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Btp Italia, i titoli legati all’inflazione non convengono più

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Per Zest, l’attuale contesto può far venire meno l’appeal dei bond legati all’inflazione. Tornano invece d’attualità la gestione attiva e i corporate bond. Ecco perché

“Il Btp Italia ha avuto caratteristiche difensive nello scenario recente e infatti prima del conflitto russo-ucraino avevamo raccomandato di sovrappesare gli investimenti in bond indicizzati all’inflazione”. Ad affermarlo è Matteo Meroni, gestore obbligazionario Zest, secondo cui la situazione contingente, sia per quanto riguarda le aspettative macroeconomiche che le altissime tensioni geopolitiche, impone una gestione del proprio portafoglio ispirata alla dinamicità in quanto potrebbe in futuro venir meno l’appeal dei bond legati all’inflazione (come il Btp Italia).

Per Meroni l’alta volatilità delle ultime settimane necessita un costante riposizionamento di portafoglio mano a mano che vengono riviste le aspettative di inflazione e di crescita economica, con le conseguenti azioni attese da parte delle principali banche centrali. “Gli spread di credito mostrano i segni di queste tensioni con repentini movimenti dovuti spesso a una relativa illiquidità di questo mercato – fa notare -. Le ricerche pubblicate dagli uffici studi delle principali banche di investimento, con particolare riguardo alle dinamiche inflattive, dibattono sul calcolo della magnitudo del movimento riconosciuto ancora in crescita fino almeno alla prossima estate e poi con una spinta decrescente durante l’ultima parte dell’anno e per tutto il 2023”.

“Bisogna quindi considerare che l’aumento repentino registrato negli ultimi mesi, in realtà costituisce la base sulla quale verrà calcolato il raffronto per il futuro – spiega il gestore -. Quindi è possibile che gli investimenti in obbligazioni indicizzate all’inflazione non siano più altamente performanti, come sono stati finora, in quanto le cedole (in questo momento altamente remunerative) del Btp Italia vengono calcolate  come incremento dell’inflazione di periodo. Secondo gli studi di Bankitalia, coerenti con quanto dichiarato anche dalla Bce, il dato complessivo dell’inflazione domestica è previsto al 6.20% nel 2022 e al 2.70% nel 2023”.

“La discesa dell’indice inflattivo è già prevista a partire dall’autunno di quest’anno e per questo ritengo – continua Meroni –  possa essere conveniente modificare di conseguenza la propria asset allocation magari inserendo dei bond (i classici Cct per esempio) indicizzati al tasso Euribor, che invece è atteso in forte crescita alla fine dell’anno in conseguenza delle accresciute probabilità di un deciso rialzo dei tassi ufficiali della Bce. Un buon mix di portafoglio per la clientela retail sarebbe combinare anche dei bond corporate a buon carry e bassa duration, magari  sfruttando anche logiche di ottimizzazione fiscale e compensando i capital loss prodotti con i guadagni attesi”.

Secondo il gestore, diventa sempre piè difficoltoso per i risparmiatori scegliere dei titoli obbligazionari da poter inserire nel proprio  portafoglio, stante le limitazioni presenti che impediscono per coloro i quali non sono classificati come clientela professionale di comprare obbligazioni subordinate dei principali emittenti bancari, strategia possibile altrimenti solo attraverso la sottoscrizione di comparti di fondi dedicati.

“In ottica di diversificazione e per ottenere un pick up di rendimento rispetto ai titoli di Stato o alle emissioni finanziarie senior, si potrebbe inserire in portafoglio alcuni bond societari che, a fronte di un rating non particolarmente elevato, hanno un azionariato  di ottima qualità (spesso di emanazione statale) e un business sicuramente strategico. In Italia il riferimento è a Saipem e Webuild che offrono, a fronte di emissioni dal taglio minimo di 100mila euro, rendimenti tra il 7% e l’8 % con scadenze intorno ai 3 anni”, conclude Meroni

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