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Premi in criptovalute per i correntisti giapponesi

criptovalute

È la strategia adottata dall’istituto di credito Shinsei Bank per cercare di ampliare i volumi d’affari

Il settore commerciale della Shinsei Bank, istituto di credito giapponese, ha pensato di modernizzare una strategia antica per ampliare il volume d’affari. Si tratta di un nuovo programma a premi in criptovalute. È quanto riporta Adnkronso, secondo cui la banca ha scelto di dare un riconoscimento a chi si distingue per investimenti, risparmio, acquisto di servizi, così da riuscire ad attrarre anche nuovi clienti.

La campagna promozionale avrà un tempo limite, fino al 31 ottobre. In questi due mesi e mezzo i giapponesi avranno l’opportunità di avere in portafoglio Bitcoin o Ripple e divenire clienti della grande banca d’affari asiatica.

Una mossa commerciale che potrebbe contribuire a dare una forte spinta alla diffusione delle criptovalute, soprattutto se in futuro dovesse decidere di aggiungerne altre crypto al proprio sistema di premi. 

Un esempio? Tutti i nuovi clienti che decideranno di aprire un nuovo conto corrente riceveranno il corrispettivo di 60 dollari (8.000 yen) sul proprio conto.

Le criptovalute scelte da Shinsei Bank

Come criptovalute per elargire i premi, l’istituto di credito giapponese ha scelto il Bitcoin, la moneta digitale più blasonata, e Xrp (Ripple), che grazie alla partnership con il colosso finanziario Sbi Holdings ha riscosso molto successo in Asia.

Se la scelta del Bitcoin ha il suo perché, in quanto si tratta della criptovaluta più famosa e con il più lungo track record, fa invece discutere l’idea Ripple, visto che la causa milionaria intentata dalla Sec contro quest’ultima nel 2020 non si è ancora conclusa.

Da quanto l’istituto di vigilanza americano si è “scagliato” contro Ripple, molti exchanger hanno bloccato le contrattazioni su Xrp. Di fatto, dunque, chi riceverà premi in Xrp potrebbe avere delle difficoltà nella vendita della crypto stessa, almeno per ora.

Il caso Ripple

Il caso Ripple scoppia a dicembre 2020, quando la Sec ha fatto causa a Ripple Labs, all’amministratore delegato Brad Garlinghouse e al cofondatore Christian Larsen. L’Authority americana ha accusato la società californiana e i due dirigenti di aver ceduto titoli Xrp classificabili come “security token” e non come “utility token”, assimilando di fatto Ripple a un asset finanziario e non a una criptovaluta.

L’azione legale mossa dalla Consob americana ha fatto crollare i valori di Xrp e contemporaneamente quasi tutti gli exchanger hanno bloccato il trading sulla criptovaluta, lasciando molti investitori con un “asset” in caduta libera senza la possibilità di potersene liberare.

 

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