Oltre l’80% ha aumentato o mantenuto le esposizioni negli ultimi 12 mesi. E il 64% prevede ulteriori incrementi nei prossimi 12. La survey di Invesco
La rivoluzione di Xi Jinping non spaventa affatto gli investitori globali, anzi. La grande maggioranza dei proprietari di asset, l’86%, ha aumentato o mantenuto invariata l’allocazione della propria organizzazione agli investimenti cinesi negli scorsi 12 mesi e il 64% prevedere ulteriori incrementi nei prossimi 12 mesi. È quanto emerge dal sondaggio “China Position 2021” condotto da Economist Impact e commissionato da Invesco su 200 proprietari di asset in Nord America, Asia Pacifico, Europa e Medio Oriente, che ha raccolto le risposte di professionisti senior degli investimenti in organizzazioni globali. Ebbene: tra questi, appena il 12% ha dichiarato di prevedere una riduzione della propria allocazione agli asset cinesi.
“La Cina è stata l’unica grande economia mondiale a registrare una crescita del Pil nel 2020, in piena pandemia da coronavirus – sottolinea Chin Ping Chia, head of business strategy and development China A Investments di Invesco -. Nonostante le perduranti tensioni geopolitiche e le recenti notizie sulle azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi intraprese dai regolatori cinesi, le prospettive macro rimangono forti mentre il Paese mette a punto le politiche industriali per equilibrare la crescita con la sostenibilità. A nostro avviso gli investitori globali riconoscono la necessità e i vantaggi di un’allocazione in Cina a lungo termine mentre l’economia sottostante continua ad evolvere e a trasformarsi”.
Tornando ai dati, la maggioranza (il 60%) degli intervistati prevede che nei prossimi 12 mesi le condizioni economiche in Cina saranno migliori rispetto a quelle globali. Sebbene la pandemia abbia trasformato il comportamento economico e i mercati finanziari, non sembra aver modificato la visione strategica degli investitori di investire in Cina o dove identificare le opportunità. Oltre la metà degli intervistati (54%) ritiene che il Covid abbia aumentato la loro propensione al rischio rispetto all’esposizione cinese.
Anche quest’anno, sotto l’amministrazione Biden, persiste l’incertezza geopolitica derivante dalle tensioni commerciali Usa-Cina; ciò nonostante, l’80% degli intervistati afferma che il perdurare di questa dinamica ha esercitato un’influenza da moderata a significativa sulla propensione ad aumentare i livelli di esposizione cinese. Questo contrasta con i risultati dello stesso sondaggio condotto nel 2019, quando il 44% dei partecipanti aveva affermato che la situazione geopolitica avrebbe avuto un impatto negativo sulle loro decisioni di investimento.
I titoli onshore i più gettonati. Mercati alternativi e tecnologia si stanno facendo strada
In materia di selezione delle asset class, le azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi cinesi onshore rimangono l’asset class più popolare per la maggior parte degli intervistati (52%), seguite dal mercato obbligazionario onshore (51%) e dalle azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi offshore, comprese le azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi H e i titoli ADR cinesi quotati negli Stati Uniti (50%). I risultati sono in linea con le conclusioni del 2019. Le asset class illiquide rimangono al centro dell’attenzione dei proprietari di asset globali, dato l’attuale contesto di tassi bassi per il mercato obbligazionario e la persistente volatilità dei mercati azionari, tendenza che si riflette negli investimenti in Cina degli intervistati. Il settore immobiliare (40%), la proprietà diretta di società (39%) e altri mercati alternativi (38%) sono le tre principali asset class nelle quali gli intervistati prevedono di aumentare le allocazioni nei prossimi 12 mesi. Sebbene quasi due quinti degli intervistati (37%) dichiarino di prevedere un aumento della propria allocazione in azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi cinesi onshore, si è registrato un calo rispetto al 2019 (52%).
Sebbene le recenti riforme normative introdotte in Cina abbiano reso volatile il settore tecnologico, il sondaggio rileva che gli investitori globali continuano ad allocare in questo segmento. “Innovazione tecnologica” (49%) e “Servizi finanziari” (44%) rimangono i principali temi di investimento per gli intervistati, in linea con i risultati del sondaggio del 2019, insieme a un interesse per Sanità (27%) e Consumo interno (26%). Per quanto riguarda il settore della tecnologia, i proprietari di asset mondiali stanno rivolgendo la propria attenzione alle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale o dalla correlata automazione digitale (39%), alla rete 5G (32%) e ai servizi online per consumatori o B2B (31%). In Europa, le tre opportunità principali identificate sono il 5G (45,5%), la tecnologia blockchain (33,39%) e l’intelligenza artificiale o la correlata automazione digitale (24,2%).
“La Cina rappresenta da tempo una delle economie digitali più sofisticate a livello mondiale e il Paese non intende affatto rinunciare alla propria ambizione di avanzare ulteriormente in questo segmento – assicura Chin Ping Chia -. Prevediamo che il recente inasprimento del controllo normativo sarà promotore di una concorrenza sana e maggiormente sostenibile all’interno del settore internet, e questo dovrebbe avviare la Cina verso il raggiungimento di uno degli obiettivi chiave delineati nel 14° piano quinquennale: trasformarsi in una potenza dell’innovazione. Con il continuo rafforzamento dell’influenza della Cina sull’economia globale, gli investitori a lungo termine sono destinati a trarre i migliori profitti con un’esposizione adeguata negli asset cinesi legati ai temi della nuova economia”.
Gli investitori continuano il processo di esclusione della Cina dai ME. Restano le preoccupazioni sulla trasparenza
Grazie all’evoluzione delle allocazioni ad asset cinesi, che diventano una parte sempre più preponderante dei portafogli, gli investitori distinguono sempre più la Cina dal segmento dei mercati emergenti. Oltre la metà (54%) degli intervistati dichiara di avere investimenti diretti in Cina tramite un portafoglio dedicato, rispetto al 40% che detiene investimenti più ampi come veicoli sui mercati emergenti o focalizzati sull’Asia. Il miglioramento dell’efficienza generale del portafoglio (48%), l’esposizione a opportunità in settori specifici (46%) e la partecipazione alla crescita economica a lungo termine della Cina (45%) sono gli obiettivi di investimento chiave dichiarati che hanno spinto ad assumere un’esposizione dedicata alla Cina.
Gli intervistati hanno evidenziato una serie di fattori che rendono la Cina una destinazione interessante per gli investimenti. Tra i fattori più quotati includono le aspettative di crescita e il potenziale di espansione dell’economia cinese o dei profitti delle società quotate (35%), insieme al miglioramento della qualità degli intermediari finanziari in Cina (35%). La fiducia negli intermediari finanziari è stata notevolmente superiore a quella riportata nel 2019, quando costituiva un fattore per il 27% degli intervistati.
Al contrario, le problematiche relative agli investimenti in Cina si concentrano principalmente su questioni di corporate governance e trasparenza, come la mancanza di fiducia nel reporting societario (38%), una ridotta trasparenza normativa (38%) e l’opacità del sistema finanziario cinese per gli investitori stranieri (33%). Circa un terzo degli intervistati reputa ancora di non avere un’adeguata esperienza in Cina per analizzare il mercato.
Esg: un fattore per rinforzare l’esposizione cinese degli investitori
I proprietari di asset integrano sempre più i fattori Esg nei loro processi d’investimento a livello globale, Cina inclusa. Il 62% degli intervistati afferma di adottare sistematicamente o regolarmente gli investimenti Esg come parte delle proprie considerazioni sulle esposizioni in Cina, mentre solo l’8% afferma di farlo raramente o di non farlo mai. Due terzi (66%) degli intervistati affermano di aver incrementato la propria esposizione cinese sulla base dei loro obiettivi ESG, grazie alla maggiore importanza conferita all’Esg sia dalle aziende che dal governo cinesi.
Allo stesso tempo, l’attenzione degli investitori locali rimane concentrata sulla trasparenza. Gli intervistati indicano come preoccupazioni principali il numero insufficiente di emittenti azionari o obbligazionari in Cina che soddisfano i loro standard per portata o qualità delle informazioni Esg (28%) e dati Esg degli emittenti azionari o obbligazionari cinesi non facilmente disponibili (25%) oppure troppo difficili da verificare (12%). Una migliore divulgazione dei dati Esg costituisce una significativa opportunità per gli investitori istituzionali, dato che il 23% dei proprietari di asset ha dichiarato che una migliore divulgazione Esg da parte degli emittenti azionari o obbligazionari cinesi costituisca un fattore chiave che li porterebbe ad espandere la propria esposizione in Cina.
“Sebbene siano solo agli albori, gli standard cinesi di divulgazione e reporting in materia di Esg sono migliorati ad un ritmo sostenuto negli ultimi cinque anni, spinti da una maggiore consapevolezza delle questioni Esg sia da parte delle aziende che degli investitori – conclude Chin Ping Chia -. Il Paese dimostra inoltre una significativa determinazione a svolgere un ruolo rilevante nella mitigazione del cambiamento climatico futuro, ad esempio tramite la transizione verso la neutralità carbonica. Crediamo che le ambizioni Esg e climatiche della nazione porteranno cambiamenti di vasta portata nel panorama degli investimenti in Cina e modelleranno il modo in cui le aziende cinesi operano”.