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Investitori istituzionali, cala l’appetito per il rischio

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Gli Institutional Investor Indicators di State Street rivelano che gli investitori continuano a ridurre il rischio, ma vedono i mercati emergenti come un asset rifugio

Gli investitori istituzionali giocano ancora in difesa. I mercati azionari possono raggiungere nuovi massimi, ma l’indice State Street Risk Appetite mostra infatti che nel complesso gli investitori a lungo termine hanno ancora ridotto le loro partecipazioni in asset rischiosi nel mese di giugno, continuando a non mostrare segni di fiducia. 

In seguito all’attenuazione della crisi bancaria, al superamento del blocco relativo al tetto del debito negli Stati Uniti e alla pausa della Fed, gli investitori non hanno ancora abbandonato la fase difensiva iniziata a febbraio, la più lunga osservata dai tempi della crisi finanziaria globale. L’incertezza sull’inflazione ostinata e la natura ad intermittenza dei cicli di restrizione delle banche centrali li hanno resi diffidenti nei confronti delle obbligazioni, mentre il rischio di recessione continua a tenere in sospeso le posizioni degli investitori negli asset ciclici. Curiosamente,  inoltre, sembrano pronti alla recessione, ma non alla debolezza dei mercati azionari o alla forza dei mercati obbligazionari. In breve, i mercati obbligazionari sembrano meglio preparati ad affrontare eventuali shock nel secondo semestre rispetto alle azioni.

“È chiaro che sono in arrivo altri rialzi dei tassi negli Stati Uniti e si sono verificati numerosi avvertimenti da parte di altre banche centrali, con la ripresa o la nuova accelerazione dei cicli di inasprimento – spiega Michael Metcalfe, head of macro strategy di State Street Global Markets -. D’altro canto, l’inflazione rimane a livelli elevati e i rischi di recessione, soprattutto in Europa, cominciano a farsi sentire. Se è vero che ci siamo stabilizzati dopo il tracollo del settore bancario statunitense e abbiamo superato il dibattito sul tetto del debito, ci ritroviamo comunque con lo stesso scenario macro stagflazionistico che ha turbato i mercati azionari e obbligazionari per gran parte del 2022”.

“Il nostro indicatore di propensione al rischio – prosegue l’esperto – mostra che gli investitori hanno ridotto costantemente il rischio dal 7 febbraio, anche se i mercati azionari hanno continuato a salire, e il loro desiderio di ridurre il rischio è coerente. Sebbene negli ultimi mesi gli investitori abbiano ridotto ampiamente il rischio, la domanda di asset dei mercati emergenti, soprattutto azionari, è stata sorprendentemente positiva. Ciò riflette in parte il fatto che gli investitori hanno ancora una significativa sottoponderazione nei mercati emergenti, il che significa che i mercati emergenti possono essere visti come un improbabile rifugio sicuro durante una recessione dei mercati sviluppati”.

Metcalfe fa poi notare che l’allocazione degli investitori in azioni è superiore di circa un punto percentuale rispetto all’inizio dell’anno, il che può sembrare in contraddizione con la propensione al rischio degli investitori. “La realtà è che quest’anno le azioni hanno sovraperformato le obbligazioni con un margine significativo e gli effetti di rivalutazione fanno sì che gli investitori abbiano un ‘sovrappeso indesiderato’ nell’azionario, oltre ad essere ancora sovrappesati in alcuni settori ciclici che si concentrano nei titoli tecnologici. Tuttavia, verso la fine di giugno abbiamo iniziato a vedere gli investitori riconsiderare tale sovraponderazione”, conclude.

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