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Azionario, tre fattori macro da tenere d’occhio

Secondo Neuberger Berman, nell’attuale contesto gli investitori devono tener conto soprattutto dell’interazione tra tassi a lungo termine, crescita nominale e liquidità

In questo difficile contesto, secondo Tokufumi Kato, senior portfolio manager di Neuberger Berman, filtrare i segnali di mercato significativi significa prestare molta attenzione all’interazione tra tassi a lungo termine, crescita nominale e liquidità. “Le dinamiche del mercato azionario – spiega – sono influenzate da una miriade di variabili macroeconomiche. Di recente, i tassi di interesse a lungo termine hanno rappresentato un limite alla performance, mentre la crescita nominale e la liquidità complessiva hanno rappresentato un limite minimo”.

Quali sono le prospettive? Kato parte dai tassi. Nel breve termine, a suo parere l’aumento dei tassi a lungo termine continuerà a pesare sui mercati. “Nelle ultime settimane abbiamo osservato una forte correlazione tra le azioni e i rendimenti a lungo termine – fa notare -. Se le principali banche centrali mantengono la propria politica ‘più alti per più tempo’, i titoli azionari di qualità inferiore e a piccola capitalizzazione potrebbero subire ulteriori pressioni. Riteniamo che questo potenziale scenario suggerisca che potrebbe essere vantaggioso orientarsi verso la qualità all’interno dei portafogli azionari e a reddito fisso”.

A lungo termine, secondo l’esperto i tassi saranno influenzati da una serie di fattori, tra cui l’emissione dei Treasury, il quantitative tightening della Fed, l’aumento della volatilità, le preoccupazioni per la sostenibilità fiscale e la normalizzazione della politica della Banca del Giappone. Tutti fattori che potrebbero portare a un aumento del premio a termine. “Con un deficit annuale previsto di circa 1.700-1.800 miliardi di dollari, il Treasury Borrowing Advisory Committee degli Stati Uniti ha sottolineato la correlazione tra la sostenibilità fiscale e il premio a termine, lasciando intendere che l’aumento dell’emissione di titoli di Stato potrebbe frenare i mercati azionari nel 2024”, sottolinea.

Anche il quadro della crescita appare potenzialmente sfidante. Per Kato, la crescita nominale potrebbe rallentare per una serie di fattori, tra cui l’indebolimento dei consumi, la tiepida ripresa della Cina e la generale fragilità geopolitica.

“Per quanto riguarda le condizioni di liquidità – prosegue -, riteniamo che le riserve rimarranno al livello attuale, poiché il Reverse Repurchase Program della Fed è destinato a diminuire con il progredire del quantitative tightening. Considerando il ritmo del Qt in corso, si prevede un livello di riserve più stabile (2.000-2.500 miliardi di dollari, pari all’8-10% del Pil) entro la fine del 2025”. Nel frattempo, osserva poi l’esperto, sullo sfondo c’è un’ingente liquidità: i fondi del mercato monetario statunitense detengono attualmente circa 6.000 miliardi di dollari. “Se il mercato si convince che la Federal Reserve inizierà a tagliare i tassi, questo denaro potrebbe potenzialmente inondare il mercato”, avverte.

“In questo difficile contesto di mercato – conclude quindi Kato – riteniamo che tenere conto dei principali fattori macroeconomici, in particolare dell’interazione tra tassi a lungo termine, crescita nominale e liquidità, sia fondamentale per prendere decisioni di investimento ben informate”.

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