato questa condizione è stata soddisfatta per lunghi periodi. Nel 2022, però, non è stato così a causa del rapido aumento dell’inflazione, che ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Settanta. Se da un lato i timori di recessione hanno fatto crollare i prezzi delle azioni, dall’altro i rialzi dei tassi di interesse di riferimento hanno provocato flessioni nei prezzi delle obbligazioni. Tuttavia, anche in questo anno eccezionale, l’effetto stabilizzante del 60/40 è stato evidente: a fronte di una perdita di quasi il 18%, registrata dall’Msci World e subita dagli investitori azionari globali, un portafoglio globale 60/40 ha perso molto meno, con una flessione pari al 12,7% del valore”.

Cosa succederà?

La domanda cruciale che ci si pone ora è: la correlazione tornerà in territorio negativo? Per l’esperto Vanguard, il presupposto è che le banche centrali tengano sotto controllo l’inflazione in modo permanente. “Il percorso per arrivarci è difficile, ma la volontà c’è e i progressi già compiuti non possono essere trascurati. Riteniamo quindi più probabile un processo di normalizzazione dell’inflazione piuttosto che uno scenario di stagflazione permanente in stile anni Settanta. Siamo ottimisti per il futuro. Riteniamo che i tradizionali portafogli  60/40 continueranno a essere una scelta eccellente per gli investitori a lungo termine”, conclude.

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