Secondo Pgim Fixed Income, la crescita del Dragone deve fare i conti con diversi venti contrari. E non sarà più un sostegno affidabile per l’economia globale
In Cina, il crescente divario geopolitico con l’Occidente comporta una strada accidentata per il commercio e ostacoli agli investimenti stranieri. Ma queste, secondo Magdalena Polan, head of Em macro research di Pgim Fixed Income, sono solo alcune delle sfide che la seconda economia mondiale deve affrontare. “Il rallentamento della crescita, l’invecchiamento della popolazione e l’eccesso dei risparmi stanno determinando un cambiamento fondamentale nell’economia cinese, il cui tasso di espansione ha superato i mercati sviluppati per gran parte degli ultimi tre decenni. Queste tendenze sfavorevoli contribuiscono a illustrare le difficoltà della Cina a rilanciare la propria economia dopo la pandemia Covid-19”, spiega.
La banca centrale del Paese ha tagliato i tassi di interesse di riferimento nel 2023 nella speranza di stimolare l’attività economica dopo che i dati hanno mostrato un calo delle esportazioni e dei prezzi al consumo in estate. Per l’esperta, una delle sfide che Pechino si trova ora ad affrontare è che il suo recente malessere economico arriva nonostante il suo stesso impulso alla politica industriale. “Nei prossimi anni, la capacità della Cina di stimolare la crescita appare limitata”, avverte.
Per la Polan, la forte spesa per nuove infrastrutture è stata un importante motore di espansione economica quando la Cina faceva gli straordinari per portare la sua economia nel XXI secolo. Ma ora le opportunità di migliorare le infrastrutture stanno diventando scarse, come dimostra l’abbondanza di appartamenti e di strade, aeroporti e linee ferroviarie sottoutilizzate. “Inoltre – precisa – la nazione sarà costretta a spendere di più per il pagamento del debito, limitando la sua capacità di spesa in altri settori. Il Fondo Monetario Internazionale stima che la crescita del PIL cinese passerà dal 5,2% previsto per il 2023 al 3,4% nel 2028: un’espansione ben lontana da quella a due cifre di due decenni fa”.
Con la Cina che potrebbe entrare in un’era di crescita più lenta, l’esperta fa notare che sono aumentate le aspettative per un’altra serie di prescrizioni politiche. “Finora – evidenzia – il governo cinese ha sostenuto la produzione interna di semiconduttori, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da altri operatori. I chip più sofisticati sono principalmente progettati e prodotti altrove. Nel frattempo, di fronte al crollo degli investimenti stranieri, i funzionari hanno presentato una proposta di allentamento delle norme che regolano gli investimenti delle imprese estere”.
Secondo la Polan, quindi, l’indebolimento delle prospettive suggerisce che il Dragone non sarà più un sostegno affidabile per l’economia globale come in passato. “In un outlook semestrale, la Banca Mondiale ha rivisto al ribasso le sue previsioni per le economie in via di sviluppo dell’Asia orientale come riflesso delle difficoltà della Cina, prevedendo una crescita del 4,5% nel 2024 dopo aver stimato in precedenza il 4,8%. In particolare, i rischi di ribasso del settore immobiliare cinese potrebbero pesare sulle economie regionali, come quella della Mongolia, a causa del calo della domanda di materiali da costruzione”, conclude.