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I titoli per battere la stagflazione

Per Schroders, la stagflazione tende a favorire i settori difensivi come utilities, beni di consumo e immobiliare. A livello geografico, Uk ed Europa sembrano offrire la maggiore protezione

La tragica invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha aumentato il rischio di stagflazione, che si verifica quando il rallentamento della crescita economica si combina con l’accelerazione dell’inflazione. Le azioni globali tendono a soffrire in questo contesto perché le aziende devono affrontare simultaneamente il calo delle entrate e l’aumento dei costi, elemento che comprime i margini di profitto.

Non significa che tutti i settori debbano soffrire, secondo Sean Markowicz, cfa strategist strategic research group di Schroders, stando al quale alcuni titoli sono più tutelati di altri, date le loro proprietà difensive e/o la loro correlazione positiva all’inflazione. “Per questo motivo riteniamo che un approccio flessibile agli investimenti azionari possa trarre vantaggio da questi differenziali di performance e, potenzialmente, minimizzare perdite significative”, assicura. 

Stagflazione, i titoli difensivi sembrano uscirne vincitori

Markowicz non ha dubbi che la stagflazione tenda a favorire le società più difensive i cui prodotti e servizi sono essenziali per la vita quotidiana delle persone. Le valutazioni di questi titoli, infatti, tendono a reggere meglio quando l’economia rallenta. “Per fare un esempio – argomenta -, indipendentemente dall’inflazione, le persone hanno bisogno di acquistare cibo e devono pagare le bollette dell’elettricità e l’affitto. Potrebbero invece decidere di posticipare l’acquisto di articoli ciclici, come un’auto nuova o un iPhone, fino a quando i prezzi non scenderanno. In termini quantitativi, i settori difensivi hanno un beta di mercato inferiore a 1 (significa che sovraperformano quando l’indice scende), mentre i settori ciclici hanno un beta di mercato superiore a 1, (sottoperformano quando l’indice scende)”.

L’esperto di Schroders ha studiato il rendimento medio storico di 11 settori economici globali rispetto all’indice Msci World in contesti di stagflazione. “I settori più performanti sono stati, in particolare, quelli difensivi come le utilities (+16%), i beni di consumo (14,2%) e l’immobiliare (11,8%) – spiega -. Al contrario, settori ciclici come IT (-6,7%), industriali (-3,3%) e finanziari (-0,5%) sono stati fra quelli che hanno registrato le performance peggiori. Si distinguono gli energetici che, a differenza di altri titoli ciclici, hanno avuto la tendenza a sovraperformare in fasi di stagflazione (+8,4%). Tale contesto è dovuto ai ricavi dei titoli energetici che sono naturalmente legati ai prezzi dell’energia, una componente chiave degli indici di inflazione. Quindi, per definizione, dovrebbero performare bene quando l’inflazione sale”.

Stagflazione e aree geografiche: vincitori e vinti

Passando alle aree geografiche, secondo Markowicz attualmente, tenendo in considerazione esclusivamente i pesi a livello settoriale, il Regno Unito e l’Europa sembrano offrire la maggiore protezione in uno scenario di stagflazione. “Per esempio – chiarisce -, circa il 50% dell’indice Msci Uk è composto da titoli energetici e difensivi, mentre per l’Europa rappresentano il 36%. Gli Stati Uniti e il Giappone, invece, sovrappesano in modo significativo alcuni settori che dovrebbero sottoperformare, rispettivamente l’informatica e i beni di consumo discrezionali. Tuttavia, il Regno Unito rappresenta solo il 4% della capitalizzazione totale del mercato azionario globale, quindi un piccolo sovrappeso potrebbe non essere sufficiente a minimizzare i rischi di ribasso. D’altro canto, l’Europa è un mercato molto più grande e investibile (rappresenta l’11% dell’indice globale) e può quindi offrire maggiore possibilità di manovra per implementare un’azione tattica”.

Serie storiche, stagflazione e investimento azionario

“Supponiamo per un momento – prosegue lo strategist – che i rendimenti storici durante i periodi di stagflazione siano stati ripetuti e mappati tenendo conto degli attuali pesi per aree geografiche. In questo scenario, l’azionario britannico ed europeo dovrebbe sovraperformare un portafoglio market-cap globale ponderato, rispettivamente, del 4% e dell’1% all’anno. Viceversa, l’azionario emergente sottoperformerebbe dello 0,6%, mentre, sia gli Stati Uniti sia il Giappone, sottoperformerebbero dello 0,5%”.

Naturalmente, non c’è alcuna garanzia che questo si verifichi in quanto entrano in gioco altri fattori macroeconomici quali il livello dei tassi d’interesse e la forza del dollaro Usa. Tuttavia, per Markowicz qualora l’economia globale dovesse scivolare nella stagflazione, aggiustare tatticamente la propria allocazione regionale potrebbe aiutare a proteggere il portafoglio. “Una maggiore flessibilità di investimento in diversi settori, società e aree geografiche, consentirebbe agli investitori di ampliare ulteriormente le opportunità di rendimento a propria disposizione”, conclude.

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