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Ipo Coinbase, il bitcoin verso nuovi record

Un buon debutto della piattaforma sul Nasdaq potrebbe spingere la regina delle criptovalute. Ma per Swissquote il rischio bolla rimane

Il bitcoin potrebbe toccare un nuovo record in vista della tanto attesa Ipo di Coinbase. Un buon debutto al Nasdaq, infatti, rappresenterà il primo incontro ufficiale tra la tradizionale via finanziaria e il percorso alternativo delle criptovalute, e un eventuale nuovo successo del Nasdaq significherebbe che anche gli investitori tradizionali hanno sdoganato le criptovalute. È la tesi di Ipek Ozkardeskaya, senior analyst di Swissquote, secondo cui un’altra conseguenza sarebbe che il simbolo di tutte le criptovalute, il bitcoin, potrebbe apprezzarsi in maniera importante proprio sul raggiungimento di questo importante traguardo.

“Altre notizie interessanti sono arrivate da Binance – argomenta Ozkardeskaya -, che ha lanciato token azionari sulla sua borsa per consentire agli investitori di acquistare una frazione di un’azione che negozia su una borsa valori tradizionale. Binance manterrà un portafoglio di azioni sottostanti per sostenere i token. Questi ultimi sviluppi sono un segno che le criptovalute si stanno facendo strada verso la finanza tradizionale e potrebbero presto entrare in competizione con le banche”.

Ma l’analista sottolinea che la notizia non è necessariamente positiva per il bitcoin, sebbene lo sia per gli scambi di criptovaluta e in particolare per Coinbase questa settimana. “Bitcoin, il simbolo delle criptovalute, continuerà a beneficiare di questa cripto-mania fino a quando gli investitori non si renderanno conto che la prima criptovaluta funge solo da ‘cover’, senza però essere essenziale per l’esistenza delle criptovalute. Ecco perché il rischio di vedere scoppiare la bolla dei prezzi del bitcoin rimane forte nonostante gli sviluppi positivi fin qui raggiunti”, avverte.

Certo, il bitcoin sarà scosso da dati sull’inflazione potenzialmente forti negli Stati Uniti. “Oggi dobbiamo fare un discorso serio sull’inflazione – afferma Ozkardeskaya – perché gli Stati Uniti pubblicheranno i loro ultimi dati sull’inflazione e oggi potrebbe essere il giorno in cui inizieremo a vederla decollare. Gli ultimi dati sui prezzi alla produzione hanno suggerito un aumento dei prezzi di fabbrica oltre il 4% su base annua, sulla scia dei maggiori costi energetici e della carenza globale di chip. È una questione di tempo prima che i costi di produzione sensibilmente più alti inizino a riflettersi sui prezzi al consumo. Secondo un consenso delle aspettative degli analisti, l’inflazione statunitense potrebbe essere balzata al 2,5% su base annua a marzo, dall’1,7% registrato un mese prima”.

Secondo l’analista, la reazione del mercato ai dati sull’inflazione dipenderà ovviamente dai numeri, ma anche da quanto gli investitori sono pronti ad accettare la previsione di Jerome Powell che un’inflazione più elevata non durerà abbastanza a lungo da compromettere il target medio di inflazione al 2% della Federal Reserve. “Jerome Powell continuerà a ripetere che l’inflazione non è un problema a lungo termine – mette in guardia -, ma se esiste la possibilità che un’accelerazione al 2,5% sia già scontata e possa essere tollerata da un investitore medio, un rilascio superiore al 2,5% potrebbe scatenare il panico tra i falchi della Fed, portare i rendimenti statunitensi e il dollaro Usa ancora più in alto e colpire al ribasso gli indici azionari statunitensi, in particolare i titoli tecnologici”. 

“I principali indici statunitensi hanno chiuso la sessione di lunedì leggermente al ribasso, con i titoli tecnologici che hanno riportato perdite. L’attività sui futures statunitensi suggerisce che gli investitori non sono sereni mentre si avvicina il rilascio dei dati. Il rendimento a 10 anni degli Stati Uniti flirta con l’1,70%. L’oro, la più nota copertura contro l’inflazione, potrebbe beneficiare dell’aumento dell’inflazione statunitense, se e solo se la pressione positiva sui rendimenti statunitensi rimarrà contenuta”, conclude Ozkardeskaya.

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