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Credito, vademecum per il secondo semestre

Per Schroders, inflazione e bassa crescita continueranno ad essere un problema. Per questo un’attenta selezione dei titoli rimane fondamentale. Ecco i settori da monitorare

La volatilità che ha caratterizzato l’inizio dell’anno per i mercati delle obbligazioni corporate si è un po’ calmata e sembra che le principali economie siano riuscite a evitare una profonda recessione. Tuttavia, con l’Europa che si sta ancora adattando agli ultimi aumenti dei tassi da parte della Bce, l’inflazione elevata e la bassa crescita continuano a essere un problema sia lì sia altrove. “Ci aspettiamo che l’economia continui a rallentare. Sembra che la recessione dei mercati sviluppati, prevista per la prima parte dell’anno, sia solo rimandata, molto probabilmente alla seconda parte dell’anno. Anche l’ottimismo sulla riapertura della Cina sta svanendo, con gli ultimi dati che mostrano una crescita più debole del previsto”, affermano Julien Houdain e Martin Coucke, rispettivamente head of global unconstrained fixed income e credit portfolio manager di Schroders.

Tuttavia, i due esperti si aspettano che un’eventuale recessione sia piuttosto superficiale. E, a loro parere, ci sono segnali positivi: il tasso mensile di inflazione, ad esempio, è già rallentato parecchio grazie alle misure di quantitative tightening adottate dalle banche centrali, ed è probabile che continui. Potrebbero esserci altri rialzi all’orizzonte, ma in generale sembra che le banche centrali stiano iniziando a rallentare, almeno per ora. “Il contesto attuale è difficile da gestire – avvertono -, quindi un’attenta selezione dei titoli rimane fondamentale per generare rendimenti. Gli investitori nel settore del credito dovrebbero anche tenere d’occhio la quantità di rischio che stanno assumendo e la duration del loro portafoglio per tenere conto del rallentamento economico e per fornire un migliore cuscinetto contro l’attuale contesto dei tassi”.

Cosa aspettarsi sul fronte dell’inflazione

Sul fronte dell’inflazione, sembra che la situazione stia cambiando. I mercati sembrano essere d’accordo, dato che attualmente prevedono un calo significativo nei prossimi 6-12 mesi. Quindi i tassi terminali sono probabilmente vicini al loro picco, almeno negli Stati Uniti. In Europa potrebbe volerci un po’ di più, ma anche lì si dovrebbe essere vicini ai tassi terminali. Il Regno Unito dovrebbe seguirla a breve distanza. “Tuttavia – sottolineano Houdain e Coucke – nonostante l’inversione di tendenza dell’inflazione, possiamo aspettarci di operare ancora a lungo in un contesto di inflazione e tassi di interesse elevati, il che manterrà alta anche la volatilità. Eventi come la crisi dei Gilt britannici e, più di recente, le turbolenze nel settore bancario statunitense, sono buoni esempi di come le cose possano cambiare molto rapidamente nell’attuale contesto”.

La flessibilità resta fondamentale

La selezione attiva delle obbligazioni è quindi, a loro parere, fondamentale perché aiuta gli investitori a evitare le insidie dei mercati volatili. “L’attenzione deve essere rivolta alla scelta delle aziende giuste e ad evitare le crisi – precisano -. Attualmente, ci sono diversi scenari su come potrebbero evolvere le cose da qui in poi. Se l’economia ci mettesse un po’ a rallentare, l’inflazione potrebbe ricominciare a salire, il che costringerebbe le banche centrali ad alzare ulteriormente i tassi di interesse. Finora l’economia è rimasta sorprendentemente forte, se si escludono alcune crepe nel settore bancario. Per questo è importante essere flessibili e in grado di cambiare le proprie prospettive a seconda di ciò che osserviamo sul mercato e di ciò che ci dicono i dati più recenti”.

Settore bancario: c’è il rischio di escalation?

Quanto alle banche, secondo Houdain e Coucke è importante fare una distinzione tra il settore statunitense e quello europeo. “Le banche statunitensi operano in un mondo a sé stante e il mercato è molto frammentato – spiegano -. Le banche statunitensi più piccole sono inoltre molto più esposte al settore immobiliare commerciale rispetto alle loro omologhe europee, il che significa che in Europa non stiamo assistendo alla stessa quantità di deflussi di depositi che si registrano negli Stati Uniti. In definitiva, è stata soprattutto la mancanza di regolamentazione a portare alla crisi bancaria statunitense. Il fallimento di Credit Suisse è stato più il risultato di anni di cattiva gestione che un problema sistemico del settore bancario europeo. Le attuali turbolenze sono quindi molto più incentrate sugli Stati Uniti e noi rimaniamo cauti. Tuttavia, il settore bancario statunitense dovrebbe essere in grado di superare abbastanza bene la tempesta. Al momento ci sono molte opportunità interessanti se si sa dove guardare”.

I settori sotto la lente

Dato che per i due esperti di Schroderse l’economia continuerà a rallentare e probabilmente in futuro si assisterà a un maggior numero di insolvenze, sono da tenere in considerazione le società investment grade. “Se si guarda ai diversi temi – fanno notare – le società difensive che offrono un reddito stabile nonostante la volatilità del mercato dovrebbero ottenere risultati migliori in questo contesto rispetto alle loro controparti più cicliche. L’attenzione dovrebbe essere rivolta a società con profili aziendali resilienti e sostenibili, con una buona capacità di generare flussi di cassa per far fronte a costi di finanziamento potenzialmente più elevati”. 

Per Houdain e Coucke, il settore immobiliare è quello che attualmente si distingue e rappresenta probabilmente la maggiore opportunità di generare alpha, dato che gli spread sono prossimi ai massimi storici. “Nonostante il vento contrario derivante dall’aumento dei tassi d’interesse, non si è verificato un deterioramento significativo dei fondamentali, poiché l’indicizzazione degli affitti all’inflazione ha compensato l’impatto negativo derivante dall’aumento dei rendimenti. Il settore logistico europeo appare particolarmente interessante, in quanto è ancora incline a beneficiare dell’ulteriore adozione dell’e-commerce. In questo ambito, l’Europa deve ancora recuperare terreno rispetto a Paesi più avanzati come il Regno Unito o gli Stati Uniti”, concludono.

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