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Asset allocation, le tre domande chiave per il 2022

Asset anti-inflazione, performance dell’azionario Usa e impatto di Omicron: questi i tre interrogativi chiave che dovrebbero orientare l’asset allocation quest’anno

Come investire in un’ottica anti-inflazione, quali saranno nei prossimi mesi le performance dell’azionario Usa e che impatto avrà Omicron sulla ripresa? Sono questi i tre interrogativi chiave che tutti gli investitori si stanno ponendo in questo periodo e in base ai quali stanno cercando di rivedere l’asset allocation. Ne è convinto Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, che  spiega quindi come orientarsi.

Inflazione: le asset class per affrontare una normalizzazione graduale

I colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento globali, l’aumento dei prezzi delle materie prime e la domanda dilagante hanno portato ad un aumento eccessivo dei prezzi nell’ultimo trimestre del 2021. Per il nuovo anno, i mercati si aspettano che l’inflazione si normalizzi gradualmente e che i tassi nominali tendano ai target politici. La prospettiva di una graduale riduzione del tasso di inflazione sembra essere confermata dai miglioramenti a cui si sta assistendo dal lato della catena di approvvigionamento, oltre che dal contenimento degli effetti a catena causati dalle quarantene. 

“In questo contesto – spiega Flax – la prima domanda chiave è se, e in che misura, le obbligazioni indicizzate all’inflazione e l’oro continueranno a contribuire alla performance degli investitori. L’oro continua ad avere buone prospettive, sia come copertura dall’inflazione che come diversificatore di portafoglio. Per quanto riguarda gli inflation linkers, lo spazio per un’ulteriore crescita sembra limitato, dal momento che questi prodotti si comportano bene in presenza di shock inflazionistici, cosa che sembra molto meno probabile nel 2022. Questo potrebbe quindi essere un buon momento per ridurre la quota di linkers in portafoglio”. 

Il secondo tema chiave è se i titoli value sovraperformeranno o meno i titoli growth, che tendono a soffrire di più durante i periodi di tassi elevati, a causa della loro leva relativamente alta e perché i loro ricavi previsti sono meno certi e più lontani nel tempo. “Di conseguenza – osserva l’esperto -, sarà importante monitorare le performance relative e l’impatto dell’inflazione nelle prime settimane del 2022, per capire se sia tempo di tornare a puntare sui titoli value, come accaduto nel 2020″.

Azionario statunitense: la crescita proseguirà?

Dopo mesi di trattative, Joe Biden non è stato in grado di convincere abbastanza senatori a sostenere il suo piano fiscale di circa 2 trilioni di dollari. Attualmente il pacchetto è già stato ridotto a 1,75 trilioni di dollari nel tentativo di convincere i senatori democratici ‘ribelli’ ad appoggiare il piano. “Per ora – osserva Flax – sembra che la difficoltà a far passare il provvedimento abbia effettivamente ridotto le aspettative di inflazione, rafforzando le argomentazioni per una normalizzazione dei tassi nel 2022. Non è facile quantificare l’effetto che avrebbe la potenziale approvazione del piano fiscale di Biden o un suo ulteriore taglio e occorrerà monitorare da vicino la situazione politica statunitense e il suo impatto sull’inclinazione della curva dei tassi”.

Pertanto, a detta dell’esperto, la domanda chiave è se il mercato azionario statunitense continuerà a sovraperformare il resto dei mercati sviluppati, nonostante i modelli abbiano identificato un premio per il rischio azionario più elevato in Europa per il 2022: “C’è una possibilità che i mercati stiano sottovalutando il potenziale del piano Biden? O, al contrario, le azioni americane sono troppo costose, in particolare dopo il rally di Natale? Nel 2022 l’azionario europeo dovrebbe essere favorito rispetto agli Stati Uniti?”.

L’impatto di Omicron

Infine, Omicron. Come è noto, questa variante si è diffusa rapidamente in tutta Europa e negli Stati Uniti in dicembre. In una fase iniziale il mercato ha reagito con nervosismo, poi gradatamente rientrato. I tassi di trasmissione più elevati sono compensati da un tasso di mortalità significativamente più basso e da sintomi molto più lievi rispetto alle precedenti varianti del virus. Di conseguenza, sembra improbabile la necessità di misure di contenimento severe, in particolare nei Paesi con tassi di vaccinazione più elevati. È presto per dichiarare ‘endemico’ il Covid-19, ma i mercati sembrano scommettere sul lieto fine, anche se la situazione dovrà essere tenuta sotto osservazione, specialmente per i Paesi in via di sviluppo. 

“Occorre monitorare se Omicron si dimostrerà o meno abbastanza potente da portare a nuove misure di lockdown generalizzate – avverte Flax -. Nei mercati sviluppati, il rischio chiave da monitorare è il potenziale impatto di Omicron sulla domanda e sull’inflazione. Per quanto riguarda i mercati emergenti, l’attenzione dovrebbe essere rivolta alla quantificazione del rischio di ulteriori colli di bottiglia e di aumento dei prezzi delle materie prime. Una possibile protezione da uno scenario negativo potrebbe essere quella di aumentare l’esposizione alle materie prime”.

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