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Banche, un paradiso per gli obbligazionisti

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Second Gam Investments, le banche oggi sono come le società di servizi di pubblica utilità, con meno rischi e sovracapitalizzate. E non temono la recessione

Sono molti gli investitori che in questo momento si chiedono se le banche siano capaci di affrontare una recessione. Il settore, per natura, risente infatti dello scenario macroeconomico per via delle attività di prestito e delle posizioni in titoli. Come spiega Romain Miginiac, head of research per le strategie Credit Opportunities di Gam Investments, in una fase di recessione, le perdite su crediti aumentano poiché la capacità dei mutuatari di servire il debito diminuisce, mentre il valore dei titoli scende a causa dell’indebolimento dei mercati. La redditività ne risente poiché le banche devono assorbire perdite più elevate. Quando le perdite superano gli utili, per assorbirle si attinge al capitale in eccesso, mentre la portata delle perdite dipende dalla gravità della recessione, oltre a rappresentare un rischio per la situazione patrimoniale dell’istituto.

Stavolta però le banche sono pronte a resistere. “Crediamo – afferma Miginiac – che il marchio d’infamia impresso durante la crisi finanziaria globale (e altre crisi) continui ad adombrare il settore bancario e non consenta di apprezzarne la capacità di resistenza. La portata delle perdite, dei capitali raccolti e dei salvataggi finanziari durante la grande crisi finanziaria fu stratosferica, a dimostrazione della vulnerabilità del settore all’epoca. Il rischio sistemico ha evidenziato i fattori di vulnerabilità del sistema finanziario amplificando gli effetti della crisi. Ciò continua a gravare sul settore anche oggi e, a nostro giudizio, porta a sottovalutare la trasformazione che ha subito dopo la crisi finanziaria”. 

Per l’esperto, infatti, oltre dieci anni di regolamentazione hanno prodotto una diminuzione del rischio, l’accumulo di capitale e la riduzione di altri fattori di vulnerabilità (come la rilevanza dei finanziamenti a breve termine, ecc.), riplasmando praticamente l’intero settore. “Per gli obbligazionisti, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla riduzione del rischio più che sull’accumulo di capitale, perché il primo aspetto rende meno rilevante il secondo”, avverte.

Il processo di ridimensionamento del rischio intrapreso dalle banche dopo la crisi finanziaria globale, secondo Miginiac, ridurrà moltissimo l’entità delle perdite in caso di recessione. “Ciò dipende anche dal fatto che le banche hanno abbandonato le attività di investment banking più rischiose, concentrandosi maggiormente sui portafogli di prestiti a più basso rischio, come i mutui ipotecari residenziali – chiarisce – . Secondo noi le banche sono diventate noiose, e questo però piace agli obbligazionisti. In ultima analisi, se le perdite fossero molto più contenute e gestibili attraverso gli utili, il capitale in eccesso potrebbe rivelarsi ridondante”. 

Secondo l’esperto, insomma, per gli obbligazionisti è una situazione ideale: avere a disposizione una grande quantità di capitali di cui si avrà difficilmente bisogno, dato che la portata delle possibili perdite si è molto ridotta. In breve, le banche oggi sono come le società di servizi di pubblica utilità, con meno rischi e sovracapitalizzate.

“Come in molti altri ambiti, la prospettiva da cui si esamina la situazione può portare a conclusioni assai diverse – precisa Miginiac -. Le perdite nette cumulative di Ubs nel periodo 2007-2009 furono di circa 28 miliardi di franchi ma, nel contempo, le divisioni di gestione patrimoniale e di banca retail del gruppo produssero un Roe stimato superiore al 15% per tutta la crisi. Ubs non fu un’anomalia; un numero elevato di banche era redditizio nel periodo della crisi e raccolse capitale in un’ottica difensiva, in vista delle norme sulla raccolta del capitale”.

Per l’esperto, la capacità di resistenza nonché quella di assorbire le perdite del settore bancario europeo, anche in uno scenario di crisi, dovrebbe confermare le valutazioni rispetto ad altri settori. “Gli utili trimestrali dovrebbero continuare a fungere da catalizzatore per la rivalutazione del settore, dato che tassi più alti significano una redditività più elevata – osserva -. Qualora la recessione si concretizzasse, avrebbe un effetto positivo sulle valutazioni che rifletterebbero l’ottima capacità di gestire perdite su crediti più consistenti. Per quanto nel breve periodo una recessione potrebbe produrre volatilità sul mercato, nel più lungo termine crediamo che le banche che dimostrano la loro capacità di resistenza dovrebbero portare a un miglioramento della percezione del settore e comprovare la trasformazione che ha subito nel corso degli ultimi dieci anni”. 

“La capacità di affrontare una recessione senza intaccare il patrimonio degli obbligazionisti (capitale in eccesso) significa che le banche scambiano nella parte migliore del mercato. Il debito subordinato bancario offre agli investitori la possibilità di incrementare l’esposizione in un settore estremamente robusto in un contesto di incertezza, oltre a cogliere i rendimenti migliori disponibili sul mercato”, conclude Miginiac. 

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