Investi

Crisi e volatilità: restare investiti paga (lo dicono i numeri)

Risparmi

Moneyfarm ha analizzato il comportamento di 33.500 investitori durante la pandemia e l’invasione dell’Ucraina. Ecco chi ha ottenuto i redimenti migliori

Nei periodi di forte volatilità gli investitori sono sottoposti a un livello di stress molto elevato. Assistere alla perdita di valore dei propri investimenti è senz’altro un’esperienza traumatica, anche se in realtà la perdita non si concretizza fino al momento in cui si decide di disinvestire, ossia di vendere i propri asset finanziari. 

Durante la crisi ucraina, così come allo scoppio della pandemia, si è assistito a una volatilità fuori dalla norma sui mercati ed è proprio in queste situazioni che si amplificano i bias (distorsioni) cognitivi più comuni tra gli investitori. Certo, è normale farsi prendere dal panico di fronte a una discesa importante dei mercati come quella registrata a marzo 2020 (quando i listini azionari hanno perso oltre il 30% e il Viix ha raggiunto livelli superiori a quelli del 2008) così come lo è oggi con il forte calo registrato dopo l’invasione dell’Ucraina a fine febbraio. 

Ma è proprio in questi momenti che l’educazione finanziaria e il supporto di un esperto possono veramente fare la differenza, perché aiutano l’investitore a gestire l’emotività e rappresentano realisticamente l’unico vero appiglio per non farsi travolgere dall’alluvione delle notizie, diventare preda dell’irrazionalità e perdere di vista il senso dell’investimento che si è fatto, l’orizzonte temporale e i propri obiettivi. La storia insegna che le scelte dettate dall’emotività possono portare a compiere errori che hanno un costo. Un costo che Moneyfarm ha calcolato andando ad analizzare il comportamento degli investitori.

Moneyfarm ha infatti analizzato il comportamento di 33.500 clienti e ha individuato 3 tipologie di investitori. Il primo tipo di investitore è il ‘lungimirante’, cioè colui che è rimasto investito, fedele al proprio piano di investimento di lungo termine. Il secondo è invece lo ‘speculatore’, che ha provato a ‘battere il mercato’ (ossia anticipare la presunta fase negativa) disinvestendo almeno un terzo del proprio portafoglio tra marzo e giugno 2020 per poi rientrare successivamente sul mercato con un nuovo investimento. Il terzo, infine, è lo ‘spaventato’, che ha disinvestito completamente.

Per dimostrare i risultati concreti di questi tre comportamenti adottati durante la pandemia, Moneyfarm ha paragonato la performance mediana dei portafogli di questi clienti in una finestra temporale che va da gennaio 2019 a dicembre 2021. Ebbene, gli investitori ‘lungimiranti’ hanno ottenuto un rendimento mediano del 16,8%, gli ‘speculatori’ un rendimento del 12,8%, mentre gli ‘spaventati’ sono usciti con un 3,2%.

“Non stupisce che la scelta di uscire dal mercato, durante o subito dopo lo scoppio della pandemia, sia risultata quella peggiore – commentano da Moneyfarm -, perché non ha consentito agli ‘spaventati’ di beneficiare del recupero dei mesi successivi, un recupero la cui portata era decisamente difficile prevedere. Particolarmente interessante è il paragone tra ‘lungimiranti’ e ‘speculatori’: questi ultimi hanno provato, più o meno consapevolmente, a ‘battere il mercato’ disinvestendo temporaneamente per poi provare a reinvestire in un momento giudicato più favorevole. Ma individuare questo momento, quello davvero giusto per capitalizzare i rendimenti e approfittare della ripresa, è estremamente complesso e infatti i rendimenti di questi investitori sono stati inferiori a quelli degli investitori ‘lungimiranti’”.

Per gli esperti di Moneyfarm possono essere diversi i fattori che entrano in gioco a determinare un comportamento piuttosto che un altro in queste situazioni, ma in genere sono le distorsioni cognitive come l’overconfidence, loss aversion e present bias a giocare un ruolo chiave. “A far credere agli ‘speculatori’ di poter azzeccare i momenti giusti per uscire e poi rientrare sul mercato – osservano – è spesso un’eccessiva sicurezza nelle proprie capacità predittive, l’overconfidence appunto. Loss aversion e present (o short) term bias sono costati ancora più cari agli investitori: l’avversione alle perdite e il peso eccessivo attribuito al presente piuttosto che al futuro hanno plausibilmente fatto uscire gli Spaventati dal mercato la paura di perdite nel breve periodo”.

Negli investimenti, si sa, non si possono prendere come riferimento gli scenari passati per prevedere con esattezza il futuro. Tuttavia, questi dati servono a rendersi conto che nelle fasi di volatilità sui mercati, anche quelle più estreme e difficilmente replicabili come quella del 2020, agire sulla scia delle emozioni o ‘uscire e rientrare’ sui mercati può rivelarsi una scelta costosa. “È vero che durante la pandemia abbiamo visto i mercati recuperare in modo straordinariamente rapido, ma è vero anche che il mercato si è sempre ripreso da tutte le crisi avvenute in passato, anche le più drammatiche – spiegano gli esperti -. Semmai il tema è quanto tempo sia necessario per recuperare ed è per questo che avere un orizzonte temporale lungo è fondamentale per investire con successo; si noti che, dal secondo Dopoguerra, sono serviti in media 13 mesi ai mercati per passare dai massimi ai minimi e in media 27 mesi per recuperare le perdite”.

Una strategia d’investimento lungimirante, che minimizza la volatilità nel tempo, unita al supporto di una consulenza professionale che aiuta a gestire la pressione emotiva rappresentano l’antidoto migliore agli imprevisti. Molti investitori hanno potuto capirlo e apprezzarlo, come si evince dalla seconda parte dell’analisi Moneyfarm, che è andata a indagare come si sono comportati quegli stessi investitori durante la crisi scatenata dall’invasione dell’Ucraina. Il 100% dei ‘lungimiranti’ ha infatti scelto il medesimo approccio adottato durante la pandemia mentre il 91% degli ‘speculatori’ questa volta ha scelto di non uscire dal mercato ed è diventato ‘lungimirante’ in seguito all’esperienza della crisi precedente e, ovviamente, ai risultati. 

Interessante, infine, far emergere il comportamento dei nuovi investitori, coloro che hanno iniziato a investire nei portafogli Moneyfarm nel 2021 e quindi non avevano fatto esperienza della crisi innescata dalla pandemia sui mercati: la loro propensione al disinvestimento è risultata 16 volte superiore a coloro che invece avevano già vissuto lo stress test della pandemia.

“Sappiamo benissimo che non è affatto facile restare fedeli al proprio piano di investimento quando i mercati crollano, a maggior ragione in periodi di forte incertezza globale come quello che stiamo vivendo nostro malgrado – commenta quindi Andrea Rocchetti, head of investment advisory di Moneyfarm -. Ma questo studio che abbiamo condotto a Moneyfarm (e che aggiorneremo periodicamente) continua a dimostrare, risultati alla mano, che restare investiti paga. Mi fa molto piacere che la quasi totalità dei nostri clienti, inclusi quelli che avevano provato a fare market timing durante la pandemia, abbia adottato un approccio agli investimenti lungimirante, dimostrando di comprenderne i vantaggi”. 

“Vista la volatilità a cui assistiamo ancora a maggio, questo approccio è quanto mai attuale. La volatilità sui mercati è incredibilmente comune ma le migliori azioni da intraprendere rimangono sempre le stesse. Soprattutto in queste circostanze il nostro impegno è a fianco dei clienti, per aiutarli a compiere le scelte più giuste per loro, ribilanciando i portafogli quando opportuno e offrendogli una guida e un supporto continuo”, conclude Rocchetti.

Commenta

Articoli correlati

Giappone, nel 2024 emergeranno molte opportunità 

Enzo Facchi

Da Axa Im tre Etf sugli Stati Uniti

Enzo Facchi

Cina, è ora di tornare a puntare sul Dragone

Enzo Facchi
UA-69141584-2