Papesh (T. Rowe Price) non ha dubbi: le piccole sono favorite, ma non bisogna dimenticare alcune large-cap tecnologiche. L’intervista
In portafoglio non possono mancare alcune large-cap tecnologiche ben posizionate per sfruttare i cambiamenti di lungo periodo in settori come la ricerca web, l’advertising online e l’e-commerce, ma questo è soprattutto il momento di puntare sulle società a piccola capitalizzazione, decisamente favorite. Parola di Eric Papesh, portfolio specialist Us equities di T. Rowe Price, che risponde alle quattro domande chiave sull’azionario Usa.
Quale ruolo dovrebbero avere i grandi nomi tech all’interno del portafoglio?
“In quasi tutte le fasi i titoli tecnologici large-cap hanno un ruolo da giocare all’interno dei portafogli degli investitori. La questione chiave riguarda piuttosto quali di questi titoli detenere. Considerando la rapidità dell’innovazione e la quantità di disruption a cui si è assistito nel corso degli ultimi due decenni, la selettività è chiaramente un fattore chiave.
Vi è un numero relativamente ridotto di società tecnologiche large-cap che oggi sono particolarmente ben posizionate per sfruttare i cambiamenti di lungo periodo in settori quali la ricerca web, l’advertising online e l’e-commerce. Le valutazioni naturalmente contano e a volte i multipli rendono queste società meno attraenti a breve termine. Tuttavia, se si considera un orizzonte temporale dai tre ai cinque anni, è probabile che grazie a tale posizione privilegiata queste società continuino ad accrescere le proprie quote di mercato, generando allo stesso tempo rendimenti positivi per gli investitori a lungo termine.
Le small e mid-cap invece offrono valore?
“Dopo essere rimaste indietro per la maggior parte del tempo negli ultimi anni rispetto alle large-cap, le società a piccola capitalizzazione hanno registrato un forte rimbalzo rispetto ai minimi toccati nel 2020. Gli investitori hanno iniziato a rendersi conto delle prospettive in miglioramento intorno a metà anno, e vi è stata una quantità notevole di nuovi flussi diretti verso questa asset class negli ultimi due o tre trimestri.
Ai livelli attuali, pensiamo che ci siano ancora buone ragioni per mantenere un’esposizione a quest’area. Se in generale sul mercato azionario le valutazioni appaiono tirate rispetto al passato, in termini relativi le small-cap sono decisamente favorite rispetto alle large-cap. Inoltre, si prevede che le small-cap registrino una crescita degli utili per azione più significativa (considerando il 2021 rispetto al 2019) nel corso dell’anno rispetto alle large-cap. Anche se la componente a capitalizzazione più bassa del mercato tende ad essere leggermente più volatile, la combinazione di valutazioni meno elevate e crescita maggiore è attraente”.
Gli investitori possono trovare buoni rendimenti negli Stati Uniti? E per quanto riguarda i dividendi?
“Nonostante il dividend yield dell’S&P500 sia diminuito in seguito al rally del mercato dello scorso anno, alcuni settori continuano a offrire opportunità attraenti agli investitori in cerca di reddito. Il rendimento attuale della parte value del mercato resta più elevato rispetto a quello delle obbligazioniLe obbligazioni sono titoli rappresentativi del capitale di ... Leggi governative”.
Quale impatto ha la performance del dollaro sull’azionario Usa?
“In teoria, un dollaro più debole dovrebbe rappresentare un vantaggio per le grandi multinazionali, poiché una parte significativa dei loro ricavi provengono dall’esterno degli Stati Uniti. I profitti generati all’estero in sostanza possono essere convertiti in una maggiore quantità di dollari quando il biglietto verde è più debole.
In pratica, spesso l’esito non è così chiaro. L’impatto effettivo di una certa fluttuazione valutaria dipende non solo da dove una società vende i propri beni o servizi, ma anche dalla composizione valutaria dei costi. Per una società che abbia sia costi che ricavi esposti alla stessa valuta, l’indebolimento del dollaro avrebbe un impatto molto diverso rispetto a competitor esposti al dollaro in termini di costi e all’euro in termini di vendite. Inoltre, i diversi metodi di copertura valutaria utilizzati dalle singole società nei vari settori rendono difficile applicare regole semplici e precise per prevedere l’impatto di un rafforzamento o indebolimento del dollaro Usa”.