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Obbligazionario, la selettività rimane d’obbligo

mercati e volatilità

Secondo Candriam i rendimenti obbligazionari sono tornati con una differenza. Se l’aumento dei tassi è tema già visto, questa volta il ritmo differente potrebbe cambiare di molto il risultato     

Necessari a combattere l’inflazione, gli aumenti dei tassi delle banche centrali hanno scosso il mercato obbligazionario, sollevando timori sui rischi di recessione economica in caso di rialzi eccessivi. “La combinazione di tassi d’interesse positivi e premi di rischio storicamente elevati nel credito europeo offre cedole interessanti agli investitori alla ricerca di un carry”, osserva Philippe Noyard, global head of credit and deputy global head of fixed income di Candriam, che fa notare come il credito investment grade non abbia mai registrato, in tutta la sua storia, rendimenti così negativi: dal -12,53% nei primi 11 mesi dell’anno per l’indice BoFa IG Euro Corporates.

Per l’esperto, l’inasprimento delle politiche monetarie è il principale fattore alla base di questa situazione: era impossibile passare da rendimenti negativi a rendimenti al 2%, sui titoli di Stato tedeschi, senza perdite. “Solo il 20% della perdita di valore è attribuibile al rischio di credito chiarisce -. La normalizzazione dei tassi di riferimento dovrebbe proseguire nel 2023, ma a un ritmo molto meno aggressivo, poiché l’inflazione sembra aver raggiunto il suo massimo. La questione principale sarà la rapidità del suo declino, escludendo nuovi shock esogeni, in particolare in Europa”.

“I premi di rischio sono saliti dall’1% a inizio gennaio all’1,8% a fine novembre, per il credito Investment Grade in euro, e dal 3,3% al 5% per il credito high yield europeo – prosegue -. Questi livelli di valutazione superano le medie storiche degli ultimi 10 anni e implicano probabilità di default prossime all’8% per l’high yield, ben al di sopra del 4,5% storico in quel periodo. Anche se è probabile che l’inizio del 2023 sarà complicato, con un rendimento oggi del 4% sull’investment grade in euro, riteniamo che questa asset class offra una performance interessante nell’attuale contesto”.

La selettività rimane all’ordine del giorno

Per Noyard, l’analisi fondamentale resterà essenziale nel 2023, secondo cui nei prossimi mesi, è probabile che i rating di credito subiscano un notevole peggioramento. “In tutto il mondo – sottolinea -, la crescita economica sta rallentando e le prospettive di crescita degli utili stanno diminuendo. Sembra un anno difficile per le società più indebitate e cicliche. Nel 2023 prevediamo più declassamenti del rating del credito che miglioramenti. I margini di profitto dovrebbero diminuire e la leva finanziaria dovrebbe crescere. I profili più difensivi, o le società in grado di trasferire gli aumenti di prezzo ai loro clienti finali, saranno i vincitori”.

“Per molti anni – aggiunge l’esperto – le aziende hanno beneficiato di bassi tassi di finanziamento e hanno così esteso la scadenza media del loro debito. L’aumento degli interessi passivi sembra gestibile per le società investment grade. Solo l’11% del debito totale dovrebbe essere rifinanziato nel 2023, con una cedola media del 4,20% rispetto all’1,90% del 2021. In media, gli emittenti high yield non hanno grandi scadenze a breve termine. Tuttavia, una prolungata stretta dei mercati dei capitali potrebbe rivelarsi problematica per alcune società. Anche se la qualità media del credito è notevolmente migliorata rispetto al passato, ci aspettiamo che il tasso di default raddoppi a un livello compreso fra il 4% e il 5% nel 2023”.

Cautela sui nomi più deboli

Per Noyard l’affidabilità creditizia degli emittenti con i rating più bassi, da B a tripla C, è a rischio. “Questi segmenti – fa notare – includono molte società acquisite da fondi di private equity attraverso operazioni di leveraged buy-out. Questi ultimi hanno utilizzato un effetto leva molto elevato, spesso a tassi variabili, per raggiungere i loro obiettivi di rendimento in un contesto di finanziamento a basso costo. Queste società devono ora affrontare un calo del margine operativo, contemporaneamente a una pressione ancora maggiore dovuta ad aumenti significativi dei pagamenti di interessi. Alcune società subiranno significativi declassamenti dei rating, con conseguente sottoperformance o persino default”.

“Riteniamo che il 2023 offrirà opportunità di investimento reali, con rendimenti interessanti. Siamo inoltre convinti che alcuni segmenti del mercato del credito rimarranno particolarmente vulnerabili e che la loro probabilità di insolvenza non si riflette ancora pienamente negli spread del credito”, conclude.

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