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Bond high yield, un buon entry point

Secondo Payden & Rygel, con rendimenti nell’ordine dell’8,5% e un’economia che sembra avere fondamentali sani, per gli investitori pazienti ci sono ottime occasioni

In un contesto di alta inflazione e tassi di interesse elevati come quello attuale, il mondo dei bond high yield è notevolmente cambiato, anche solo rispetto a un anno fa: nel 2022 i rendimenti si aggiravano intorno al 4%, mentre oggi sono più che raddoppiati, all’8,5% circa. Nel frattempo, si è assistito al netto miglioramento della dinamica inflattiva e, nonostante da gennaio una possibile recessione sia sulla bocca di tutti gli operatori, i dati macro, in particolare crescita e occupazione, continuano a mostrarsi molto positivi, con numerosi emittenti high yield che registrano utili solidi. Per Lordan Lopez, director e head of the high yield strategy group di Payden & Rygel, si tratta quindi di un momento interessante per i bond high yield, soprattutto per gli investitori con un orizzonte temporale di lungo termine. 

“Nonostante il mercato ad alto rendimento possa essere piuttosto volatile – spiega – osservando i rendimenti passati, storicamente c’è una correlazione elevata (0,94 circa) tra i rendimenti iniziali del mercato high yield e i successivi rendimenti annualizzati a cinque anni: quindi, partendo ora dall’8,5%, c’è un’elevata probabilità di restare intorno all’8,5% annuo nei prossimi cinque anni. Se si riflette su questo aspetto, in un contesto ancora fondamentalmente sano, riteniamo che l’8,5% dell’high yield valga di più rispetto al 5,5% del T-Bill Usa a 6 mesi, che pure può rappresentare una valida opzione per chi ha un orizzonte temporale di breve termine”.

Sul fronte dei potenziali default, a detta dell’esperto un altro aspetto positivo del mercato high yield è che molte di queste società negli ultimi anni sono state in grado di emettere debito a tassi molto bassi, ottenere rifinanziamenti, anticipare le scadenze e ridurre i costi di gestione, così da non avere debiti in scadenza per i prossimi, diciamo, due anni/due anni e mezzo, il che, in assenza di necessità di capitale, dà loro una certa flessibilità: i guadagni potrebbero rallentare un po’, ma la maggior parte di loro dovrebbe essere in grado di navigare oltre la tempesta. “Inoltre – aggiunge -, nonostante alcune debolezze, finora all’orizzonte non ci sono grandi segnali di rallentamento dei guadagni: la leva finanziaria è ancora molto bassa, la copertura degli interessi arriva da massimi storici e queste società hanno la capacità di onorare il proprio debito, oltre alla flessibilità necessaria per far fronte a un eventuale rallentamento dell’economia. Dunque, il mercato high yield appare complessivamente in buona salute e a breve non vediamo rischi di un’impennata del tasso di insolvenze”.

Lopez sottolinea però che quello del debito high yield è di certo un mercato in cui occorre essere piuttosto agili, ma molto dipenderà dal tipo di recessione che dovesse eventualmente verificarsi. “Se sarà leggera – chiarisce – non intravvediamo rischi di default su larga scala, ma, nel caso in cui si dovesse verificare uno shock esogeno, come quello che pensavamo di subire dopo il crollo della Silicon Valley Bank all’inizio dell’anno, potremmo dover assistere a un tasso di insolvenza molto più elevato rispetto alle previsioni. Per questo riteniamo sia fondamentale adottare un approccio attivo: quello del debito high yield non è un mercato in cui acquistare alla cieca credito o panieri di società. È necessario scavare piuttosto a fondo e selezionare solo quelle aziende che sarebbero in grado di superare una recessione, qualora dovesse verificarsi”.

Molto interessante, secondo l’esperto, è anche il mercato dei prestiti, che negli ultimi anni è stato dominato dalla domanda di Collateral Loan Obligation, che ad oggi rappresentano circa il 70% del mercato. “Per molto tempo – argomenta – i Clo hanno nutrito un fortissimo interesse per i prestiti, con il risultato che gli emittenti di prestiti potevano imporre tutti i vincoli che volevano a rendimenti molto bassi e all-in. Di conseguenza, abbiamo assistito a un numero sempre maggiore di emittenti che hanno introdotto strutture di capitale basate solo su prestiti, creando quindi una maggiore leva finanziaria nel mercato dei prestiti rispetto a quello delle obbligazioni. Ora nel mercato dei prestiti ci sono molte strutture di capitale ad alta leva finanziaria e molti emittenti di prestiti vengono colpiti dall’aumento dei tassi di interesse in tempo reale, con conseguente aumento delle spese per gli interessi e compressione dei margini. Sul mercato dei prestiti, quindi, manteniamo una posizione più cauta: nonostante ciò, se si dà la priorità all’aspetto qualitativo, in questo settore restano ancora molte opportunità”.

In conclusione, per Lopez entrando sul mercato high yield occorre sempre guardare al quadro generale, considerando i rendimenti complessivi e le possibili alternative. “Oggi, con rendimenti nell’ordine dell’8,5% e un’economia che sembra avere fondamentali sani, crediamo che per gli investitori pazienti sia un punto d’ingresso interessante per questa asset class. Il momento potrebbe essere migliore? Certamente, ma difficilmente si può entrare nel momento perfetto senza perdere rendimento nell’attesa”, conclude.

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