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Asset pubblici e privati: il mix ideale per il portafoglio

Secondo Goldman Sachs Asset Management, l’approccio giusto è quello integrato, che combina gli asset pubblici tradizionali, come azioni e reddito fisso, con gli hedge fund e i private alternative

Nei mercati di oggi, caratterizzati da tassi d’interesse più elevati e da un’alta volatilità, è necessario per gli investitori essere più selettivi. Secondo gli esperti di GS Asset Management, Whitney Watson, Candice Tse e Michael Hillman, la redditività e l’indebitamento avranno maggiore importanza e le condizioni finanziarie più rigide, l’aumento dell’incertezza economica e geopolitica e la maggiore dispersione dei rendimenti potrebbero offrire ai gestori maggiori opportunità di generare alfa. “In un orizzonte temporale più lungo, i dati suggeriscono che mercati più difficili, caratterizzati da rendimenti totali più bassi, tendono a correlarsi a migliori rendimenti relativi per i gestori attivi”, assicurano.

“Riteniamo – spiegano i tre esperti – che la costruzione di portafogli d’investimento duraturi in un mondo caratterizzato da una maggiore volatilità, da correlazioni mutevoli e da quella che consideriamo una nuova realtà macroeconomica, richieda una maggiore attenzione verso strategie attive, con il potenziale di fornire alfa attraverso una gestione agile del portafoglio e una ricerca originale. Il modo più efficace per farlo, a nostro avviso, è un approccio integrato, che combina gli asset pubblici tradizionali, come azioni e reddito fisso, con gli hedge fund e i private alternative”.

Secondo Watson, Tse e Hillman, gli asset privati reali, compresi quelli immobiliari e infrastrutturali, presentano una bassa correlazione con gli asset pubblici, fattore che potrebbe offrire interessanti opportunità di diversificazione. “Le correlazioni tra private equity e private credit sono in gran parte determinate da differenze in termini di prezzi, dal momento che questi asset sono meno liquidi delle loro controparti pubbliche. Al contempo presentano il potenziale per aumentare i rendimenti complessivi, che possono integrare la componente beta di un portafoglio”, chiariscono.

Il cambiamento climatico, la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e altri fattori ambientali, sociali e di governance (Esg) sono ampiamente riconosciuti come considerazioni d’investimento. “A nostro avviso – proseguono -, i gestori attivi sono meglio posizionati per analizzare e verificare le practices di sostenibilità delle aziende, perché possono confrontarsi direttamente con il management delle società. I green bond hanno reso il reddito fisso una fonte di finanziamento particolarmente importante per le tecnologie e le politiche che possono contribuire al passaggio a fonti di energia più pulite e ad altri progetti con un potenziale impatto ambientale positivo. Un gestore attivo che si impegna regolarmente con gli emittenti obbligazionari per comprendere le loro strategie di sostenibilità può identificare più facilmente chi sarà un leader in ambito Esg e chi invece farà più fatica, oltre a sviluppare una migliore percezione del loro engagement nei confronti dell’Esg”.

I mercati privati, poi, potrebbero essere considerati il regno del ‘deep active’. “La gestione non avviene in base a un benchmark specifico ma piuttosto i benchmark riflettono la performance aggregata dei gestori e non rappresentano un qualcosa che va monitorato – spiegano i tre esperti -. Tuttavia, incrementare gli investimenti nei mercati privati all’interno di un’allocation che comprende anche asset pubblici può fornire una maggiore diversificazione. Le strutture di ownership private e le condizioni di contrattazione danno in genere agli investitori la possibilità di esercitare una maggiore influenza sulle operazioni aziendali. Questi mercati possono anche offrire l’opportunità di investire in attività che sono meglio posizionate per adattarsi ai principali trend strutturali di lungo periodo, tra cui una parziale riduzione della globalizzazione e uno spostamento verso l’energia green. Vediamo potenziali opportunità di capitalizzare su questi e altri trend negli asset corporate e reali in tutto lo spettro del capitale, dal debito all’equity”.

Gli investimenti privati, come sottolineano Watson, Tse e Hillman, richiedono più pazienza di quelli pubblici, nonché la capacità di sacrificare la liquidità a breve termine per ottenere guadagni sul lungo periodo. “Tuttavia, riteniamo che possano anche offrire un rendimento in eccesso più elevato per unità di rischio rispetto alle opzioni di investimento basate sul beta”, evidenziano.

Dunque, per i tre esperti un mix pubblico-privato può offrire agli investitori, siano essi fondi pensione, compagnie assicurative o privati, una maggiore possibilità di aumentare il potenziale di alfa. Il mix ottimale di asset, però, differisce da investitore a investitore: ciò che un fondo o una compagnia assicurativa può considerare appropriato potrebbe non avere la stessa valenza per un investitore individuale. 

“Per alcuni investitori il punto di partenza giusto può essere una combinazione di strategie attive e passive. Un’asset allocation ibrida di questo tipo può consentire agli investitori di ottimizzare la loro performance potenziale in base a variabili quali la tolleranza al rischio, il timore di sottoperformare e il controllo dei costi. In un mix attivo-passivo, gli investitori potrebbero considerare di concentrare l’esposizione attiva nei mercati meno efficienti (ad esempio, le azioni dei mercati emergenti, che includono un’alta concentrazione di imprese statali, le azioni small cap, il credito dei mercati emergenti e high yield, gli asset reali) e adottare un approccio più passivo nei mercati più grandi e più efficienti, come l’azionario large cap”, concludono Watson, Tse e Hillman.

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