Con il P2P Lending la diversificazione avviene per default. In questo modo gli investitori sono tutelati dal rischio di eventuali insolvenze
Per minimizzare i rischi è importante suddividere i propri investimenti il più possibile, cercando di mantenerne la maggior parte su binari più o meno sicuri, o, per lo meno, a basso o bassissimo rischio.
Con il P2P Lending questa diversificazione avviene per default: nel P2P non si può mai acquistare tutto un debito per intero. Per regolamento i prestiti sono infatti suddivisi in quote più piccole, di importo variabile (su Prestiamoci ogni quota vale 50 euro). Inoltre, il numero di quote di uno stesso prestito che possono essere acquistate da uno stesso utente è molto ridotto (di solito due, massimo tre, a seconda della cifra investita).
Per fare un esempio, in Prestiamoci i prestiti erogati partono da un minimo di 1.500 euro e arrivano fino a un massimo di 30.000 euro. Questo vuol dire che la percentuale massima acquistabile di ogni prestito sarà sempre inferiore al 10% (molto spesso intorno all’1% o 2%).
La ratio di questa regola è duplice. Da un lato evitare possibili fenomeni di riciclaggio (il prestito, in questo modo, è erogato da un mercato che valuta il merito e l’appetibilità del prestito e non da un’altra persona che potrebbe anche avere secondi fini), dall’altro tutelare gli investitori, limitando possibili perdite legate a eventuali insolvenze dei richiedenti.
Il calcolo è abbastanza matematico. Se si matura un interesse medio del 5%, per esempio, l’investimento rimarrà in pari se il “fallimento” dei creditori non supera la stessa percentuale. Dal momento che di norma la percentuale di default fisiologica è molto al di sotto di tale soglia, l’investitore è al sicuro. È altamente improbabile che, su centinaia di prestiti disponibili, sia così sfortunato da scegliere solo quelli destinati al default.
Anzi, quasi sicuramente il suo portafoglio produrrà un utile maggiore di quello che avrebbe con altri strumenti finanziari, pure molto popolari, come i libretti postali. Tale meccanismo esclude l’esposizione al rischio di perdita dell’intero capitale investito nel P2P.
Senza il frazionamento in quote, ovviamente, questa tutela non ci sarebbe.
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