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Assegno di maternità dei Comuni più pesante: i nuovi importi

Assegno unico

Il bonus è stato rivalutato dell’8% per il 2023. Ecco a chi spetta e come fare domanda

L’assegno di maternità concesso dai Comuni diventa più consistente. L’agevolazione è stata infatti rivalutata dell’8,1% in base alla variazione dei prezzi al consumo rilevata dall’Istat. Nel suo importo pieno l’assegno arriva ora a 1.917,30 euro. Ad annunciarlo è stato l’Inps che, con la circolare n. 26 dell’08.03.2023, ha anche reso noto il limite di reddito per il 2023.

Cos’è l’assegno di maternità dei Comuni

Tra i sostegni per agevolare le famiglie, l’assegno di maternità è una prestazione assistenziale concessa dai Comuni alle madri, anche adottive o in affidamento preadottivo. È destinato a tutte le cittadine italiane, comunitarie o straniere in possesso di titolo di soggiorno, che non hanno diritto alla maternità ordinaria.

In assenza di altre indennità di maternità, quindi, l’assegno comunale, anche detto “assegno di maternità di base”, viene erogato per cinque mesi dall’Inps. Per averne diritto bisogna però essere in possesso di un Isee in corso di validità inferiore ad una determinata soglia, stabilita a cadenza annuale. 

Assegno di maternità dei Comuni: requisiti e importi 2023

Per quest’anno, come si diceva, l’assegno è stato rivalutato, in base all’Istat, dell’8,1% ed è pari, nel suo importo pieno, a 1.917,30 euro, erogati in cinque rate mensili di 383,46 euro massimo.
Il requisito Isee per ottenere il bonus in misura intera è pari a 19.185,13 euro. 

L’assegno non è cumulabile con altri trattamenti previdenziali, tranne se si ha diritto a percepire dal comune la quota differenziale.

Come presentare la domanda

La domanda per l’assegno di maternità dei Comuni va presentata al comune di residenza. A questo compete infatti la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per la concessione della prestazione (articoli 17 e seguenti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2000). La richiesta deve essere fatta entro sei mesi dalla nascita del bambino o dall’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o in affido preadottivo. Decorso questo termine si perde il diritto all’indennità.

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