Conti, carte e pagamenti

Conto corrente, i soldi fermi perdono valore

Conto corrente

Lasciare i soldi fermi sul conto corrente è davvero la scelta più conveniente? All’apparenza, soprattutto considerando la crisi pandemica che ci ha travolto nell’ultimo anno, potrebbe sembrare una saggia decisione. Ma facendo bene i conti non è proprio così. Anzi, soprattutto adesso (settembre 2021) che l’inflazione in Italia ha raggiunto il 2,54% anno su anno, lasciare i soldi sul conto corrente vuol dire perdere potere d’acquisto. Detto in maniera semplice, con i prezzi che aumentano, 1.000 euro messi sotto il materasso tra un anno varranno meno.

L’esempio

Facciamo un esempio pratico. Considerando la media degli ultimi 20 anni dell’indice dei prezzi al consumo, pari all’1,7%, 10mila euro depositati nel 2001 su un conto corrente oggi varrebbero 7.138 euro, quindi circa il 30% in meno. Questo perché i conti corrente di base oggi non remunerano il risparmiatore. Se poi andiamo a considerare anche l’incidenza dei costi delle banche, il valore di quei 10mila euro diventa ancora più basso. Ipotizzando un costo medio di 100 euro l’anno, oggi questi 10mila euro varrebbero 5.426 euro, quasi il 50% in meno.

L’effetto inflazione

In pratica, per riuscire a mantenere lo stesso potere di acquisto bisognerebbe “impiegare” i propri risparmi in attività fruttifere e in grado di produrre un “interesse” almeno uguale al tasso di inflazione. Se un bene oggi ha un costo di 1.000 euro e dopo un anno il suo prezzo è cresciuto del 2% a 1.020 euro, per riuscire ad acquistarlo tra 12 mesi dovremmo “investire” i nostri 1.000 euro in qualcosa che ci renda almeno il 2% (al netto di spese e tasse). E i conti correnti pagano tassi di interessi attivi praticamente nulle sulle giacenze

I rendimenti mancati

Tornando all’esempio pratico che abbiamo fatto prima, se nel 2001 avessimo lasciato 10.000 euro sul conto corrente avremmo perso circa l’1,7% ogni anno per il solo effetto dell’inflazione. Nello stesso periodo di tempo, invece, ovvero sempre negli ultimi 20 anni, azioni e obbligazioni hanno offerto un rendimento reale (quindi già al netto dell’inflazione) ogni anno rispettivamente del 5,20% e del 2 per cento. Una scelta “responsabile”, quindi, non solo ci avrebbe permesso di non perdere potere d’acquisto, ma ci avrebbe anche fatto ottenere un guadagno reale.

“Investire” senza rischio

Per impiegare i propri risparmi su asset come le azioni, però, non solo bisogna avere una “buona” propensione al rischio, ma è necessario anche sposare un orizzonte di lungo termine. Se da un lato, infatti, è vero che i mercati pagano sempre dopo tanti anni, dall’altro lato è altrettanto vero che nel breve periodo potrebbe succedere di subire delle perdite. Su brevi periodi, quindi, meglio guardare a prodotti alternativi privi di rischio e in grado di dare una remunerazione, come nel caso dei conti deposito vincolati. L’importante è non abbandonare i propri risparmi su depositi infruttifero. Il conto da pagare potrebbe essere molto salato.

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Gabriele Petrucciani
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