Per Nomisma, nella fase di fermento post pandemico del mercato immobiliare ci sono tre tipi di acquirenti: gli “equipaggiati”, gli “incauti” e gli “sprovveduti”
Aumenta la voglia di acquistare casa, ma una sorta di “miopia familiare” potrebbe non consentire a molti italiani una visione equilibrata delle dotazioni in relazione alla propria condizione socio-economica. Una grande “voglia di casa” che è spesso legata a una risposta emotiva da parte delle famiglie, indotte però a non considerare le proprie possibilità reali e “la necessità di qualche sacrificio futuro per compensare la straordinaria spesa pubblica del Paese nei prossimi 6 anni”. È quanto emerge dal rapporto Nomisma “La casa e gli italiani”, che mostra i “fermenti pandemici” delle famiglie italiane riguardo l’abitare.
Sul fronte reddituale la pandemia non ha avuto effetti per il 67,1% dei nuclei, che hanno avuto modo di apprezzare, in alcuni casi, un maggiore effetto liquidità. Ciò non vale per il 26,8% delle famiglie italiane e solo il 6,1%, pari a 1,5 milioni di famiglie, ha visto migliorare le proprie condizioni economiche. Gli effetti più negativi sul reddito si sono avuti per i lavoratori autonomi (63%) e imprenditori (47%) i quali hanno subito i maggiori effetti negativi della crisi pandemica. A fianco di queste categorie si attestano i nuclei familiari presenti principalmente nel Mezzogiorno e in affitto, con un capofamiglia tra i 45 e 64 anni. Al contrario ad aver registrato un aumento del reddito disponibile nel 2020 sono soprattutto i giovani tra i 18 e 34 anni, spesso senza figli con posizioni impiegatizie interessanti ma soprattutto aventi in dote la proprietà della casa e un buon livello di istruzione.
A conferma di una situazione alquanto negativa per i lavoratori autonomi è da notare come ben il 21% delle famiglie italiane – pari a 5,4 milioni di nuclei – ritiene di disporre di un reddito percepito “insufficiente” rispetto alle proprie necessità primarie. Sono, appunto, lavoratori autonomi o non occupati con età compresa tra i 35 e i 54 anni che vivono in affitto con figli e che hanno visto precipitare la loro condizione a causa della pandemia.Ma deve preoccupare anche la condizione della porzione più consistente di famiglie italiane – 13,2 milioni pari al 50,9% – che ritengono di avere un reddito “appena sufficiente” a soddisfare i bisogni familiari primari. Sono coppie con figli e lavoratori con redditi medio-bassi, retaggio di un ceto medio impoverito.
Solo il 28,2 % delle famiglie italiane – 7,3 milioni di famiglie – ritiene adeguato il reddito percepito. Si tratta di nuclei con condizioni piuttosto solide, con un reddito superiore a 3.500 euro al mese, spesso con una laurea e posizioni lavorative anche dirigenziali e un patrimonio residenziale.
L’Italia si presenta, secondo Nomisma, sempre più polarizzata tra nuclei familiari, con un quadro socio-economico già compromesso prima del Covid e ora ulteriormente acuito. Di contro l’Istituto bolognese rileva come sul fronte del risparmio vi sia una riduzione percentuale rispetto alle famiglie incapaci a risparmiare. In un solo anno si è passati dal 28,8% al 23,4%. Le motivazioni del mancato risparmio sono dovute in particolare alle difficoltà lavorative. Di contro il 7,6% delle famiglie italiane ha dichiarato che, durante la pandemia, ha accresciuto le capacità di risparmio.
La casa e la “miopia familiare”
A fronte di una sostanziale tenuta sul fronte del risparmio e una crescita di fiducia rispetto al futuro, anche grazie al Pnrr ecco avanzare il rischio di una “miopia familiare” come rilevato da Nomisma. I due combinati disposti sopra indicati, cui si aggiunge una comunicazione orientata a rassicurare, possono portare al rischio di indurre alcuni nuclei familiari a scelte poco razionali.
Intenzione di acquisto casa “sorprendente”
Sono tante le famiglie italiane che dimostrano un’intenzione dichiarata all’acquisto della casa: 3,3 milioni di famiglie nel 2021 pari al 12,8% del totale (nel 2020 erano il 9,5%). Un dato che per Nomisma è autenticamente “sorprendente”. Per l’Istituto bolognese lo storytelling offerto dai “tassi bassi” e un maggior risparmio maturato in un anno sono propedeutici a un approccio più emotivo da parte di famiglie incapaci di vedere le proprie reali possibilità. Ed ecco il rischio dietro l’angolo: non mettere in conto che nel prossimo futuro vi sarà la necessità di fare sacrifici per compensare la spesa pubblica salita in maniera esponenziale negli ultimi 2 anni.
Gli equipaggiati, gli incauti e gli sprovveduti
Nomisma tipizza il popolo dei potenziali acquirenti in tre categorie: gli “equipaggiati” pari a 1 milione di famiglie (3,9%) che possiedono un reddito adeguato e possono garantire una domanda in sicurezza. Vi sono poi gli “incauti” pari a 1,8 milioni (7%) che presentano un reddito appena sufficiente a soddisfare le esigenze primarie. E in ultimo ecco gli “sprovveduti” ossia 504 mila famiglie (1,9%) che pur avendo una insufficienza reddituale non si fanno problemi e intendono comprare casa.
Quante sono le intenzioni di acquisto credibili?
Sono quelle espresse da 804 mila famiglie rispetto ai 3,3 milioni di nuclei che hanno dichiarato l’intenzione di acquistare casa. In percentuale un passaggio repentino dal 12,8% al 3,1%.
Nomisma rileva come vi sia una “nutrita componente” di 9 milioni di famiglie (35%) che potrebbe avere bisogno di acquistare un’abitazione ma non ne ha intenzione. Di queste 7,4 milioni si tengono lontane dal mercato residenziale per mancanze di risorse economiche sufficienti; le restanti famiglie riconoscono di non essere nelle condizioni di accendere un mutuo.
Nel 2021 cala la manifestazione d’interesse rispetto a un acquisto di abitazione per investimento. Sono il 10,2% delle intenzioni e vengono manifestate da persone in età matura.
I nuovi driver della domanda
Ben 12,3 milioni di famiglie (3,2 milioni) ha effettuato un intervento di ristrutturazione, ma ci sono oltre 9,0 milioni di famiglie intenzionate ad utilizzare il Superbonus per ristrutturare la propria abitazione. Il “110% Monitor” di Nomisma mette però in luce che solo 2,4 milioni di famiglie (solo il 9% dei nuclei famigliari italiani) hanno avviato iniziative concrete (delibera degli interventi o lavori), mentre 2,5 milioni sono ancora in fase esplorativa e stanno verificando quale operatore può essere in grado di offrire un’adeguata risposta alla volontà di ristrutturazione non costosa ed invasiva. Sorprende, invece, come la maggioranza del partito a favore del Superbonus (pari a 4 milioni di famiglie) non ha ancora potuto avviare nessuna iniziativa per incertezza o difficoltà di interlocuzione con il mercato.
Ma chi vuole una casa in proprietà? E chi vive in affitto?
La casa di proprietà è la scelta delle persone più anziane; sono proprietari l’81,5% delle persone con un’età tra i 65 e i 74 anni, percentuale che sale a 89,7% tra gli over 75.
Un terzo dei giovani under 35 (29,6%) vive invece in affitto e la percentuale sale al 36,7% tra le persone comprese tra i 35 e i 44 anni. È importante considerare come il 13,4% dei giovani tra i 35 e i 44 anni viva in abitazioni concesse dai parenti. Le criticità nell’affitto per Nomisma si riscontrano nella popolazione tra 65 e 74 anni (30,2%) e over75 (24,7%) perché all’interno vi sono famiglie che negli ultimi 12 mesi hanno accumulato ritardi nel pagare la pigione.
I rischi per gli anziani e i desideri dei giovani
Nomisma rileva una “questione anziana” che non tocca solo quelli già sotto pressione; vede un potenziale rischio per una larga fascia di nuovi anziani appartenenti al ceto medio impoverito rischino di diventare vulnerati.
Per i prossimi 12 mesi un giovane su quattro (23%) pari a una schiera di 523.000 under 35 è già alla ricerca di una casa in proprietà o intende muoversi entro breve.
Questo dato porta Nomisma a riflettere se si è di fronte a un passaggio di consegne del “sogno italiano” tra vecchie e nuove generazioni o se, al contrario, si manifesta una “promessa pubblica” che vedano al centro il “sogno-casa attraverso mutuo” ma in uno scenario completamente diverso rispetto al passato.
Un giovane su tre (29,8%) si orienta verso la grande città con più di 100.000 abitanti; il 40,8 degli under 35 (25,1% della popolazione) guarda a una città di medie dimensioni (tra i 20.000 e i 100.000 abitanti) mentre un anziano su tre over 75 predilige un borgo o un piccolo centro.