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Ripresa, l’Europa può battere gli Usa

Per T. Rowe Price, i lockdown più rigidi e più lunghi favoriranno una sovraperformance dell’economia Ue e un rafforzamento dell’euro

Gli Stati Uniti storicamente hanno recuperato più in fretta dalle recessioni rispetto all’Europa, ma questa volta le cose potrebbero andare diversamente. Sebbene la risposta fiscale della Fed alla pandemia sia stata significativamente più ampia di quella della Bce, secondo Tomasz Wieladek, economista internazionale di T. Rowe Price, il fatto che i lockdown nel Vecchio Continente siano stati più rigidi e più lunghi implicare una sovraperformance dell’economia europea rispetto a quella statunitense nel breve periodo e contestualmente un rafforzamento dell’euro.

“Una delle ragioni principali per le quali gli Usa solitamente recuperano più in fretta è che le recessioni passate sono state provocate principalmente da un accumulo di sbilanciamenti economici nelle fasi avanzate del ciclo di business – spiega Wieladek -. Le autorità statunitensi non solo implementano politiche fiscali e monetarie aggressive per mitigare tali recessioni, ma di solito adottano anche misure mirate per risolvere gli sbilanciamenti in questione”. 

Come esempio l’esperto cita la risposta sia alla crisi dei risparmi e dei prestiti del 1987 sia alla crisi globale del 2009, quando il governo Usa ha rapidamente ricapitalizzato le istituzioni finanziarie in grado di resistere e ha risolto le altre situazioni in modo ordinato. “Anche la flessibilità del mercato del lavoro negli Usa ha contribuito a velocizzare il ricollocamento dei lavoratori dai settori in contrazione a quelli in crescita, accelerando la ripresa”, aggiunge.

L’Europa tradizionalmente ha avuto un approccio diverso. A detta di Wieladek, se da un lato la Bce risponde agli shock negativi della domanda, dall’altro solitamente non è aggressiva quanto la Fed, mentre le misure fiscali vengono utilizzate in modo disomogeneo dai vari Paesi. “Inoltre – prosegue -, la maggiore rigidità del mercato del lavoro in Europa scoraggia le società ad assumere lavoratori all’inizio della ripresa, mentre i sussidi di disoccupazione generosi incentivano i dipendenti a cercare impieghi simili a quelli precedenti, rallentando il rilancio. Dopo la crisi finanziaria del 2009, alcune problematiche strutturali, come la debolezza del settore bancario europeo, sono state lasciate a lungo irrisolte, con un ulteriore effetto negativo”.

Questa volta però è diverso. La recessione da coronavirus non è legata al ciclo del business: il calo della produzione è stato causato da norme dei governi come i lockdown e il distanziamento sociale, sommate al calo della fiducia dei consumatori dovuto alla paura di ammalarsi o di perdere il lavoro. Per l’economista, ill percorso più probabile per la ripartenza questa volta è fermare la diffusione del virus per poter poi allentare le restrizioni: quando i consumatori saranno convinti di poter tornare al loro stile di vita passato senza grandi rischi di contrarre la malattia, la domanda tornerà rapidamente e anche l’offerta rimbalzerà. “Il tempismo è tutto in questo caso – avverte -: se il lockdown viene sollevato troppo presto, si può innescare una seconda ondata, che incrinerebbe la fiducia nelle autorità sanitarie e schiaccerebbe la domanda dei consumatori per un lungo periodo. Se si aspetta troppo, invece, il collasso di un numero maggiore di aziende colpirebbe gravemente il lato dell’offerta”.

Negli Usa, a detta ddi Wieladek, le autorità sembrano essersi mosse nel primo modo: in molti Stati i lockdown sono stati rimossi quando la crescita dei casi era ancora elevata. Con il senno di poi, è evidente che queste riaperture hanno innescato una seconda ondata di contagi. I Paesi europei, all’opposto, hanno assunto un approccio molto più cauto. I lockdown sono stati implementati sull’intero territorio nazionale, le mascherine in molti casi sono state rese obbligatorie in pubblico e gli spostamenti tra Stati sono stati vietati. Inoltre, i Paesi europei hanno atteso più a lungo ad allentare i lockdown, e lo hanno fatto solo gradualmente.

Certo, la strategia europea non è senza costi. “L’impatto sull’economia sarà più forte nel breve termine, probabilmente provocando una recessione più grave – sottolinea Wieladek -. Tuttavia, il mantenimento di tassi di contagio bassi ha rafforzato la credibilità dei governi europei nel controllo del virus. Ciò aiuterà sicuramente i consumatori a riacquistare fiducia sul poter tornare alle proprie abitudini pre-crisi”.

Un aspetto chiave è proprio la fiducia dei consumatori. “Come recita il detto, ‘Puoi condurre un cavallo all’acqua ma non puoi obbligarlo a bere’. Lo stesso vale per la risposta alla recessione: gli stimoli monetari e fiscali possono dare una spinta ai consumatori verso l’acqua, ma in fin dei conti solo la fiducia li farà bere. In questo senso, l’approccio europeo sembra più efficace”, osserva l’economista, secondo cui c’è una possibilità molto migliore di un rimbalzo rapido nella fiducia dei consumatori europei, che potrebbe generare una sovraperformance economica dell’Europa rispetto agli Usa nel breve termine. “Inoltre, la risposta fiscale e monetaria dell’Europa è stata incisiva questa volta, sostenendo ulteriormente la ripresa. Ciò suggerisce anche che l’euro probabilmente continuerà a sovraperformare rispetto al dollaro nel breve”, conclude.

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