Dall’alimentare all’igiene, Robeco ha individuato quattro aree di particolare interesse per gli investitori
Il Covid-19 ha puntato i riflettori sulla salute e quello dell’healthy living e della prevenzione delle malattie è ora più che mai tra i temi di investimento più rilevanti. Nonostante infatti negli ultimi 50 anni la produzione alimentare e le abitudini alimentari di tutto mondo siano cambiati profondamente e la maggiore resa dei raccolti e i migliori sistemi produttivi abbiano contribuito ad allungare le aspettative di vita e a ridurre la fame, questi effetti positivi sono stati praticamente annullati. E come sottolinea Masja Zandbergen, head of sustainability integration di Robeco, la colpa è del massiccio degrado ambientale dovuto a pratiche agricole non sostenibili e a problemi di salute che vanno dall’obesità alle malattie cardiache, provocati da diete ad alto contenuto calorico e a base di cibi altamente processati.
“Stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità – argomenta -, dal 1975 a oggi è triplicata sia la percentuale di persone adulte in sovrappeso (39%) sia quella di chi soffre di obesità (13%). Al tempo stesso, il 9,2% degli adulti è in sottopeso. La coesistenza di sovrappeso e denutrizione ha dato vita al cosiddetto doppio onere della malnutrizione, considerata ormai una vera piaga”.
Proprio per queste ragioni, i consumatori preferiscono cibi più sani, meglio se prodotti in modo sostenibile. “Le migliori opportunità di investimento – evidenzia la Zandbergen – sono quindi rappresentate da cibi e bevande di origine vegetale, dai meal kit come HelloFresh e Marley Spoon e dai software per ristoranti. Le aziende specializzate nel settore degli alimenti stanno acquistando importanza agli occhi dei consumatori, operano in un mercato molto vasto e i loro prodotti hanno una penetrazione relativamente bassa. Il che garantisce ottime opportunità di crescita. La carne coltivata sembra avere un impatto ambientale più basso e costi di produzione in calo. Tuttavia, la sua redditività commerciale rimane incerta”.
Oltre a questi trend del settore alimentare, l’esperta ha individuato quattro aree di particolare interesse per una vita sana. La prima attiene alla consapevolezza da parte dei consumatori dell’importanza di un’alimentazione sana: essendo in gioco il futuro del cibo, si tratta di investire in ingredienti organici e naturali, ma anche in aziende che forniscono soluzioni per la sicurezza e l’analisi degli alimenti. “I margini di crescita sono enormi, visto che negli Usa i cibi bio hanno una quota di mercato pari solo al 5%. L’espansione del settore, però, è continua”, assicura.
La seconda riguarda la consapevolezza da parte dell’opinione pubblica dei vantaggi di uno stile di vita sano: pur partendo da livelli di obesità già elevati, quasi un terzo della popolazione mondiale è ingrassato durante la pandemia (in media di ben 6,1 kg!) “I titoli della strategia legati al mondo del fitness e della vita attiva fanno registrare buoni risultati. Ci riferiamo in particolare all’abbigliamento per l’atletica e alle apparecchiature per palestre”, chiarisce la Zandbergen.
Terza area è quella dei prodotti per l’igiene e per la salute dei consumatori. “Già presenti nella nostra strategia dedicata a uno stile di vita sano, sono diventanti essenziali durante la pandemia – sostiene -. Si pensi ai prodotti per uso orale, capelli e pelle, alle vitamine e agli integratori alimentari”. E siccome non tutto è questione di prevenzione, una delle aree più interessanti è legata all’incidenza di malattie associate allo stile di vita, tra cui ‘diabesity’, problemi cardiaci, ictus e tumori. Per questo la Zandbergen dice di investire in prevenzione e diagnostica, efficienza sanitaria e cura delle malattie croniche.
“Quello della sanità è davvero un trend di lungo termine – prosegue -. Misurato in termini di volatilità, il rischio è relativamente contenuto. Pur ritenendo interessante questa tendenza alla prevenzione e alla vita sana, il denaro speso in prevenzione è ancora una frazione minima rispetto ai costi della cura delle malattie. Costi che continuano ad aumentare ovunque e che oggi, negli Usa, ammontano al 17% del Pil! Al di là dei problemi legati alla salute, l’impatto negativo sulla performance di un’impresa che usa zucchero nei propri processi produttivi può essere elevato. Tra i costi associati all’obesità troviamo l’aumento delle spese sanitarie, la diminuzione della produttività e i decessi prematuri. Per questo motivo i produttori di alimenti e bevande sono esposti a rischi normativi, reputazionali, legali e di mercato”.
A queso proposito l’esperta fa l’esempio dei governi di molti Paesi ad alto e basso reddito hanno deciso di introdurre un’imposta sullo zucchero, la cosiddetta ‘sugar tax’, o di vietare la pubblicità di prodotti poco salutari per i bambini. Si registra inoltre una maggiore regolamentazione dell’uso delle indicazioni nutrizionali e sulla salute, mentre vengono rafforzati i requisiti in materia di etichettatura dei cibi. “In definitiva – avverte -, le imprese che non si adeguano al mutamento delle preferenze alimentari possono perdere quote di mercato, ricavi e profitti”.
Inoltre digitalizzazione e l’innovazione della sanità, a detta della Zandbergen, potrebbero ridurre drasticamente i costi. Tre sviluppi sembrano suggerire che il cambiamento è all’orizzonte. “Innanzitutto – spiega -, nonostante la sua proverbiale lentezza nell’adottare nuove tecnologie, oggi il comparto sanitario si sta aprendo sempre più all’innovazione digitale. Sempre più spesso i dati elettronici che medici, fornitori di servizi sanitari e case farmaceutiche si scambiano sui pazienti sono armonizzati. In secondo luogo, cresce il numero di aziende disposte a condividere i propri dati, sfruttando al massimo il potenziale delle informazioni disponibili. Inoltre, l’introduzione della telemedicina potrebbe ridurre i costi e i tempi di attesa per i pazienti che necessitano di visite specialistiche. Infine, per ridurre i tempi e i costi di sviluppo di nuovi medicinali, la ricerca farmaceutica si affida sempre più spesso a nuove tecnologie come l’IA. Recenti riforme testimoniano il passaggio da modelli basati sulle attività a modelli basati sui risultati, fenomeno che la digitalizzazione è certamente destinata ad accelerare”.
Insomma, le opportunità non mancano e spaziano dalla promozione dei comportamenti virtuosi alla personalizzazione delle medicine, passando per il monitoraggio da remoto, l’analisi olistica e il miglioramento dei processi decisionali. “La digitalizzazione non è in grado di risolvere da sola le sfide della sanità, ma può contribuire a controllare i costi, a migliorare la qualità e a mettere il paziente al centro. Come per tutte le principali questioni Esg, riteniamo che il dialogo con le aziende sanitarie andrà a vantaggio dell’intero settore e ci aiuterà a investire in società dal futuro sano”, conclude la Zandbergen.