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Come investire dopo la Fed

Per Integrae Sim, il pericolo è che Powell si sia mosso in ritardo possa creare movimenti disordinati soprattutto nel settore creditizio. “Continuiamo a preferire le azioni alle obbligazioni”

Come atteso dalla maggior parte degli operatori, la Fed ha alzato i tassi Usa di mezzo punto (e non di 75 pb). Un ritocco, il primo di questa entità dal 2000, che arriva dopo quello di un quarto di punto della scorsa riunione, a marzo, facendo segnare quindi due rialzi consecutivi per la prima volta dal 2006.

Jerome Powell e colleghi hanno insomma preferito alzare i tassi di 0,50 bp, ma ridurre meno del previsto il proprio bilancio: 47,5 miliardi da giugno fino a salire a 95 miliardi a settembre. I tassi d riferimento dei Fed funds sono ora all’interno di una forchetta compresa tra 0,75% e 1%. Secondo il numero uno della banca centrale Usa, le spese dei consumatori e gli investimenti rimangono forti e l’economia è alla piena occupazione.

“Per quanto riguarda i prossimi rialzi – osserva Antonio Tognoli, head of research di Integrae Sim -, Powell ha detto chiaramente che questi potrebbero essere di ulteriori 0,5 bp per i prossimi due meeting (0,75 bp non è qualcosa che il Fomc sta prendendo seriamente in considerazione), anche se le decisioni finali verranno prese in concomitanza dei singoli meeting. Gli squilibri causati da due anni di pandemia, esasperati dalla guerra e da tutti gli eventi a questa collegati, stanno creando ulteriori pressioni verso l’alto dell’inflazione e peseranno probabilmente sull’intera attività economica (il primo campanello d’allarme è stata la variazione del Pil negativo dell’1,4%)”.

“Francamente vediamo una Fed che si muove sui mercati con non poche difficoltà – sottolinea l’esperto -. Il convincimento di Powell è che i prezzi si stabilizzino presto e senza recessione (ma il Pil del 1Q22 è stato inaspettatamente negativo), così come diverse volte ha affermato che l’inflazione è ‘too high’ (ma solo tre/quattro mesi fa diceva che era sicuramente transitoria). Molto vaga ed evasiva è stata poi la risposta alla domanda che chiedeva se i rialzi previsti non avrebbero finito per uccidere la crescita economica”.

Per l’esperto, è vero che l’inflazione è elevata, ma è in gran parte dovuta alla crescita dei costi sui quali l’azione della Fed può fare ben poco. Quello su cui possono far leva i tassi sono invece i consumi, visto che oltre il 70% è finanziato da debito. “La flessione dei consumi porta sicuramente ad un raffreddamento della crescita dei prezzi, ma si porta dietro anche una riduzione del Pil – sottolinea -. Da capire se che con i rialzi ‘programmati’, l’economia possa scivolare in stagflazione. La sensazione è che la Fed si sia mossa troppo in ritardo rispetto ai dati che chiedevano interventi più rapidi e magari meno invasivi e possa ora creare movimenti disordinati soprattutto nel settore creditizio, dove la politica monetaria incontra l’economia reale”.

Quanto ai mercati, la strategia di Integrae Sim non cambia. “In questa fase riteniamo quindi che gli investitori dovrebbero guardare con cautela ad un allungamento della duration del portafoglio obbligazionario – avverte Tognoli -. Inoltre, considerato l’appiattimento relativo della curva, il rendimento incrementale per detenere scadenze più lunghe potrebbe non essere del tutto compensato dal più elevato rischio”. 

Da non sottovalutare, a detta dell’esperto, lo scenario geopolitico, non solo fra Russia ed Ucraina, ma anche fra la Cina e Taiwan, dove la guerra civile si è fermata solo formalmente con la firma del trattato di pace, ma i due Paesi sono tecnicamente ancora in stato di guerra. 

“Nel lungo periodo, continuiamo a preferire le azioni piuttosto che le obbligazioni. La nostra convinzione continua ad essere quella di privilegiare l‘investimento in azioni, almeno fintanto che i tassi di interesse reale rimarranno negativi, privilegiando le aziende di quei settori che sono in grado di aumentare i prezzi finali di vendita ad un aumento dei costi complessivi di produzione”, conclude Tognoli.

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