Investimenti sostenibili

Investimenti sostenibili, i falsi miti da sfatare

Investimenti sostenibili

Dagli scarsi rendimenti ai maggiori costi. Sono tanti i falsi miti che ruotano attorno agli investimenti sostenibili. Vediamoli nel dettaglio

Essere sostenibili non è più un’opzione. Anche il mondo degli investimenti, e più in particolare quello del risparmio gestito, ne ha preso coscienza. Tant’è che in Europa i fondi classificati come “sostenibili” secondo il Regolamento europeo Sfdr (Sustainable Finance Disclosure Regulation) hanno raggiunto in termini di patrimonio gestito oltre il 40% del totale di fondi (leggi anche Investimenti sostenibili, la guida).

Nonostante questo, oggi bisogna continuare a fare i conti con una serie di luoghi comuni che tendono a polarizzare le opinioni dei risparmiatori. Falsi miti che in questo articolo proviamo a sfatare.

Investire in modo sostenibile vuol dire fare beneficenza 

Non è vero. I fondi sostenibili non hanno nulla a che vedere con la beneficienza, ma hanno l’obiettivo di creare opportunità di rendimento per il risparmiatore in un’ottica di medio-lungo periodo premiando imprese e Stati che mettono in pratica azioni virtuose in materia ambientale, sociale e di governance (Esg).

Gli investimenti sostenibili riguardano solo l’ambiente e il cambiamento climatico

Non c’è dubbio che gli investimenti sostenibili riguardano l’ambiente e il cambiamento climatico. Ma non si “occupano” solo di questo. Il 10 marzo 2021 è entrato in vigore in Europa il Regolamento Sfdr, che impone nuovi obblighi di trasparenza sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.

Secondo la normativa può essere considerato sostenibile un investimento in un’attività economica con obiettivi sia ambientali sia sociali misurati mediante indicatori chiave.

Finanza sostenibile e finanza etica sono sinonimi

Non è proprio così. La finanza sostenibile deve perseguire obiettivi ambientali e sociali e non devono arrecare danno significativo a nessuno di questi obiettivi stessi. Inoltre, le imprese oggetto di investimento devono rispettare prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali.

La finanza etica va oltre: mette al centro dell’attività economica e finanziaria l’uomo e il pianeta in cui vive. Di più, intende riformulare i fini e i mezzi della finanza per creare valore economico senza che vada a scapito del bene comune. Quindi, per semplificare, la finanza etica è sicuramente sostenibile e responsabile, ma non è detto il contrario.

Per esempio, ci può essere un’azienda che opera nel pieno rispetto dei lavoratori e dell’ambiente, quindi è sostenibile, ma all’interno di un settore molto controverso, come quello degli armamenti, e quindi non è etica.

La finanza etica si basa sull’esclusione dei titoli

È un’affermazione vera solo parzialmente. L’investimento etico e sostenibile non si ferma solo all’esclusione di titoli o settori controversi. Le scelte vengono prese anche in positivo; quindi, si analizzano imprese e Stati in modo dettagliato, sulla base di parametri ambientali, sociali e di governance, attribuendo loro un punteggio sintetico. Solo gli emittenti con punteggi superiori a una soglia assoluta e risultanti tra i migliori del proprio settore, il cosiddetto approccio “best in class”, aventi un profilo qualitativo e reputazionale buono, entrano a far parte dell’universo investibile.

Gli investimenti sostenibili hanno bassi rendimenti 

Un altro falso mito è quello legato alle performance, ovvero che i fondi dall’impronta sostenibile rendono meno di quelli tradizionali. Ma non è così. Diversi studi hanno dimostrato che i rendimenti dei prodotti “green” sono spesso in linea con quelli dei fondi tradizionali.

Morgan Stanley, per esempio, ha analizzato nel report Sustainable Reality report  oltre 10.000 fondi di investimento dimostrando che quelli sostenibili hanno rendimenti in linea se non superiori rispetto ai convenzionali. E, inoltre, garantiscono anche una volatilità più modesta, soprattutto nei momenti di shock.

E ancora, Esma in un’analisi realizzata prendendo in considerazione 6.528 fondi Esg in Europa ha osservato che, in realtà, i fondi Esg presi in esame sovraperformano i fondi tradizionali. Esma ha anche cercato di capire quale dimensione tra la E (ambiente), la S (sociale) e la G (governance), abbia inciso di più sulla performance. E l’analisi ha dimostrato che i fondi con focus sulla S e la G sovraperformano i fondi tradizionali, mentre, la dimensione E non ha un impatto significativo sulla performance dei fondi.

Gli investimenti Esg sono più rischiosi

In genere è vero il contrario. Prendere in considerazione elementi di valutazione del rischio anche di natura ambientale, sociale e di governance (ESG) permette di mitigare e ridurre la volatilità imprevista di un portafoglio nel medio-lungo periodo.

La finanza etica e sostenibile riguarda solo i titoli azionari

Non è vero che la finanza sostenibile abbia potenzialità limitate. In realtà, con i suoi strumenti di valutazione, è in grado di operare sia nel settore azionario sia in quello obbligazionario, in quest’ultimo caso misurando la sostenibilità di emittenti societari e governativi.

Le obbligazioni Esg giocheranno un ruolo sempre più da protagonista per gli investimenti etici e sostenibili. Sono cresciute moltissimo le emissioni di green bond, obbligazioni la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente (efficienza energetica, trattamento dell’acqua e dei rifiuti, iniziative legate alla prevenzione e controllo dell’inquinamento, infrastrutture per la mobilità sostenibile per citarne alcuni).

In forte sviluppo anche il mercato dei social bond, obbligazioni i cui proventi finanziano progetti nuovi o esistenti con risultati sociali positivi, come il miglioramento della sicurezza alimentare e l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e ad altri finanziamenti. E poi ci sono anche i sustainability bond e i sustainability-linked loans.

I fondi etici e sostenibili sono più costosi

Anche questo è un falso mito. Lo studio “The drivers of the costs and performance of ESG funds” condotto dall’Esma (European Securities and Markets Authorithy) su 6.528 fondi Esg in Europa e ha dimostrato che i fondi etici e sostenibili presentano mediamente costi dello 0,08% minori rispetto ai fondi tradizionali non sostenibili. L’analisi ha anche svelato un dato curioso: i fondi nati con approccio Esg (identificati come Esg entro il primo trimestre dalla loro creazione) sono meno costosi rispetto a quelli nati tradizionali e poi convertiti in fondi Esg. Cioè chi diventa sostenibile preferisce conservare costi “tradizionali”.

Secondo Esma, quindi, chi ha deciso di “essere etico” fin dalla nascita è più trasparente e non presenta costi aggiuntivi rispetto alle altre forme di impiego del risparmio. Con la differenza che genera un valore socio-ambientale molto più alto.

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In collaborazione con EticaSgr

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