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Inflazione in frenata: attenti all’ultimo miglio

Bce

Per Generali Investments, è meglio stare in guardia dall’autocompiacimento del mercato e mantenere un sottopeso nei segmenti più rischiosi, tra cui azioni e credito high yield

Con i tassi della Fed e della Bce ai massimi o quasi, potrebbe scomparire una delle principali fonti di disagio del mercato, cosa che gli asset più rischiosi sembrano già festeggiare. “Il lavoro della Fed sembra in gran parte concluso, con il percorso di disinflazione degli Stati Uniti per ora intatto, ma i rischi sono in agguato, vista la resistenza della domanda e la tenuta del mercato del lavoro. La Bce invece sembra meno ‘falco’, ma preoccupa l’inflazione core troppo alta al 5,5%”, avverte Vincent Chaigneau, responsabile ricerca di Generali Investments.

Per l’esperto, è meglio stare in guardia dall’autocompiacimento del mercato: l’ultimo miglio nel percorso verso gli obiettivi di inflazione potrebbe infatti rivelarsi il più insidioso. “I mercati – spiega – già prezzano Goldilocks (un ciclo economico equilibrato in bilico tra inflazione e recessione, caratterizzato da una crescita modesta e un basso aumento dei prezzi): la Fed e il consenso di mercato non stimano più una recessione, mentre l’inflazione è vista in rapido calo nel prossimo anno e il consenso sugli utili prevede forti guadagni (circa il 10% negli Stati Uniti) sia nel 2024 che nel 2025. Il percorso verso questo traguardo rimane scivoloso. I prezzi dell’energia stanno rimbalzando, mentre i prezzi dei prodotti alimentari sono esposti al crollo dell’accordo con la Russia che ha permesso all’Ucraina di esportare grano attraverso il Mar Nero e soggetti a El Niño che ha causato condizioni climatiche estreme. L’aumento dei prezzi delle materie prime peggiorerà il mix crescita-inflazione”.

“Secondo il nostro base case, l’inasprimento monetario degli ultimi 16 mesi porterà a una moderata recessione negli Usa nel corso dell’anno – prosegue Chaigneau -. L’area euro invece, che ha già attraversato una recessione tecnica, uscirà solo lentamente dalla stagnazione, tra lo stallo nell’estensione del credito e l’inasprimento delle condizioni nei prestiti. La Cina continua a faticare a riavviare il motore della crescita perché la spinta alla riapertura si è esaurita rapidamente e il settore immobiliare in difficoltà non riesce a riprendersi”.

Per l’esperto, il continuo rialzo delle azioni e il posizionamento degli investitori più propensi al rischio hanno il sapore dell’autocompiacimento. “Noi manteniamo quindi un sottopeso nei segmenti di mercato più rischiosi, tra cui le azioni e il credito high yield. Vediamo i rendimenti orientati al ribasso, in quanto le crescenti preoccupazioni per la crescita e l’avversione al rischio rafforzeranno la domanda di beni rifugio”, sottolinea.

Tuttavia, a suo parere, il potenziale di ribasso dei rendimenti appare per ora modesto e lo scenario di rischio principale sconsiglia una posizione aggressiva sulla duration. “Ci piace ancora il carry nel credito investment grade non-financial e nel debito ig EMs (investment grade emerging markets), che dovrebbe attenuare un leggero allargamento degli spread. Prevediamo una maggiore debolezza del dollaro americano nel prossimo anno in quanto l’economia statunitense sta scendendo dal suo piedistallo, ma siamo più prudenti sull’eur/usd nel breve termine a causa delle continue preoccupazioni per la crescita nell’area dell’euro”, conclude.

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