Tassi, tassazione, dividendi e M&A sono tra i motivi che spingono WisdomTree a credere che è in arrivo un momento di svolta per gli istituti italiani
Le banche Italiane sono reduci da un decennio di difficoltà a causa di tassi di interessi e redditività molto bassi, crediti deteriorati e da smaltire attraverso cessioni e svalutazioni, vincoli sempre più stringenti di rafforzamento del capitale, eroso nel frattempo dalle perdite. Ma secondo Piergiacomo Braganti, director research di WisdomTree, questo e i prossimi anni possono rappresentare un momento di svolta.
L’esperto vede almeno cinque ragioni a sostegno di questa tesi. La prima è che i tassi di interesse dovrebbero tornare a crescere (e in parte lo stanno facendo) e con loro il margine di interesse, ovvero il margine derivante dall’attività bancaria. “La graduale risalita dei tassi attivi e la difesa, per ora facile, di una provvista (funding) a costo zero, dovrebbe essere ragionevolmente possibile”, sostiene.
Poi è atteso un aumento dei ricavi da servizi, tipicamente remunerati su base commissionale, e principalmente da servizi di pagamento, incasso e riscossione, intermediazione di titoli, trading di titoli, asset management e forme previdenziali. Terza ragione, stando a Braganti, è che gli analisti prevedono un calo dei costi operativi, come esito della cura dimagrante su reti di sportelli, personale (in numero, età media e retribuzione), e degli investimenti in fintech, che ha reso i clienti sono sempre più autonomi con l’home banking.
È poi anche previsto un calo degli accantonamenti e delle rettifiche sui crediti, grazie al lavoro di ‘pulizia di bilancio’ degli anni scorsi che ha drasticamente ridotto i crediti non performanti nell’attivo delle banche e grazie anche a una maggiore selettività nelle nuove erogazioni, mentre per alcune banche quotate sugli utili dei prossimi anni è immaginabile un livello di tassazione più leggero, grazie al ‘recupero fiscale’ delle perdite sofferte nei passati esercizi.
“Inoltre, alla fine del 2021 le banche potranno tornare a pagare dividendi, superando i limiti attualmente in vigore sino al 30 settembre 2021 – prosegue Braganti -. Vale la pensa anche menzionare che il governo italiano e la Commissione europea spingono per una maggior concentrazione nel settore e la Banca Centrale continuerà a garantire denaro in abbondanza e a costo zero o negativo al sistema del credito”.
Intanto, come fa notare l’esperto, nei primi 3 mesi di quest’anno il dato sugli impieghi a residenti italiani è cresciuto del 6,5% anno su anno, con prestiti al settore privato (famiglie e società non finanziarie) saliti del 2,9% anno su anno e dello + 0,5% mese su mese in marzo: questi incrementi sono stati favoriti dalle iniziative del governo a sostenere e garantire l’indebitamento di famiglie e società, che ha canalizzato la liquidità iniettata dalla Bce principalmente attraverso i Tltro.
A marzo 2021, prosegue l’analisi dell’esperto, il tasso di interesse attivo medio, praticato alle imprese sulle nuove erogazioni, è cresciuto di 12 punti base rispetto al mese precedente, mentre il tasso su quelli destinati alle famiglie, principalmente sui mutui, è aumentato di 7 bps mese su mese. Il costo della raccolta, sempre meno dipendente da emissioni obbligazionarie, resta ancora stabilmente basso, a 0,33%. La liquidità del sistema è sempre sovrabbondante, con saldi liquidi sui depositi di conto corrente che segnano il record storico di euro 1.357 miliardi. Al tempo stesso, gli investimenti delle banche italiane in titoli nazionali del debito pubblico italiano sono chiaramente diminuiti: 426 miliardi di euro, -5% trimestre su trimestre, alleggerendo il rischio di concentrazione e il potenziale di perdite in uno scenario di rimbalzo dei tassi.
“Se si guarda alla qualità dell’attivo di bilancio alla chiusura del primo trimestre 2021, notiamo che i crediti deteriorati lordi e netti sono stabili attorno a 52 e 20 miliardi di euro circa rispettivamente, con un grado di copertura delle possibili perdite future stabile attorno al 61%”, sottolinea.
Intanto, si consolida la prospettiva che il governo italiano possa ridefinire ed ampliare i vantaggi fiscali in caso di aggregazioni e fusioni bancarie, a cominciare dalle cosidette Dta, volti anche a facilitare la cessione della quota di maggioranza assoluta detenuta dello Stato Italiano nella Banca Montepaschi di Siena, che dovrebbe aver luogo entro la fine del 2021. “In un’immaginaria fusione che coinvolge Unicredit/Banco Popolare e Mps, la storica banca senese, pur essendo il partner più piccolo, sarebbe il soggetto che porterebbe in dote il massimo vantaggio in termini di Dta, calcolabile in un ‘abbattimento’ ante-imposte di circa 3 miliardi di euro. Vi sono dunque buone e molte ragioni che rendono il settore bancario italiano particolarmente interessante per gli investitori”, conclude Braganti.