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Azionario, ecco perché il rally è appeso alla Fed

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Secondo Lemanik, in assenza di un pivot della banca centrale Usa, l’equity è probabilmente destinato a scendere. Ma se arrivasse potremmo assistere a una continuazione della corsa

“Ci aspettavamo un rally del mercato ‘orso’, anche materiale, prima della fine dell’anno. Questo rally si è parzialmente concretizzato, a seguito di un territorio di ipervenduto dei mercati azionari. Riteniamo che questo rally abbia ancora gambe, ma dipenderà in larga misura dai messaggi provenienti dalle banche centrali (Fed in primis) che potrebbero portare a una strada accidentata entro la fine dell’anno”. È l’analisi di Andrea Scauri, gestore del fondo Lemanik European Dividend Preservation.

Dopo che a settembre si è registrata una delle peggiori performance dal lockdown per Covid-19, i mercati azionari hanno rimbalzato durante il mese di ottobre, spinti sia dai recenti interventi della Bce e della Banca del Canada, che hanno mostrato un approccio meno aggressivo alla politica monetaria, sia dal calo dei prezzi del gas, accanto a un approccio molto cauto degli investitori. I tassi d’interesse reali sono scesi leggermente, il che ha favorito i mercati.

“Riteniamo che l’indebolimento della crescita globale persisterà per i prossimi 2-3 trimestri, con deterioramento degli indicatori macro, condizioni di credito più rigide, riduzione della liquidità e crisi energetica dell’Ue – sottolinea Scauri -. Pertanto, vediamo ulteriore spazio per una riduzione dei tassi d’interesse reali, o almeno per non aumentarli ulteriormente. Tuttavia, non pensiamo che le banche centrali porranno fine alla lotta contro l’inflazione così presto”.

Finora, come fa notare il gestore, la stagione dei bilanci sta ancora mostrando risultati complessivamente solidi (in particolare per le banche e i materiali di base/petrolio), ma ci sono segnali di una compressione dei margini e di un rallentamento della domanda a causa dell’aumento dell’inflazione. In effetti, i titoli delle grandi aziende tecnologiche statunitensi sono stati messi sotto pressione a causa delle prospettive meno ottimistiche per i prossimi mesi, dovute principalmente al rallentamento della domanda e all’aumento dei costi. 

“Microsoft è stata la prima a comunicare i risultati, con una previsione per l’anno fiscale 23 meno ottimistica del previsto, anche per il segmento altamente innovativo del cloud – argomenta Scauri -. La guidance di Amazon è stata deludente, a causa di previsioni di crescita inferiori alle attese, considerando il previsto calo dei consumi (anche durante il periodo natalizio) oltre a una prospettiva più debole per il segmento Cloud. Meta ha registrato una performance negativa a causa del calo delle entrate pubblicitarie e dell’aumento dei costi e degli investimenti per il progetto Metaverse, che peseranno sia sul flusso di cassa che sugli utili nel 2023. Le preoccupazioni del mercato si sono rivolte anche a Google/Alphabet, ancora una volta a causa di un rallentamento dei ricavi pubblicitari. Infine, anche Apple è stata debole, così come Intel”.

Nel corso del mese, poi, sono stati formati due nuovi governi, nel Regno Unito e in Italia, che hanno entrambi presentato piani che danno priorità al riequilibrio delle finanze pubbliche. “I rendimenti dei titoli decennali italiani sono scesi di -30 pb al 4,2% (+300 pb da inizio anno), mentre lo spread Btp-Bund si è ridotto di 31 pb a 211 pb. È prevedibile che lo spread Btp-Bund si assesti intorno ai livelli attuali (200-250 pb) in attesa dell’opinione del mercato sulla Legge di Bilancio 2023. Per quanto riguarda i tassi d’interesse statunitensi, il rendimento del Tesoro Usa a 10 anni è salito di +22 pb al 4,05%, meno del previsto aumento dell’inflazione, mentre il tasso dei mutui Usa a 30 anni è salito ancora leggermente al 7,1”, prosegue il gestore, secondo cui sebbene da un lato l’attesa riduzione della pressione sui tassi d’interesse sia coerente con la stabilità dei multipli di mercato dopo il forte de-rating di inizio anno, dall’altro i fondamentali offrono ancora poco supporto, con una persistente scarsa visibilità sull’entità e la durata del rallentamento economico in corso.

“In questo contesto, il rally del mercato si è parzialmente concretizzato ma la sua continuazione dipenderà dai messaggi che arrivano dalle banche centrali – sottolinea Scauri -. A oggi, il consensus sull’Eurostoxx600 indica per il 2023 una crescita degli utili del +3% a/a (dopo la previsione del 20% per il 2022E), con un rapporto prezzo/utili di 11,2x rispetto alla media storica degli ultimi 5 anni di 14,5x”. 

“Ci stiamo avvicinando al momento della verità in termini di stime (in particolare per il 2023), in quanto dicembre potrebbe risentire di una domanda natalizia più debole del previsto, oltre al fatto che con i risultati dell’ultimo trimestre le società saranno tenute a fornire un outlook sugli utili per il 2023, con un rischio di capitolazione, che potrebbe fornire un punto di ingresso per le azioni, in particolare se le banche centrali continueranno ad adottare un approccio meno aggressivo. In assenza di un pivot della Fed, l’equity è probabilmente destinato a scendere. Al contrario, un pivot della Fed, o la sua anticipazione, può portare a una continuazione del rally”, conclude.

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