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Dollaro, perché l’inversione di tendenza sarà duratura

Per Gam Investments, la recente inversione di tendenza del dollaro può segnare l’inizio di un mutamento molto più significativo. Per una serie di cambiamenti strutturali

Il 2022 ha rappresentato una svolta strutturale nel panorama degli investimenti: l’esperimento della politica dei tassi a zero è ormai definitivamente alle spalle. La pandemia e la guerra tra Russia e Ucraina hanno posto fine all’era della crescente e indiscussa globalizzazione. Molte asset class hanno subito correzioni estreme, ma una caratteristica del precedente contesto d’investimento è rimasta: il dollaro ha continuato ad apprezzarsi, forte dei guadagni relativi registrati durante il periodo di tassi a zero. “Dall’ottobre dello scorso anno questa tendenza ha iniziato a cambiare. Riteniamo che la recente inversione di tendenza del dollaro possa segnare l’inizio di un cambiamento molto più significativo”, osserva David Dowsett, global head of investments di Gam Investments.

Secondo l’esperto, i cambiamenti strutturali che si verificheranno con la crescente regionalizzazione del mondo e l’attenzione alla resilienza e alla sicurezza, piuttosto che all’efficienza e ai guadagni in conto capitale, porteranno probabilmente a concentrarsi maggiormente sugli asset del mondo reale. “Questo non significa sminuire la ricerca di una costante evoluzione tecnologica, ma non sarà l’unica fonte di investimenti redditizi nel prossimo decennio”, precisa Dowsett, sottolineando che questi asset del mondo reale, per definizione, sono ubicati in modo più significativo in altri Paesi rispetto agli Stati Uniti. “La politica governativa globale si concentrerà sul premiare coloro che vivono a Main Street, non a Wall Street. Ciò comporta un riassetto fondamentale della struttura delle economie globali che aumenterà il rendimento prospettico degli investimenti nell’economia reale, piuttosto che la precedente eccessiva attenzione per le attività finanziarie” avverte Dowsett.

Vale quindi la pena considerare questo aspetto per il dollaro. “La valuta è rimasta forte nonostante i crescenti deficit gemelli proprio perché abbiamo vissuto in un mondo in cui la domanda è carente – chiarisce -. Quando non ci sono interessanti opportunità di investimento nel mondo reale, il capitale globale viene reindirizzato in attività finanziarie, e gli Stati Uniti sono gli ovvi beneficiari, con i mercati dei capitali più ampi e liquidi del mondo. Quando questo equilibrio cambia, il quadro dei flussi di capitale cambierà di conseguenza”. Per Dowsett, il recente fallimento della Silicon Valley Bank e la conseguente debolezza del settore bancario regionale ricordano proprio che una maggiore esposizione ai mercati dei capitali comporta sia rischi che vantaggi. “Un maggiore interventismo normativo ha frenato le attività finanziarie non statunitensi nell’ultimo decennio, ma forse ora sarà vista come una virtù prudenziale”, osserva.

Inoltre, a suo dire, mentre la maggior parte dell’attenzione a breve termine per il tetto del debito potrebbe riguardare le tribune politiche di Capitol Hill, potrebbe anche rivelarsi il catalizzatore per concentrarsi sulla debolezza a lungo termine associata a un indebitamento sempre crescente. “Molti Paesi hanno registrato un’impennata dell’indebitamento a lungo termine a partire dal 2008 – fa notare -, ma gli Stati Uniti in particolare sono stati in grado di sfruttare il ‘grande privilegio’ dello status di valuta di riserva globale per aumentare la spesa fiscale senza essere soggetti alle norme di mercato. Durante il periodo dei tassi d’interesse a zero, gli Stati Uniti hanno pagato in media solo l’1,5% del PIL, nonostante una serie crescente di spese apparentemente intoccabili”.

Anche se in un futuro ancora lontano, il Congressional Budget Office prevede che entro il 2031 i pagamenti dei programmi assistenziali, le spese obbligatorie e gli interessi supereranno le entrate del governo. Per Dowsett, si tratta di un punto critico. “Gli Stati Uniti non sono certo l’unico Paese a dover affrontare una simile sfida sul debito, ma sono gli unici che attualmente mostrano un atteggiamento così cavilloso, almeno tra la classe politica, nel mantenere la piena fede e il credito, proprio quando la loro dipendenza dal mercato sta per aumentare in modo significativo – prosegue -. Naturalmente la riforma fiscale è sempre possibile: questo è l’obiettivo professato da alcuni elementi del Partito Repubblicano al Congresso, anche se i suoi risultati di governo non supportano le sue pretese di rettitudine fiscale. Il problema diventa ancora più acuto se confrontato con le tendenze politiche a favore di una politica industriale più attiva e di un aumento della spesa per la difesa, che probabilmente saranno entrambe vincenti per il resto del decennio”.

Qualsiasi riconsiderazione di questi aspetti, per Dowsett può provocare una rivalutazione più generale della saggezza prevalente degli allocatori globali di asset eccessivamente concentrati in dollari. “Credo che questo sarà un importante fattore di rendimento per i prezzi degli asset nel 2023… e anche oltre”, conclude.

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