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La debolezza del dollaro spingerà le commodity

Il deprezzamento della divisa Usa ha sostenuto le materie prime per due ragioni: l’effetto bene rifugio e l’effetto del potere d’acquisto. E continuerà a farlo a una condizione. L’analisi di WisdomTree

Se il dollaro continuerà perdere quota, gli investitori in commodity potranno festeggiare. A una condizione però: che la debolezza della valuta derivi da una politica monetaria accomodante e non dall’inasprirsi delle guerre commerciali. In questo secondo caso infatti, secondo Mobeen Tahir, associate director research di WisdomTree, le materie prime difensive dovrebbero estendere i loro guadagni ai settori ciclici.

Ma andiamo con ordine. La divisa Usa si è mostrata significativamente debole quest’anno, con la maggior parte del deprezzamento avvenuto da giugno. Il tasso di cambio spot dell’indice del biglietto verde, misurato come tasso di cambio medio con le principali valute mondiali, è sceso di oltre l’8% tra il 15 maggio e il 31 agosto. E così il dollaro Usa, tipicamente considerato un bene rifugio sicuro in tempi di volatilità dei mercati finanziari e di incertezza economica, quest’anno non è riuscito ad essere all’altezza di tale reputazione.

“A marzo, quando la pandemia ha stretto per la prima volta la sua presa sui mercati, il dollaro è aumentato notevolmente, ma non è stato in grado di sostenere a lungo i suoi guadagni – fa notare Tahir -. Sempre a settembre, quando i timori della seconda ondata e l’incertezza delle elezioni negli Stati Uniti si sono uniti creando volatilità sui mercati azionari, il dollaro ha iniziato un rialzo. In questa occasione, però, sembra aver perso vigore ancora più rapidamente”.

Per l’esperto, la debolezza del dollaro ha contribuito ad alimentare la ripresa nel settore delle materie prime in senso lato, pur sostenendo diversi settori merceologici in modi diversi e in varia misura. E ci sono due ragioni principali per cui ciò è avvenuto, in particolare da giugno, e per cui la continua debolezza del dollaro potrebbe essere una buona notizia per gli investitori in commodity.

Innanzitutto l’effetto bene rifugio. “Con il dollaro debole, gli investitori si sono rivolti a beni rifugio sicuri alternativi come migliori ‘depositi della propria ricchezza’ – spiega Tahir -. L’oro e l’argento hanno beneficiato maggiormente di questo ‘effetto bene rifugio’. La forza del dollaro e la debolezza dell’oro sono state entrambe di breve durata a marzo. Gli investitori si sono rivolti ai metalli preziosi fisici sapendo che, con la loro offerta finita, non possono essere svalutati dai politici in risposta alle crisi come le valute fiat”.

E poi l’effetto del potere d’acquisto. “Anche le materie prime cicliche beneficiano della debolezza del dollaro, poiché i detentori di altre valute trovano più conveniente acquistare materie prime denominate in dollari. Sia i metalli industriali che le materie prime agricole possono beneficiare di questo effetto”, afferma l’esperto. 

C’è, però, un tranello. Il dollaro si è notevolmente deprezzato nel 2017 e all’inizio del 2018, il che ha dato un sostegno ad una vasta gamma di materie prime. Tra le cause dell’erosione del valore della valuta, a detta dell’esperto, vi è probabilmente un aumento della retorica protezionistica del presidente Trump. “La possibilità che gli Stati Uniti si isolassero piuttosto che essere una forza integrante della macchina economica globale ha danneggiato il dollaro – osserva -. Il motivo per cui le materie prime non hanno potuto sostenere un rally duraturo è stato perché la retorica protezionista alla fine è culminata in una disputa commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina con tariffe imposte direttamente su diverse materie prime. Mentre l’oro ne ha beneficiato come copertura geopolitica, le materie prime cicliche, compresi i metalli industriali e le materie prime agricole, ne hanno sofferto”.

Il tranello, insomma, è che per ottenere guadagni duraturi da un dollaro debole, la debolezza della valuta deve derivare da una politica monetaria accomodante piuttosto che da un’accelerazione delle guerre commerciali. “Se le tensioni commerciali si intensificheranno ancora, le materie prime difensive, come i metalli preziosi, dovrebbero estendere i loro guadagni ai settori ciclici”, conclude quindi Tahir.

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