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Cinque ragioni per puntare sugli Emergenti

Dalle previsioni di utile alla ripresa della Cina, per Gam assisteremo a una sovraperformance anche in termini assoluti dell’azionario emergente

Il primo trimestre del 2022 è stato ancora più intenso dell’anno precedente, con due eventi geopolitici di grande rilievo, ovvero l’invasione russa dell’Ucraina e, subito dopo, la svendita indiscriminata da parte degli investitori di adr cinesi. Nonostante questo, secondo Tim Love, investment director responsabile delle strategie azionarie dei Paesi emergenti di Gam Investments, ci sono numerose ragioni per prendere in considerazione le azioni dei mercati emergenti.

La prima sono le previsioni di utile interessanti. “Nonostante il beta più alto delle azioni dei mercati emergenti da inizio anno, a nostro giudizio il Pil robusto e le valutazioni, oltre alla tenuta degli utili per azione, dovrebbero favorire quest’asset class – assicura Love -. Per esempio, al 21 aprile 2022, il pe a termine dell’S&P 500 era di 19, rispetto a quello molto più basso di 7,5 dell’indice Hang Seng China Enterprises o del 9,8 dell’indice Msci Em. Tali dati mostrano chiaramente che questa categoria di investimento è stata sottopesata, trascurata e sottovalutata dagli investitori.

Seconda ragione è la diversa composizione per l’indice dei mercati emergenti. Stando a Love, l’indice Msci Em è cambiato molto negli ultimi anni: una volta comprendeva Paesi non investment grade, mentre oggi è composto da un gruppo di mercati investment grade, liquidi e in fase di recupero, con un rischio di credito più basso, in grado di interessare chi investe in value, growth e yield.

“Al 27 aprile 2022 – sottolinea -, Corea del Sud, Taiwan, India e Cina rappresentano circa il 69% dell’indice, seguiti dal 20% di Arabia Saudita, Sud Africa, Brasile e Messico. Se aggiungiamo i Paesi del Golfo (Qatar e Bahrain), Tailandia e Filippine, otteniamo quasi l’intero indice. In altri termine, Turchia, Russia, Venezuela, Perù, Colombia, Argentina, Romania, Ungheria, Paesi Baltici, Pakistan, Vietnam e Paesi africani (Sud Africa escluso), che sono considerati più a rischio, rappresentano meno dell’1% dell’indice Msci Em Equity”.

Terzo motivo è il profilo di rischio e rendimento interessante rispetto ai mercati sviluppati. Grazie alle valutazioni robuste e alla diversa composizione dell’indice, il profilo di rischio e rendimento dei mercati azionari emergenti sembra, secondo l’esperto Gam, interessante rispetto ai mercati sviluppati. “Forse contrariamente alle attese – argomenta -, nel primo trimestre dell’anno le azioni dei mercati emergenti hanno fatto meglio della maggior parte dei mercati avanzati, nonostante gli sconvolgimenti subiti dall’asset class a seguito dell’invasione russa in Ucraina e del sell-off indiscriminato degli adr cinesi nel timore di una loro esclusione dai listini di Borsa”.

“Nel lungo periodo – assicura – crediamo che i mercati emergenti non solo abbiano un potenziale di ribasso inferiore rispetto ai mercati sviluppati, ma anche un potenziale di rialzo superiore, essendo stati svalutati molto negli ultimi 15 anni. Effettivamente, le valutazioni dei mercati emergenti, in questo momento, sono vicino ai livelli del 2004, dopo di che abbiamo assistito a un periodo di robusta sovraperformance rispetto ai mercati sviluppati”.

Quarta ragione per investire sono le credenziali Esg in miglioramento. Dato che i Paesi emergenti rappresentano più della metà del Pil mondiale e quasi il 70% della massa continentale, i fattori ambientali, sociali e di governance sono estremamente importanti. “Nei principali mercati emergenti sono stati fatti notevoli progressi in ambito Esg, per esempio in Cina, Corea del Sud, Taiwan e India, e si continuerà su questa strada – afferma Love -. Di conseguenza, crediamo che i mercati emergenti siano in grado di offrire dei vantaggi agli investitori che vogliono contribuire a tale cambiamento e al miglioramento dei rating”.

Infine, ultimo motivo, è la Cina e la via verso il rialzo. “Non possiamo parlare dei mercati emergenti senza riconoscere l’importanza della Cina che, al 27 aprile 2022, rappresenta il 27,6% dell’indice Msci Em – puntualizza l’esperto -. Nel timore di un coinvolgimento passivo del Paese nel conflitto tra Russia e Ucraina, l’indice cinese ha toccato il minimo storico a metà marzo 2022. A ciò ha fatto però seguito il più ampio rimbalzo giornaliero mai registrato dalle azioni cinesi. Il discorso del vicepremier cinese Liu He ha infatti affrontato alcune tematiche preoccupanti, come la stabilità del mercato immobiliare e la questione degli adr statunitensi, ma ha anche fatto chiarezza sulla regolamentazione del settore tecnologico. Se alle dichiarazioni seguiranno interventi concreti, riteniamo che il livello attuale dei mercati possa essere il minimo assoluto o almeno relativo. Intravediamo opportunità interessanti negli ambiti in linea con le politiche introdotte, tra cui il software tecnologico, la catena di produzione di veicoli elettrici e le fonti di energia rinnovabili, come l’energia solare”.

È indubbio che gli ultimi 15 anni non siano stati facili per gli investitori nei mercati azionari emergenti; pertanto, quest’asset class è uscita dal radar. “Nonostante la recente volatilità – conclude Love -, a nostro giudizio c’è motivo di essere ottimisti, le azioni dei mercati emergenti presentano opportunità interessanti per gli investitori attivi. Da inizio anno lo hanno dimostrato rispetto ai mercati sviluppati. Se abbiamo ragione, crediamo che assisteremo a una sovraperformance anche in termini assoluti”.

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