Gestione passiva

Gestione passiva, Etf e fondi indicizzati. Le differenze

Gestione passiva

Con la gestione passiva è possibile replicare l’andamento di un determinato indice. Ma i prodotti non sono tutti uguali. Le differenze tra Etf e fondi indicizzati

di Anna Paola Marchi, responsabile della clientela wholesales di Credit Suisse Am

La gestione passiva è stata sempre identificata con gli Etf (Exchange traded fund), ovvero fondi quotati in Borsa (e acquistabili come qualsiasi azione) che hanno come obiettivo la replica di un indice di riferimento, anche detto benchmark.

E nel tempo, la crescita degli Etf ha sicuramente contribuito alla popolarità degli investimenti a gestione passiva. Tuttavia, di recente gli investitori hanno ampliato i propri orizzonti, includendo anche i fondi indicizzati nei loro portafogli.

Sebbene queste due tipologie di prodotto possano sembrare delle alternative, in realtà le differenze non mancano. Ma cosa conviene detenere in portafoglio? Etf o fondi indicizzati?

La risposta a questa domanda dipende dalla strategia d’investimento scelta e dal periodo di detenzione previsto. In linea generale, comunque, è spesso consigliabile detenere in portafoglio una combinazione di Etf e di fondi indicizzati.

La scelta

Un primo criterio di scelta tra i due prodotti passivi è la negoziabilità. Se l’investitore ha necessità di svolgere operazioni infragiornaliere, allora l’Etf fa al caso suo. L’Exchange traded fund, infatti, è uno strumento quotato in Borsa, la cui liquidità negli scambi è garantita dai market maker. Inoltre, gli agenti di calcolo determinano costantemente il valore indicativo del patrimonio netto (Nav).

Le quote dei fondi indicizzati, invece, possono essere acquistate (o vendute) solo dal (o al) distributore del fondo al loro valore netto d’inventario (Nav) una volta al giorno. Inoltre, quando gli investitori acquistano o vendono quote di fondi indicizzati sostengono costi di transazione che sono inclusi nel NAV del fondo con il cosiddetto meccanismo dello swing pricing, a tutela del rischio di diluizione.

I costi

A parità di asset class o di benchmark che il prodotto intende replicare, un altro elemento da valutare è il Total cost of ownership, cioè il costo complessivo annuo sostenuto da un investitore nell’ipotesi di acquistare lo strumento, detenerlo per un anno e poi venderlo.

Il Total cost of ownership è caratterizzato da tre elementi: costo di acquisto, che è approssimabile alla metà del differenziale tra il bid/ask spread (ovvero il differenziale tra il miglior prezzo in acquisto e il miglior prezzo in vendita); Ter (Total expense ratio), dato dai costi di gestione dell’Etf o del fondo più gli oneri accessori, come quelli amministrativi o legali del veicolo; costi di vendita (il processo di dismissione dell’investimento comporta degli oneri assimilabili a quelli di acquisto).

Mentre i Ter di fondi ed Etf sono facilmente consultabili dai prospetti, i costi di acquisto o vendita sono invece approssimabili dai Bid/Ask spread nel caso degli Etf e dagli swing factors (sono fattori di aggiustamento del prezzo) nel caso dei fondi che applicano lo swing pricing.

Tuttavia dato che i bid/ask spread che sono visibili su provider come Bloomberg e Reuter sono solo indicativi e possono differire a seconda dell’ammontare che si intende negoziare o a seconda del momento della giornata, gli swing factors dei fondi indicizzati sono generalmente certi e noti in anticipo.

La replica

Un ulteriore distinzione deriva dal fatto che gli Etf possono essere a replica sia fisica sia sintetica (sottoscrivendo quindi un contratto swap, o derivato, con una controparte, generalmente una banca), mentre i fondi indicizzati seguono solo il primo modello.

Questo implica che per gli Etf a replica sintetica, a fronte di minori costi di transazione e un eventuale minor impatto fiscale della doppia imposizione sui dividendi si hanno però swap spread e rischi della controparte con cui si stipula il contratto derivato.

Infine, mentre gli Etf sono più numerosi, se ne calcolano circa 6.000 quotati nel mondo, i fondi indicizzati sono decisamente meno, ma hanno la possibilità di offrire diverse classi per lo stesso veicolo, garantendo le medesime caratteristiche di negoziabilità e costi di transazione, potendo variare le condizioni commissionali.

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