Per Calef di NS, il contesto attuale può delinearsi come un bull market secolare, che può avere una durata anche di vent’anni. Ma scegliere i titoli su cui puntare è diventato più difficile
Il terzo trimestre del 2021 volge al termine e, nonostante il Covid-19, alcuni indici azionari hanno toccato dei valori record. Ad esempio, lo Standard & Poor 500, rappresentativo dell’economia statunitense, ha realizzato quasi il +20% da inizio anno e le perdite subite allo scoppio della pandemia ormai sono solo un lontano ricordo. Per questo, secondo Giacomo Calef, country manager NS Partners (già Notz Stucki), analizzando alcune dinamiche, il contesto attuale può delinearsi come un bull market secolare, che tipicamente può avere anche una durata di vent’anni.
“Le condizioni favorevoli delle politiche fiscali e monetarie, i bassi tassi di interesse ed i robusti utili societari hanno continuato a spingere i prezzi azionari al rialzo, nonostante le valutazioni di mercato siano storicamente elevate”, spiega Calef, secondo cui sulla base delle ultime trimestrali al 30 giugno scorso si può osservare come l’87% delle aziende incluse nell’S&P 500 abbiano battuto le aspettative di crescita annuale dei profitti, ovvero il dato percentuale più alto dal 2009.
“Inoltre, i mercati rialzisti secolari sono guidati da cambiamenti dell’economia di natura strutturale e disruptive”, aggiunge l’esperto, che cita alcuni di questi cambiamenti avvenuti negli Stati Uniti, come quello verificatosi dal 1916 al 1929 e guidato dall’utilizzo dell’acciaio e quello riscontrato dal 1983 al 2000 grazie allo sviluppo del settore TMT (Tecnologia, Media, Telecomunicazioni).
E il cambiamento più recente? “Stando alle nostre analisi tecniche, quello più recente inizia nel 2013 e si poggia su due driver strutturali: la digitalizzazione e la transizione energetica – chiarisce Calef -. La parentesi Covid-19, nonostante fosse del tutto inaspettata e mai accaduta, non ha invertito la tendenza del mercato rialzista e ciò è tipico in un bull market secolare”.
Per l’esperto, gli incidenti di percorso, in generale, possono verificarsi e spesso possono avere anche una portata rilevante. “Nel quarto trimestre del 2018, a causa di un insieme di fattori di rischio (trade war Usa-China, Brexit, rallentamento economico), l’S&P 500 aveva subito un calo del -14% circa – evidenzia -. E in quel caso il recupero era stato realizzato in tempi relativamente brevi. A causa dei crolli di marzo 2020, invece, l’indice azionario segnava un -20% al termine del primo trimestre dello scorso anno, ma già a luglio aveva recuperato le perdite, a cui hanno fatto seguito nuovi rialzi con l’accelerazione dei trend legati al digitale e all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili”.
Intanto però, avverte Calef, il processo di investimento si sta evolvendo e gli investitori dovranno adattarsi tempestivamente per conferire valore aggiunto al proprio portafoglio. Tra gli altri, i fattori Esg (Environment, Social, Governance) ormai sono considerati strutturali, portando le principali case di investimento a creare delle strategie dedicate al green: secondo alcuni analisti specializzati, gli asset globali gestiti da organismi collettivi del risparmio potrebbero superare i 50mila miliardi entro i prossimi 5 anni. “Tuttavia – aggiunge -, i regolatori temono il cosiddetto rischio greenwashing. Questo termine si riferisce alle pratiche ingannevoli usate come strategia di marketing per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente. A tal proposito, infatti, la Sec (Securities and Exchange Commission) di recente ha proposto un framework regolamentare più rigido”.
Per quanto riguarda le regole di disclosure, le singole aziende dovranno fornire maggiori dettagli sul proprio impegno sostenibile, tra cui anche metriche quantitative. “Ci dovrà essere trasparenza sulle emissioni di carbonio generate sia direttamente, nei processi di produzione, che indirettamente, ovvero attraverso i consumi di energia per luce e riscaldamento”, prosegue l’esperto.
Insomma, nell’immenso universo di investimento offerto dai mercati finanziari, la selezione dei titoli da inserire in portafoglio ha raggiunto alti livelli di complessità. “Noi però valutiamo player in tutti i settori, nessuno escluso – conclude Calef -. Neanche quello petrolifero. Il gigante statunitense Chevron, ad esempio, punta ad una riduzione del 35% delle emissioni di carbonio entro il 2028 e per raggiungere tale obiettivo l’azienda investirà circa 10 miliardi di dollari USD in tecnologie “low carbon” nei prossimi 7 anni. Un focus importante verrà posto sull’idrogeno e Chevron ha stretto diverse partnership per esplorare le opportunità nel mercato. Da un lato, ha stretto un’alleanza strategica con Toyota per la commercializzazione dell’idrogeno nel settore automotive, mentre dall’altro sta studiando con Caterpillar un combustibile alternativo per i servizi ferroviari a lunga percorrenza e per il trasporto marittimo”.