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I cinque fattori che indeboliranno l’euro

Apprezzamento del dollaro, rallentamento della Cina e azioni delle banche centrali sono solo alcune delle cause che porteranno a un deprezzamento della moneta unica. La view Ubp

“L’euro si indebolirà nel corso del 2022”. Parola di Peter Kinsella, global head of Fx strategy di Union Bancaire Privée, che a sostegno della sua view secondo cui la debolezza strutturale della moneta unica sta venendo a galla cita cinque fattori, primo fra tutti l’apprezzamento del dollaro.

Seconda ragione è la divergenza tra Bce e Fed. “I mercati hanno prezzato due rialzi dei tassi da parte della Banca Centrale Europea entro la fine del 2022, e pensiamo che questo sia altamente irrealistico – afferma Kinsella -. La Bce prevede che l’Indice complessivo (headline) dei prezzi al consumo nel 2022 salirà a livelli superiori al 2%, ma ritiene che sia un fenomeno transitorio”.

L’esperto è d’accordo su questo punto e conseguentemente pensa che le aspettative del mercato sui rialzi dei tassi da parte di Francoforte siano assurde. “È probabile che la Bce sostituisca il suo programma Pepp con un’estensione del programma App, e ciò evidenzierà la divergenza con la Fed – sostiene -. L’euro soffrirà di un allargamento del differenziale di rendimento usd-eur, a favore dell’usd, e l’inasprimento dei rendimenti Usa a 2 anni porterà sicuramente il rapporto eur/usd verso livelli inferiori”.

Un altro fattore che peserà sulla moneta europea è il rallentamento della Cina. “Le esportazioni dell’Eurozona verso la Cina sono quasi il doppio di quelle degli Stati Uniti (in dollari), il che significa che se la crescita cinese rallenta, avrà un effetto maggiore sull’euro che sul dollaro – argomenta Kinsella -. Il rallentamento della crescita cinese porterà a un calo del surplus commerciale dell’Eurozona, che a sua volta porterà a una contrazione del surplus delle partite correnti dell’Eurozona. Quest’ultimo è stato uno dei pochi supporti strutturali per l’euro, e se diminuisce, l’euro verrà scambiato a livelli inferiori”.

A pesare c’è poi anche la riduzione dei flussi di portafoglio. Questi, a detta dell’esperto, sono stati uno dei più importanti driver marginali dell’apprezzamento dell’euro negli ultimi anni, e durante l’estate sono diminuiti notevolmente. “Il profilo di crescita sempre più desincronizzato implica che nel 2022 i flussi di portafoglio mostreranno di aver cambiato modello e, dato l’elevato beta dell’euro rispetto alla crescita globale, pensiamo che i flussi di portafoglio verso l’Eurozona faticheranno ad aumentare”, osserva. 

Infine, quinto fattore, i cambi di politiche dietro le quinte. “Crediamo che le elezioni tedesche saranno viste come un momento cruciale per l’euro – chiarisce Kinsella -. Ciò implica che i politici ortodossi verranno sostituiti da politici più giovani che mostreranno una maggiore tolleranza per i deficit fiscali in Germania e un maggiore margine di manovra per i deficit fiscali in tutta l’Eurozona. Il corollario di ciò è che la Bce dovrà mantenere una posizione notevolmente allentata per assicurare che le condizioni finanziarie si mantengano regolari. Il prossimo presidente della Bundesbank tedesca avrà probabilmente una posizione completamente diversa sull’inflazione rispetto al predecessore. La conclusione è che ci sono diversi sviluppi ciclici e strutturali che peseranno sull’euro”.

“Pensiamo che il rischio principale sia che la Fed non aumenti i tassi in linea con le aspettative del mercato – conclude quindi l’esperto Ubp -. Da un punto di vista idiosincratico, per l’euro, non ci aspettiamo che le dinamiche di crescita dell’Eurozona sorprendano al rialzo rispetto alle aspettative. E, allo stesso modo, pensiamo che un rialzo dei tassi della Bce sia altamente improbabile, anche se l’inflazione nominale si attesterà a livelli superiori al 2,0% nel 2022”.

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