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Cina leader green: le opportunità per gli investitori

Cina

Per T. Rowe Price, Pechino dovrà spendere molto per raggiungere i suoi obiettivi. E questo creerà occasioni interessanti per investire in più settori e aziende

C’è ancora molto scetticismo sul reale impegno della Cina a cambiare e a mettere l’ambiente davanti all’economia. L’assenza del presidente Xi Jinping alla Cop26 ha solo gettato altra proverbiale benzina sul fuoco di coloro che considerano la Cina sempre più distaccata dagli sforzi globali coordinati per affrontare il cambiamento climatico. Durante il vertice, però, la Cina e gli Stati Uniti hanno annunciato piani per cooperare in modo da tagliare le emissioni di gas serra nel prossimo decennio. Anche questa mossa sarà oggetto di scetticismo, ma per molti ha mandato un forte segnale riguardo la direzione che Pechino vuole prendere. Secondo Irmak Surenkok, portfolio specialist di T. Rowe Price, il Dragone si candida a diventare leader della svolta green e questo creerà numerose opportunità per gli investitori.

“Nonostante l’assenza alla Cop26 – spiega la Surenkok -, riteniamo sia giusto dire che il governo del Presidente Xi ha fatto della politica ambientale una priorità assoluta, che dovrebbe anche aiutarlo a garantire ulteriori obiettivi economici e sociali. All’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2020, Xi ha annunciato due significative iniziative ambientali. In primo luogo, l’obiettivo di raggiungere il picco delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030. In secondo luogo, la transizione della Cina verso la carbon neutrality entro il 2060. Tali obiettivi richiederanno livelli pluriennali senza precedenti di impegno e investimento da parte del governo cinese, delle sue aziende e del suo popolo, e tale percorso sarà probabilmente accidentato. Eppure, stiamo già assistendo a progressi significativi, e riteniamo che le iniziative di regolamentazione e di spesa associate apriranno opportunità significative per gli investitori”.

Cina: lavori in corso, ma una chiara direzione di marcia

Al fine di soddisfare gli ambiziosi obiettivi del Presidente Xi, ci si aspetta che le imprese statali e private facciano la loro parte, con una nuova regolamentazione che è in rapido corso di introduzione. “Stiamo già vedendo alcuni cambiamenti nel comportamento delle aziende – commenta la portfolio specialist -, ad esempio la percentuale di aziende nell’indice Msci China All share che riportano pubblicamente le proprie emissioni di carbonio è aumentata notevolmente al 43,7% (al 30 giugno 2021), quasi il doppio rispetto a 12 mesi prima. È vero che gli standard di divulgazione aziendale possono variare ampiamente in Cina. Eppure, sempre più spesso, molte delle aziende con cui parliamo stanno riconoscendo l’importanza di essere dalla parte giusta del cambiamento”.

L’impegno della Cina per la decarbonizzazione

Anche se negli ultimi tempi i cicli di misure normative relative all’anticorruzione e all’uguaglianza sociale hanno innervosito gli investitori e pesato sui mercati, non tutti i cambiamenti normativi in Cina sono stati negativi. La Surenkok ricorda come il presidente Xi ha chiaramente articolato il suo obiettivo di carbon neutrality entro il 2060 e osserva che non è una sorpresa che le policy si stiano già spostando in questa direzione. 

“La Cina – argomenta – è stata estremamente impegnata nei suoi sforzi per la transizione verso un’economia più green negli ultimi anni, in termini relativi, il suo slancio positivo non è stato ostacolato dalla pandemia. Le emissioni pro capite di combustibili fossili della Cina stanno probabilmente per raggiungere il picco di poco più di 8 tonnellate, un livello notevolmente più basso di alcuni altri Paesi del mondo (livelli comparabili per gli Stati Uniti sono di circa 13 tonnellate, per esempio, avendo raggiunto un picco di oltre 20 tonnellate). E con la Cina responsabile di circa il 30% della produzione industriale mondiale, i suoi sforzi di transizione verso un’economia più sostenibile dovrebbero contribuire significativamente alla riduzione globale del carbonio”.

La Cina punta ad essere il leader dell’energia verde

In effetti, Pechino sta prendendo l’iniziativa nella transizione globale dal carbonio, producendo il 70% dei pannelli solari del mondo, il 50% dei veicoli elettrici e un terzo di tutte le turbine eoliche. “La Cina ha anche stabilito una posizione di primo piano nella catena di approvvigionamento globale per le materie prime essenziali per l’elettrificazione, come gli elementi delle terre rare, il cobalto, il litio e il rame – aggiunge la portfolio specialist -. A nostro parere, la Cina è ben posizionata per essere leader nelle rinnovabili e nell’energia green. Si stima che la quota di investimenti green del paese sarà equivalente a quella dell’Europa e degli Stati Uniti messi insieme entro il 2050 (fonte: Credit Suisse). L’eolico e le fonti rinnovabili stanno già giocando un ruolo molto più importante nel consumo di energia”.

La Cina dovrà spendere per raggiungere i suoi obiettivi

Per raggiungere i suoi obiettivi di transizione green, si stima che il governo cinese avrà bisogno di impegnare circa 16mila miliardi di dollari in tutta una serie di settori. Per gli investitori bottom-up, a detta della Surenkok, questo ha il potenziale di creare alcune opportunità molto interessanti per investire in più settori e aziende. “La transizione da un’economia ad alta intensità di carbonio a un’economia più sostenibile offre un’ulteriore spinta all’industrializzazione – osserva -: il sostegno del governo si sta gradualmente spostando dai settori tradizionali come il petrolio e il gas verso settori industriali e di servizi alle imprese modernizzati”.

Per gli investitori, la transizione della Cina verso il net-zero offrirà un set di opportunità potenzialmente molto vasto. “Comprendere le infrastrutture rinnovabili e le fonti di combustibili alternativi insieme alla loro catena di approvvigionamento è fondamentale – avverte quindi l’esperta -. Per esempio, l’energia solare è un’area di crescita significativa, ma riteniamo che sia necessario concentrarsi su aree di concorrenza meno intensa all’interno della catena di fornitura. Data la scala e la velocità del cambiamento, e le inefficienze che si presentano nel mercato, pensiamo che la Cina rimanga un terreno fertile per una buona selezione di azioni”.

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