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Criptovalute, vademecum per valutare e gestire il rischio

Per WisdomTree, se considerate nel contesto di un portafoglio ampio, allocazioni di dimensioni adeguate possono migliorare il profilo corretto per il rischio. Ecco come

Bitcoin, e più in generale gli asset digitali, hanno guadagnato sempre più terreno negli ultimi anni, attirando l’attenzione degli investitori. Oggi, ovunque si guardi, si trovano società d’investimento tradizionali che hanno iniziato ad occuparsi di criptovalute, dai piccoli family office alle più grandi banche mondiali. Il processo ha assunto svariate forme: alcuni hanno appena iniziato a familiarizzare con l’argomento, mentre altri sono già fortemente investiti e coinvolti in questo universo.

La logica degli investimenti varia notevolmente a seconda dell’asset digitale, poiché le caratteristiche specifiche di ognuno li rendono molto diversi l’uno dall’altro. Tuttavia, un aspetto che hanno in comune praticamente tutti (ad eccezione delle stablecoin), è l’elevata volatilità dei rendimenti. Trattandosi di una nuova classe di attivi, gli sviluppi macroeconomici e idiosincratici possono creare ampie oscillazioni nel prezzo degli asset digitali. 

Come gestire dunque il rischio? A questa cruciale domanda prova a rispondere Florian Ginez, associate director quantitative research di WisdomTree, secondo cui per valutare correttamente il rischio specifico della moneta, gli investitori dovrebbero considerare diversi elementi qualora decidessero d’investire in uno specifico asset digitale, tra cui ad esempio la valutazione del team di sviluppo, i casi d’uso e i rischi della regolamentazione. 

“Il team è solido e impegnato nel raggiungimento degli obiettivi? Oppure è probabile che sprechi i proventi della vendita di token? Esiste un effettivo caso d’uso che dia valore a una moneta o si tratta meramente di uno strumento di speculazione? I regolatori lo considererebbero una commodity o un titolo? Queste sono tutte domande importanti che possono far luce sui rischi d’investire in una determinata moneta”, chiarisce Ginez.

Per l’esperto, un modo ovvio per gestire il rischio idiosincratico è la diversificazione. “Investire in una gamma di asset digitali riduce il rischio che il portafoglio sia impattato in misura significativa da un evento che coinvolge una particolare moneta o token – spiega -. Ripple, ad esempio, ha registrato un drastico calo dei prezzi nel dicembre del 2020, quando la Sec ha avviato un’indagine sulla vendita di token del network. L’evento, tuttavia, non ha praticamente avuto alcuna ripercussione sul resto del mercato e, quindi, gli investitori in possesso di più token oltre a Ripple non ne avrebbero risentito particolarmente”.

In termini di rischio sistematico e volatilità della classe di attivi in generale, secondo Ginez gli investitori dovrebbero considerare gli asset digitali nel contesto del loro portafoglio complessivo. “Le criptovalute sono di certo molto volatili ma hanno anche una bassa correlazione con le altre classi di attivi – evidenzia -. Se inseriti in volumi appropriati, l’impatto dell’integrazione di asset digitali in un portafoglio multi-asset più ampio può rivelarsi sorprendentemente contenuto. La nostra analisi indica che un’allocazione del 2% su bitcoin all’interno di una simulazione di portafoglio globale di azioni/obbligazioni 60/40 avrebbe comportato un aumento dello 0,5% della volatilità del portafoglio, dal 9,0% al 9,5%, con un rendimento del 9,5% per il portafoglio bitcoin contro il 7,2% per il portafoglio 60/40. L’aggiunta di bitcoin al portafoglio di azioni/obbligazioni 60/40 dell’esempio ha aumentato lo Sharpe ratio portandolo da 0,72 a 0,92. Per darvi un’idea, l’Msci Acwi ha reso il 9,9% con una volatilità del 13,7% durante lo stesso periodo, cioè uno Sharpe ratio dello 0,67”.

Uno dei modi in cui gli investitori possono approcciarsi all’allocazione degli asset digitali controllando il rischio è l’utilizzo di framework basati su di esso. “Assegnando un budget di rischio agli asset digitali, gli investitori possono ottimizzare i portafogli con l’intento di tenere sotto controllo il contributo degli asset digitali al rischio del portafoglio nel suo complesso. È innegabile che le risorse digitali siano una classe di attivi nuova e rischiosa e che valutare tali aspetti rappresenti una sfida”, aggiunge l’esperto.

Questo però non deve necessariamente scoraggiare gli investitori. “Considerate nel contesto di un portafoglio ampio, allocazioni di dimensioni adeguate possono migliorare il profilo corretto per il rischio del portafoglio medesimo. Per tale motivo, oltre che in considerazione del potenziale della tecnologia blockchain alla base degli asset digitali, questi ultimi meritano di essere considerati per l’inclusione nei portafogli multi-asset, alla stregua di altre classi di attivi”, conclude Ginez.

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