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Dollaro, pronti per la discesa?

Secondo Ubp il dollaro può aver toccato massimo pluriennale ed è destinato a indebolirsi notevolmente nei prossimi anni

Da novembre, il cambio euro/usd è passato dai livelli di circa 0,95 agli attuali livelli di poco superiori a 1,0850. Si tratta di un movimento vicino al 10%, che secondo Peter Kinsella, global head of Fx strategy di Union Bancaire Privée, rappresenta un cambiamento sostanziale in un lasso di tempo così breve. Un grande movimento al rialzo che non era previsto all’inizio di novembre.

Il catalizzatore del rialzo del cambio euro/usd, a detta dell’esperto, è stata la pubblicazione dei dati sull’inflazione Cpi statunitense di ottobre, all’inizio di novembre. “I dati hanno mostrato un forte calo – spiega – in particolare per quanto riguarda il dato core mensile, che si è attestato a -0,3% m/m. Il calo del ritmo dell’inflazione mensile è poi proseguito, il che significa che stiamo assistendo a un vero e proprio calo del ritmo della dinamica dell’inflazione sottostante”.

La Fed ha continuato a ‘fare la dura’ sull’inflazione, ma gli eventi suggeriscono che non sarà in grado di mantenere questo approccio ancora a lungo. Il mercato ha già scommesso su questo esito. “Se la Fed dovesse cambiare la sua posizione sull’inflazione – osserva Kinsella – si concentrerebbe sulle prospettive di crescita complessive, che negli ultimi mesi hanno chiaramente assistito a un significativo deterioramento. La combinazione di un calo dell’inflazione e di un rapido rallentamento della crescita è coerente con un cambiamento della politica della Fed, e il corollario è che il dollaro tenderà a indebolirsi”.

L’esperto ritiene dunque che il dollaro abbia probabilmente raggiunto un picco pluriennale e che sia destinato a indebolirsi notevolmente nei prossimi anni. Le ragioni, a suo dire, sono molteplici.

La prima è che le pause della Fed si trasformano in svolte. “In passato – sottolinea – è stato raro che la Fed riavviasse i cicli di rialzo dei tassi quando aveva smesso di aumentarli. L’ampio deterioramento delle prospettive di crescita implica che la Fed modificherà prima la sua retorica e poi i mercati inizieranno a prezzare i tagli dei tassi, il che peserà sul dollaro”.

Per Kinsella, poi, il dollaro rimane incredibilmente sopravvalutato in base a tutte le tradizionali metriche di valutazione. “Continua a scambiare a livelli elevati sia in termini di tasso di cambio effettivo reale che in termini di ponderazione commerciale. Inoltre, qualsiasi calo dell’avversione al rischio globale peserà sul dollaro, che ha beneficiato dell’aumento delle tensioni geopolitiche nel 2022”, evidenzia.

Da considerare, secondo l’esperto, c’è poi anche la dinamica delle partite correnti, con il deficit delle partite correnti degli Stati Uniti si è ampliato in modo deciso nel 2022, raggiungendo livelli pari a quasi il 4% del Pil statunitense.

Infine, i cicli divergenti. “Il ciclo di crescita statunitense e quello cinese – argomenta – sono destinati a divergere significativamente nei prossimi mesi, con il rallentamento degli Stati Uniti e la riapertura della Cina. Questa combinazione è tipicamente favorevole alla debolezza del dollaro”.

Insomma, la Fed non è l’unico motore del tasso di cambio: la Bce si è spostata verso una prospettiva esplicitamente da falco e continuerà ad aumentare i tassi in modo aggressivo nei prossimi mesi. La presidente Christine Lagarde ha osservato che il mercato stava sottovalutando in modo significativo l’entità e il ritmo dei rialzi dei tassi. “La dinamica della crescita è risultata migliore del previsto, il che significa che la Bce ritiene di poter continuare ad aumentare i tassi senza provocare una profonda recessione” osserva l’esperto.

Infine, per Kinsella vale la pena soffermarsi un attimo sugli effetti e sull’importanza della riapertura anticipata della Cina. “Dato l’ampio commercio bilaterale dell’Eurozona con la Cina, significa che l’euro ha un beta elevato rispetto alle dinamiche di crescita cinesi. La riapertura della Cina comporta rischi di rialzo per la bilancia commerciale dell’Eurozona e questo, a sua volta, potrebbe portare a ulteriori rialzi del cambio euro/usd nel tempo”, conclude.

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