Per Capital Group le vendite globali di chip potrebbero sfiorare i 1.000 miliardi di dollari entro il 2030
Secondo diverse stime, le vendite globali di semiconduttori potrebbero raddoppiare da circa 450 miliardi di dollari nel 2019 a quasi 1.000 miliardi entro il 2030. Una previsione condivisa anche da Capital Gruop, secondo cui l’attuale crisi globale è il risultato di una concomitanza di eventi non strutturali che non comprometteranno la domanda in un’ottica di lungo termine.
“Le più grandi aziende di semiconduttori al mondo – osserva Mathews Cherian, portfolio manager di Capital Group – hanno già pianificato investimenti da miliardi di dollari in nuovi impianti di produzione per soddisfare la recente domanda oltre che per gestire le tensioni geopolitiche, ora che i semiconduttori sono considerati addirittura una priorità di sicurezza nazionale. Dato che Taiwan controlla la maggior parte della produzione manifatturiera di semiconduttori di fascia alta, sia gli Stati Uniti che l’Europa stanno cercando fornitori critici più vicini per accorciare le distanze geografiche”.
Il leader indiscusso del settore, Taiwan Semiconductor Manufacturing, prevede di spendere 100 miliardi di dollari da qui al 2023 per nuovi stabilimenti produttivi di chip, tra cui un grande sito progettato in Arizona. TSMC detiene quasi l’80% della quota di mercato per la produzione di chip all’avanguardia e tra i suoi clienti si annoverano Apple, Qualcomm e Broadcom. Dal canto suo, Intel intende spendere 20 miliardi di dollari in due nuovi impianti in Arizona, mentre Samsung Electronics sta pensando di costruire un nuovo sito manifatturiero in Texas per un valore di 17 miliardi di dollari. “Questi piani di spesa fanno seguito a un lungo periodo di disciplina del capitale e consolidamento del settore, che ha visto emergere due attori dominanti, TSMC e Samsung, con Intel a una ben distante terza posizione”, sottolinea il portfolio manager.
Resta comunque da capire come queste nuove fonderie riusciranno a trarre vantaggio dal settore nel lungo termine ed è importante seguire molto attentamente ogni sviluppo in tal senso. “I processori di produzione negli Stati Uniti costeranno molto più che a Taiwan o in Corea, dove risiede la maggior parte della capacità attuale, il che potrebbe causare inefficienze di mercato – spiega -. Inoltre, non è chiaro se le aziende statunitensi di semiconduttori e tecnologie, la cui produzione di chip è al momento delocalizzata in Asia, vorranno effettivamente riportare l’attività in patria”.
L’esperto fa anche notare che, dopo diversi cicli di consolidamento, ogni segmento della catena di fornitura, dai progettisti, ai produttori di apparecchiature, dalle fonderie alle società di collaudo dei chip, è ormai dominato da poche realtà e con un know-how fattosi via via sempre più specialistico in ciascuno di questi ambiti, il divario concorrenziale non ha fatto che ampliarsi. Molte di queste aziende sono ben gestite e sono abili a comprendere i modelli di domanda dei clienti. Il loro potere di determinazione dei prezzi si conferma elevato e i margini sono allettanti.
Anche il mercato dei produttori di apparecchiature per semiconduttori si è fortemente consolidato, con le prime cinque aziende che controllano una quota prossima al 75%, in aumento rispetto a circa il 40% di 15 anni fa. Queste società, tra cui spiccano ASML nei Paesi Bassi e Applied Materials e Lam Research negli Stati Uniti, hanno ampliato il divario concorrenziale, dal momento che ciascuna occupa e sviluppa una propria nicchia specifica nel processo di produzione e collaudo dei semiconduttori. “Per la complessità dei loro macchinari e processi, queste realtà sono diventate difficili da sostituire – evidenzia -. Ad esempio, una macchina per litografia ultravioletta estrema (Euv), utilizzata per produrre chip avanzati, è composta da più di 100.000 parti, costa circa 120 milioni di dollari e viene spedita in 40 diversi container. Oggi ASML è essenzialmente l’unica azienda in grado di realizzarla”.
I produttori di attrezzature hanno inoltre sviluppato un programma di assistenza che assicura ricavi ricorrenti dalla manutenzione dei macchinari. “I margini operativi si sono attestati in media al 25% negli ultimi cinque anni e, secondo le nostre stime, potrebbero salire oltre il 30%, a fronte di cifre di gran lunga inferiori al 10% in passato” assicura.
Il segmento dei chip di memoria è sempre stato ciclico, come le materie prime. Nel corso del tempo si è ridotto da circa 15 aziende a livello globale a soli tre colossi, primo fra tutti Samsung Electronics in Corea. Al contempo però, secondo Cherian il settore è divenuto più disciplinato e razionale, mentre i chip di memoria rimangono una componente fondamentale per i processori di elaborazione utilizzati in un’ampia gamma di dispositivi. Anche se la Corea ospita quasi 3/4 dei produttori globali di chip di memoria, gli Stati Uniti continuano a dominare il mercato globale dei semiconduttori con una quota del 47% circa proprio per la loro predominanza nei segmenti dell’intellectual design, delle attrezzature e del cosiddetto ‘fabless’.
“Ora che i semiconduttori sono diventati elementi strategicamente imprescindibili, i funzionari governativi di Stati Uniti, Cina ed Europa nutrono qualche preoccupazione, ciascuno per i suoi validi motivi – aggiunge l’esperto -. Gli Stati Uniti temono per le sorti delle loro aziende visto che, per quanto ancora ineguagliate in fatto di progettazione di chip, la leadership in campo manifatturiero è passata ormai da anni a Taiwan e nella fattispecie a TSMC. Attualmente, la quota di mercato statunitense per la produzione di chip è del 12%, in calo dal 37% del 1990. L’Europa dal canto suo è preoccupata di non avere capacità produttiva per semiconduttori all’avanguardia, problema amplificato durante la recente carenza di chip, che ha danneggiato le grandi case automobilistiche tedesche”.
Quanto alla Cina, l’obiettivo del governo è ridurre la dipendenza del paese dai semiconduttori americani e, viste le attuali sanzioni commerciali imposte da Washington, Pechino ha definito i semiconduttori come un imperativo strategico nel suo ultimo piano quinquennale. Secondo Cherian ci vorrà tempo, certo, ma con il denaro e le risorse che la Cina sta dedicando a questo impegno, riuscirà certamente a sviluppare capacità, proprio come ha già fatto in altri settori.
“Dato che i chip semiconduttori stanno diventando parte integrante praticamente di ogni settore e sono essenzialmente i ‘cervelli’ di molti dei beni di uso quotidiano, la loro importanza non potrà che aumentare. Non ci resta quindi che seguire con attenzione gli sviluppi degli imperativi strategici che guidano le politiche pubbliche per capire fino a che punto intaccheranno l’efficienza e l’abilità di esecuzione di questo settore”, conclude il portfolio manager.