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Intermonte, un bond a tasso misto per cavalcare l’incertezza sui tassi 

Il bond a 10 anni, in collaborazione con Societe Generale, ha una struttura ‘callable fixed to floating’: paga una prima cedola fissa al termine del secondo anno, pari ad un tasso annuo lordo dell’8,25%, e poi variabile 

Le principali banche centrali a livello globale sembrano aver intrapreso una politica di tassi high for longer, ma non vi è certezza su come nei prossimi anni potrà evolvere l’inflazione e, con essa, anche i tassi d’interesse. Proprio per cavalcare le attese del mercato sul futuro dei tassi, Intermonte e Societe Generale hanno collaborato all’emissione di un nuovo bond a 10 anni con una caratteristica struttura a tasso misto, pensata per massimizzare il rendimento con un’ambiziosa cedola fissa lorda dell’8,25% annuo corrisposta al termine del secondo anno, cioè al momento in cui, con la stabilizzazione del mercato obbligazionario, a performare sarà poi il tasso variabile.

Il 2023 sarà ricordato come l’anno della riscoperta dei bond: i forti rialzi dei tassi d’interesse hanno riportato l’attenzione degli investitori su una asset class per anni considerata poco redditizia. Soltanto nei primi nove mesi del 2023, sul segmento fixed income di Borsa Italiana sono stati scambiati volumi per 160 miliardi di euro, una cifra pari a quella scambiata nell’intero 2022 (+60% a/a).

Il bond in dettaglio e la struttura ‘callable fixed to floating’

Il titolo (codice ISIN XS2699558305) denominato in euro, è quotato sul mercato Euro TLX di Borsa Italiana e ha una durata massima di dieci anni. Al termine del secondo anno (novembre 2025) l’obbligazione paga una cedola pari ad un tasso fisso dell’8,25% lordo annuo, mentre a partire dal terzo anno il tasso è variabile, con cedole trimestrali lorde legate al tasso Euribor a 3 mesi, con floor allo 0% e cap al 5%. Il tasso Euribor a 3 mesi, cioè il tasso di interesse interbancario, rappresenta un ottimo indicatore dei tassi a breve termine ed è fortemente condizionato dal tasso sui depositi presso la Bce, punto di riferimento per la gestione della politica monetaria. Dal termine del secondo anno, il bond prevede la possibilità di richiamo anticipato su base trimestrale a discrezione dell’emittente con rimborso del 100% del valore nominale. In assenza di rimborso anticipato, l’obbligazione corrisponde il 100% del valore nominale alla scadenza originaria (14 novembre 2033).

La scelta di mantenere un tetto del 5% per le cedole variabili è finalizzata ad offrire una cedola fissa più elevata nei primi due anni dalla sottoscrizione, cioè quando le prospettive sui tassi saranno più incerte a causa di una serie di fattori macroeconomici, tra cui: l’esito delle negoziazioni salariali in Usa, con potenziali impatti rialzisti sull’inflazione anche in Europa; le tensioni geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente, che potrebbero sfociare in nuove guerre commerciali con pesanti conseguenze sui prezzi delle materie prime; la transizione energetica, che potrebbe essere agevolata o, viceversa, ostacolata dai risultati delle elezioni 2024 in Europa e Stati Uniti; e, infine, l’invecchiamento demografico, che, determinando una riduzione dell’offerta di lavoro, può contribuire all’impennata dei salari. Molto dipenderà dall’intensità e dalla rapidità di questi trend, ma a partire dal 2025 potremmo assistere a una graduale stabilizzazione del mercato obbligazionario.

Perché il cap al 5%?

Superato questo iniziale periodo di incertezza, le banche centrali potrebbero optare per una revisione al rialzo del target d’inflazione dal 2% al 3% o 4% e la scelta di un cap del 5% per le cedole variabili di questo nuovo bond dovrebbe essere sufficiente a contenere l’impatto che l’inflazione mediamente più alta avrà sui tassi. Allo stesso tempo, però, le banche centrali saranno chiamate a mantenere i tassi su livelli compatibili con le finanze pubbliche di economie globali sempre più indebitate e deboli: da qui la preferenza a mantenere un cap più basso ma comunque in linea con lo scenario prospettico di inflazione e tassi, a favore di un rendimento più elevato nei primi due anni.

Per concludere, secondo Intermonte è bene ricordare che negli ultimi 23 anni solo due volte l’Euribor 3 mesi è salito di poco oltre il 5%, ed entrambe le volte si è trattato di momenti di estremo stress sui mercati (crisi delle dot.com e crollo di Lehman Brothers); al momento, i tassi attesi dal mercato per il periodo 2025-2033 sono compresi tra il 3 e il 3,5%.

“Con i tassi d’interesse a livelli a cui non si assisteva dal 2012 – sottolinea Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte – l’attenzione è ritornata sulle obbligazioni, ma, anche per questa asset class, è bene tenere a mente la regola aurea della diversificazione e affiancare ai titoli governativi anche quelli corporate, in particolare le emissioni bancarie. Per questo nuovo bond, ad esempio, il nostro team di analisti ha messo a punto un meccanismo che, attraverso una struttura ad alto rendimento per i primi due anni, consente di massimizzare i ritorni nel periodo che si prevede di maggiore incertezza sui tassi. Al tasso variabile spetta, invece, il compito di performare una volta che il quadro macro si sia stabilizzato, quando potrà esserci più chiarezza sull’impatto della transizione energetica e dei conflitti geopolitici sull’economia”.

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