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Cina, 4 ragioni per tornare a investire

Dalla crisi dell’immobiliare al Covid, passando per stimoli economici e stretta normativa, secondo Robeco in Cina il peggio è ormai alle spalle

In Cina il peggio ormai è alle spalle e per gli investitori è giunto il momento di tornare a investire nel Paese asiatico. Ne è convinto Jie Lu, head of investments China di Robeco, che a sostegno della sue tesi cita quattro fattori.

In primo luogo, secondo l’esperto, anche se il crollo del mercato immobiliare e le difficoltà finanziarie dei costruttori continuano a fare notizia, il sistema bancario cinese ha tutte le risorse che servono per assorbire questo shock e non presenta alcun rischio sistemico. “Attualmente – spiega – il governo centrale sta incoraggiando le amministrazioni locali a trovare soluzioni per assicurare che gli sviluppatori possano completare quei progetti incompiuti già venduti. Temiamo che questo non sia sufficiente a invertire la tendenza che vede un calo delle vendite di abitazioni e degli investimenti immobiliari. Considerando che il calo dei prezzi degli immobili residenziali è stato causato dalla decisione del governo centrale di porre finalmente un freno agli sviluppatori, e considerando gli attuali problemi di finanziamento di questi ultimi, siamo fiduciosi che le autorità centrali interverranno con un sostegno politico mirato”.

In secondo luogo, la situazione pandemica si è stabilizzata con l’adozione di una politica di ‘Controllo zero Covid dinamico’ fino alla fine dell’anno; le misure sanitarie diverranno probabilmente meno restrittive nel tempo, specialmente se la politica viene rivista in occasione del prossimo congresso del partito nell’ottobre 2022. “Questa svolta – chiarisce Lu – è sostenuta da un programma vaccinale più aggressivo, che prevede la vaccinazione dell’80% degli ultrasessantenni entro la fine dell’anno, e dalla maggiore disponibilità di soluzioni terapeutiche a sostegno del settore sanitario. La Cina ha inoltre avviato un’analisi dei dati per valutare la probabile virulenza delle diverse varianti di Covid nel prossimo inverno al fine di orientare la definizione delle policy”.

In terzo luogo, il governo ha introdotto stimoli economici mirati. A differenza del periodo successivo al 2008, secondo l’esperto l’attuale programma ha una portata limitata, ma fornirà comunque un notevole sostegno alla crescita economica. “Il 25 agosto 2022 è stato annunciato un ulteriore pacchetto da 146 miliardi di dollari destinato a sostenere sia gli investimenti che i consumi – sottolinea -. In particolare, la ripresa della spesa in infrastrutture, grazie a nuovi stanziamenti per i finanziamenti alle amministrazioni locali e all’approvazione di nuovi progetti, farà ripartire l’attività edilizia, che era crollata durante la pandemia. Insieme a un moderato allentamento delle condizioni monetarie, queste misure sosterranno la crescita economica fino al 2023, in contrasto con la stretta attuata dalle banche centrali in Europa e negli Stati Uniti”.

Infine, quarta ragione, l’azione normativa contro la ‘platform economy’ cinese, che ha depresso le valutazioni dei titoli tecnologici, ha fatto il suo corso. “Durante una riunione del Politburo a fine luglio – argomenta Lu -, i leader cinesi hanno segnalato l’intenzione di dare il via libera a una serie di operazioni societarie nel settore tecnologico, indicando che quest’ultimo gioca un ruolo importante nel rilancio dell’economia cinese. Si tratta di un importante cambiamento di approccio, che ha risollevato il sentiment nel settore. La lunga disputa normativa con gli Stati Uniti sulla revisione contabile delle società cinesi quotate tramite Adr rimane irrisolto, nonostante l’accordo preliminare annunciato il 26 agosto 2022. Questo accordo costituisce un segnale incoraggiante della volontà delle due parti di giungere a un compromesso, ma la tendenza degli Adr a cercare una doppia quotazione a Hong Kong e/o potenzialmente sui listini cinesi ‘onshore’ è a nostro avviso destinata a continuare, con effetti positivi per il mercato cinese in futuro”.

Tenendo conto di questi quattro fattori, quindi, le prospettive per la Cina sono diventate più favorevoli e prevedibili di quanto non siano mai state dall’alba dell’era Covid all’inizio del 2020. “Il mercato delle A-share cinesi presenta in genere una bassa correlazione con i mercati azionari globali e, dato l’allontanamento della politica monetaria dalla traiettoria di Stati Uniti ed Europa, l’assunzione di un’esposizione alla Cina ha ancora più senso in un’ottica di diversificazione”, conclude Lu.

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