Casa&Famiglia

Spese per la casa ai massimi da 26 anni

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Secondo Confcommercio, solo per l’abitazione nel 2021 si spenderanno 4.074 euro pro capite, il 43% dei consumi totali. È il dato più alto dal 1995

Non accenna a placarsi l’effetto Covid: anche nel 2021 le spese obbligate si “mangeranno” il 43% dei consumi delle famiglie. Solo per l’abitazione, infatti, tra affitti e utenze si spenderanno 4.074 euro pro capite, il dato più alto dal 1995. E’ quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sulle spese obbligate delle famiglie tra il 1995 e il 2020.

Stando all’indagine, nonostante il parziale recupero dei consumi in alcuni segmenti nei primi mesi, le spese obbligate si confermano la principale voce di spesa assorbendo il 42,8% dei consumi totali che, in termini monetari, significano 7.291 euro pro capite, e tra queste spese, sono quelle legate all’abitazione ad incidere maggiormente arrivando, tra affitti, manutenzioni, bollette, e smaltimento rifiuti, a quota 4.074 euro, la cifra più alta mai raggiunta dal 1995. 

All’interno dei consumi commercializzabili invece (9.741 euro pro capite nel 2021), per Confcommercio la componente principale è rappresentata dai beni, con una quota sul totale consumi pari al 40,3% (in lieve riduzione rispetto al 41,1% del 2020), mentre recuperano i servizi passando dal 15,6% del 2020 al 16,9%, stessa quota di spesa destinata agli alimentari.

L’impatto negativo sui consumi calcolato per quest’anno segue un 2020 in cui, scrivono gli analisti dell’associazione, “la crisi da Covid ha inciso pesantemente sui bilanci familiari comprimendo le spese libere, con i servizi scesi al 15,6% del totale consumi (il minimo dal 1995), e aumentando le spese obbligate (quasi il 44%, il livello più alto dal 1995) arrivate a 7.168 euro annue pro capite”. 

Nell’analisi viene evidenziato che in questa prima parte del 2021 si è già assistito al tentativo, per quanto possibile, di cercare di riequilibrare le spese tra obbligati e commercializzabili e tra beni e servizi. Un riequilibrio che però “non potrà avvenire nel 2021, anno nel quale si cercherà solo di recuperare tutti gli spazi possibili per alcuni segmenti di domanda, soprattutto tra i servizi commercializzabili. Servizi che sono stimati rappresentare, nel 2021, in termini di valore il 16,9% della domanda”. 

Per quanto riguarda i beni commercializzabili che lo scorso anno, pur in ridimensionamento in volume, hanno visto crescere la propria incidenza ad oltre il 41% della spesa delle famiglie, nell’anno in corso è attesa essenzialmente una ricomposizione al suo interno. Si prevede, infatti, dopo la decisa crescita registrata nel 2020, una stasi della domanda relativa all’alimentazione domestica a fronte di un recupero, seppure parziale, degli acquisti di autovetture e per l’abbigliamento e le calzature. 

Sull’evoluzione della spesa delle famiglie molto incidono le dinamiche inflazionistiche e nello studio viene rilevato che “la forbice tra prezzi dei beni e servizi obbligati e beni e servizi commercializzabili ha conosciuto negli anni un progressivo ampliamento. Situazione che non è stata azzerata dalla pandemia. Le dinamiche dell’ultimo biennio hanno, di fatto, ricalcato l’evoluzione degli ultimi 25 anni”. In particolare “le occasionali fluttuazioni al rientro dei prezzi relativi alle spese obbligate, imputabili perlopiù alla variabilità degli energetici, sono sempre state seguite da una ripresa più accentuata. Fenomeno che si sta registrando anche nel 2020- 2021”.

Di fatto, osserva Confcommercio, per molte delle spese obbligate i prezzi si formano sovente in regimi regolamentati e, comunque, in mercati scarsamente liberalizzati. “Ciò si è riflesso in una perdurante pressione inflazionistica che ha sottratto risorse ai consumi che meglio rappresentano i gusti e le scelte dei consumatori. È auspicabile – conclude il report – che con l’avvio del prossimo programma di riforme vengano rimosse almeno parte, se non tutte, delle strozzature presenti in questi mercati, così da riportare l’inflazione dei beni e servizi obbligati più in linea con le dinamiche osservate per i commercializzabili. Contenere le dinamiche di questi prezzi, inoltre, sosterrebbe la fiducia delle famiglie, proprio in una fase in cui si consolidano i timori di una ripresa dell’inflazione”.

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