Per Ubp, il miglioramento dell’alimentazione dipende da fattori complessi e per accedere a questo tema d’investimento ci sono alcune strade che possono generare un impatto ancora più positivo. Ecco quali
Oggi il mondo sta affrontando due problemi legati alla cattiva alimentazione: vi sono moltissime persone denutrite e moltissime in sovrappeso. Questo problema riguarda soprattutto i Paesi a basso e a medio reddito, ma anche quelli più ricchi. La chiave per affrontare il tema della malnutrizione in entrambi gli scenari è la riforma del sistema di produzione alimentare, secondo Victoria Leggett, head of impact investing & portfolio manager di Ubp, secondo cui per gli investitori il settore dell’alimentazione offre numerose opportunità.
“Poiché la popolazione cresce ad un tasso composto dello 0,8% (Cagr, secondo l’Ocse), nel 2050 sarà necessario almeno il 50% del cibo in più. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico potrebbe minacciare più del 30% dei quattro maggiori gruppi di colture (mais, riso, grano e soia) – spiega la Leggett -. Il pericolo della carenza di cibo fa sì che di questo tema si occupi anche la politica: a livello geopolitico, l’esportazione delle commodities di base potrebbe essere utilizzata come un’arma. Cina e Giappone sono particolarmente in pericolo, ma anche India e Stati Uniti sono a rischio; il Canada se la cava relativamente bene, mentre l’Europa dipende molto dalle importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina e dalla Russia”.
Poiché il miglioramento dell’alimentazione dipende da fattori complessi, per accedere a questo tema d’investimento secondo l’esperta vi sono alcune strade che potrebbe generare un impatto ancora più positivo. La prima è quella del food tech. Qui l’esperta si sofferma sul settore degli ingredienti, la cui crescita è guidata da tre tendenze positive: la sostituzione degli ingredienti ‘cattivi’ (come zucchero, sale e grasso); la protezione e la conservazione degli alimenti, con i riflessi sulla riduzione degli sprechi alimentari; e la creazione di elementi nutrizionali ‘positivi’, come le vitamine e i probiotici.
“Inoltre – aggiunge -, vi sono sempre più opportunità nel settore delle proteine alternative. Il contesto regolamentare è largamente favorevole, così come la domanda dei consumatori. Le alternative a latticini e carne hanno il potenziale per modificare in profondità il nostro sistema alimentare dando un apporto positivo alla nostra salute”.
Al momento, questo segmento è dominato dalle alternative vegetali ai latticini e alla carne, ma la Leggett vede del potenziale anche nei campi della fermentazione e dei prodotti agricoli. “Anche se il fatto che gli alimenti proteici alternativi siano molto lavorati pone alcune difficoltà – sottolinea -, i benefici per il clima (le proteine alternative producono il 90% di emissioni di gas serra in meno rispetto ai derivati della carne) e quelli, relativi, per la salute rispetto alla carne rossa sono tali da sostenere la domanda dei consumatori e la crescita del settore. I fattori che ne hanno limitato la diffusione finora sono il costo rispetto alla carne e l’uguaglianza nel gusto e della consistenza. Inoltre, se il mercato crescesse al ritmo previsto, anche l’approvvigionamento di materie prime grezze potrebbe rappresentare, in ultima istanza, un limite alla crescita”.
Blue Horizon (una società di venture capital che si concentra sulle start-up alimentari) stima che le proteine alternative rappresenteranno l’11% del mercato entro il 2035. “Il latte rappresenta un caso di investimento con più track-record – assicura l’esperta -, che potrebbe essere un precursore. Il consumo di latte alternativo è cresciuto dal 4% del 2007 a circa il 10% del 2020. Negli ultimi dieci anni gli investimenti privati in questo settore hanno subito un’accelerazione, e la metà del capitale totale è stata raccolta solo a partire dal 2020”.
Altro settore da tenere d’occhio è quello dei test alimentari. “Il mercato dei test agroalimentari sta godendo di un vento di coda strutturale dovuto all’aumento dei controlli e dei regolamenti sulla provenienza. Morgan Stanley stima una crescita del 5-7% tra il 2020 e il 2030 per un volume di mercato di circa 50 miliardi di dollari”, argomenta.
La seconda strada è quella dell’agricoltura. Per quanto riguarda il settore dell’agricoltura di precisione, la Leggett spiega che gli strumenti di precisione possono ridurre considerevolmente il consumo di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, facendo risparmiare denaro agli agricoltori e generando un effetto positivo sulla biodiversità. “Per stimolarne l’adozione – chiarisce -, i principali fornitori hanno lavorato per garantire che i tempi di ritorno dell’investimento scendessero a circa 12 mesi per le aziende agricole di piccole e medie dimensioni. Il segmento dell’agricoltura di precisione è accessibile tramite produttori di hardware e software o sistemi di monitoraggio. Si prevede che l’agricoltura di precisione crescerà ad un tasso composto del 13% nel prossimo decennio partendo da una base di 4,7 miliardi di dollari. Questo settore ha ricevuto un sostegno diretto dalle politiche degli Stati Uniti e dell’UE, e ciò, oltre il sostegno derivante dei prezzi delle soft-commodity, potrebbe generare un’accelerazione della crescita e far sì che le stime sulle dimensioni del mercato sembrino addirittura riduttive”.
Altro settore è quello dell’agricoltura verticale, che riduce il consumo di suolo, i chilometri della filiera alimentare, il consumo di acqua e le emissioni di carbonio. “Tuttavia – avverte l’esperta -, la dimensione potenziale del mercato è limitata, poiché l’agricoltura verticale è adatta solo a verdure a foglia larga e ai frutti di bosco. L’innovazione potrebbe, naturalmente, cambiare le cose, e il mercato totale dovrebbe raggiungere circa 19 miliardi di dollari entro il 2030. Inoltre, nonostante al momento stia crescendo del 25% l’anno, il settore è in sofferenza e ha patito dei problemi legati all’aumento dei costi”.
Per quanto riguarda il mondo dell’alimentazione, esistono naturalmente anche diversi catalizzatori e numerose controversie. “Il contesto normativo, soprattutto in Europa e in Cina, sostiene le diete sane (a minor contenuto di zucchero, grassi, sale), e la riduzione dell’uso di pesticidi e degli sprechi alimentari”, ricorda la Leggett, che si sofferma anche sulla tassazione, visto che si è parlato molto di tasse sulla carne, sugli alimenti processati e sugli alimenti con un certo contenuto di grassi. “Ma quella sullo zucchero è probabilmente la ‘tassa sul cibo cattivo’ più affermata e che in una certa misura (ci sono prove al riguardo) funziona – sostiene -. L’engagement del settore degli investimenti non può essere sottovalutato, in particolare alla luce del legame tra alimentazione e cambiamento climatico”.
Quanto alle controversie, l’impatto positivo sui rendimenti, almeno a breve termine, apportato dai titoli delle aziende di fertilizzanti, delle sementi e di protezione delle colture, a detta della Leggett, non è sufficiente a compensare i loro danni alla biodiversità e ai sistemi naturali.
“Per quanto riguarda l’acquacoltura, l’argomento relativo all’ambiente (cioè al carbonio) per gli allevamenti ittici è chiaro, ma il settore è ancora dominato dalle notizie sul benessere, la contaminazione e le questioni etiche. Lo sviluppo di mangimi per pesci di qualità superiore, i metodi di disinfestazione a base biologica e le soluzioni basate sulla terraferma possono, nel medio termine, portare questo settore alla ribalta”, conclude.