Per Jupiter Am, gli investitori dovrebbero guardare alla stabilità di alcune grandi aziende e alle grandi opportunità offerte dalla “battaglia degli ecosistemi”
Quando quest’anno Warren Buffett ha acquistato una quota del 5% in cinque delle più grandi aziende giapponesi ha fatto notizia ma, ancora prima che l’Oracolo di Omaha facesse la sua mossa, il Giappone stava già ritornando sotto i riflettori globali. “Come investitori di lungo periodo nel Paese, non ci sorprende che il mondo si stia accorgendo di ciò che il Giappone ha da offrire”, commentano Dan Carter e Mitesh Patel, gestori del fondo Jupiter Japan Select di Jupiter Am, che puntano l’attenzione su due temi dei mercati giapponesi di cui gli investitori dovrebbero essere consapevoli per il 2021: un’area di stabilità e una ricca di opportunità.
Il modo conservatore in cui molte grandi aziende giapponesi sono gestite, molte volte con pochissimi debiti, è stato spesso criticato dagli osservatori perché inefficiente. “Ma questo conservazionismo finanziario – affermano i due gestori – è diventato il più grande punto di forza del Giappone nel 2020 e si trova in netto contrasto con molte aziende in tutto il mondo che devono affrontare cancellazioni dei dividendi o addirittura l’insolvenza. Ci aspettiamo che le prospettive dei dividendi per il Giappone rimangano promettenti, con aziende in grado e disposte a pagarli. Il debito delle aziende giapponesi, generalmente basso, e il forte profilo patrimoniale, lascia il Giappone in una posizione favorevole per far fronte a un’ulteriore volatilità che potrebbe riapparire nel 2021”.
Nel frattempo, per quanto riguarda lo shock economico causato dal virus stesso, l’approccio ‘cluster-busting’ del Giappone nella gestione delle epidemie, a detta di Carter e Patel è stato finora relativamente efficace nel contenimento del virus, fornendo una spinta alle prospettive per le aziende nazionali. Guardando alla crisi finanziaria globale, quando il settore aziendale giapponese era molto più articolato di quanto non lo sia ora, quasi il 60% delle aziende giapponesi ha mantenuto o addirittura aumentato i propri dividendi in quel periodo. “La nostra ipotesi è quindi che la volontà e la capacità delle aziende giapponesi di pagare i dividendi rimarrà forte”, spiegano aggiungendo che una domanda chiave per il 2021 sarà in che misura il nuovo primo ministro Suga continuerà ad esercitare pressioni sull’industria della telefonia mobile, che è sia redditizia sia uno dei principali distributori di dividendi.
Secondo i due gestori, un problema sottovalutato ma di crescente importanza nel business giapponese rivolto ai consumatori è la battaglia degli ‘ecosistemi’. Questo termine viene usato per descrivere un gruppo di aziende, affiliate in varia misura, che si affidano l’una all’altra, attraverso promozioni, sconti e sistemi a punti, per attirare maggiormente l’attenzione del cliente e, in ultima analisi, il denaro. “La semplice affiliazione ad un ecosistema di successo può essere la base del vantaggio competitivo di un’azienda per gli anni a venire – osservano -. Il numero e la portata di queste numerose associazioni sono indeterminati e quindi il loro valore è ignoto. Ma ciò che ci è chiaro è che le opportunità, forse stranamente, favoriscono i piccoli attori dell’ecosistema (pensate alle applicazioni e ai servizi per i pagamenti, le recensioni, le prenotazioni, etc). Per loro non c’è quasi nessun aspetto negativo nell’affiliarsi e le risorse che vengono offerte dal loro sponsor finale possono essere notevoli man mano che la battaglia contro gli altri ecosistemi si intensifica”.
Determinare esattamente cosa sia un ecosistema e cosa non lo sia è talvolta complicato, ma spesso è lampante. “Un chiaro esempio potrebbe essere una società di servizi di telefonia mobile la cui agenda principale è l’acquisizione di milioni di abbonati che può gestire con gli sconti e i punti accumulati e a cui può vendere sempre più servizi – argomentano Carter e Patel -. Le reti di telefonia mobile, e i milioni di clienti affezionati che portano con sé, sembrano essere beni di enorme valore per ecosistemi ambiziosi. Questa considerazione vale anche per i player più affermati delle telecomunicazioni: una presentazione degli investitori che abbiamo visto recentemente dichiarava come obiettivo diventare ‘indispensabili per la vita quotidiana’. È chiaro che lo stesso terreno di battaglia commerciale sarà combattuto da aziende provenienti da mercati di origine significativamente diversi. Così come le basi di clientela altamente stabili dell’industria delle telecomunicazioni sono diventate ambite, così potrebbero esserlo anche altri gruppi di clienti persistenti: i mercati dei mutui, delle assicurazioni e dei servizi di pubblica utilità potrebbero essere il prossimo campo di battaglia”.
“Comprensibilmente gli investitori hanno altre questioni più attuali con cui confrontarsi rispetto a questo fiorente scontro di ecosistemi di consumo – concludono i due gestori -. Ma, proprio come nell’allegoria della rana bollita, la temperatura di questa battaglia non farà che aumentare. Pensiamo che sia importante riflettere attentamente su questo tema ora e posizionarsi di conseguenza, perché quando questo argomento sarà il più pertinente per gli investitori, la povera rana sarà probabilmente già ben cotta”.