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Le valute emergenti resisteranno al rallentamento della crescita

Per Ubp, la maggior parte delle valute dei mercati emergenti dovrebbe performare nella seconda metà dell’anno. Le valute ad alto beta rimarranno invece sotto pressione

“Le prospettive per le valute dei mercati emergenti sono poco definite, ma generalmente costruttive. Mentre di fatto valute come la lira turca e il rublo non sono investibili, la maggior parte delle altre valute principali dei mercati emergenti dovrebbe performare nella seconda metà dell’anno”. È la tesi di Peter Kinsella, gobal head of Fx strategy di Union Bancaire Privée, secondo cui ciò riflette tre diversi fattori: la debolezza del dollaro Usa, i differenziali dei tassi di interesse significativamente positivi e la posizione strutturalmente underweight degli investitori rispetto agli Em.

“La prospettiva di un indebolimento del dollaro Usa è uno sviluppo positivo per le valute degli Em, in quanto riduce gli oneri del debito denominato in usd e ha un effetto positivo sui ricavi delle esportazioni di materie prime degli Em – spiega l’esperto -. Se il dollaro Usa si indebolisce in linea con le prospettive di rallentamento della crescita statunitense, ciò ridurrà gli effetti negativi dell’indebolimento delle valute degli Em e dell’aumento degli scenari di default dei mercati emergenti”.

Di conseguenza, Kinsella non prevede nella seconda metà dell’anno una debolezza su larga scala delle valute emergenti. “Riteniamo che le principali valute Em siano ben posizionate per resistere al rallentamento della crescita statunitense e globale, perché le loro banche centrali hanno già aumentato i tassi in modo aggressivo, un totale aggregato di 6.000 punti base dal 2020, il che ha ben posizionato queste valute contro i maggiori costi di finanziamento esterni. Dal momento che i mercati hanno ampiamente prezzato il ciclo di stretta monetaria della Fed, le valute dei mercati emergenti stanno ancora godendo di un notevole vantaggio sui tassi d’interesse rispetto al dollaro Usa lungo tutta la curva. I differenziali sostanziali dei tassi d’interesse implicano che assumere posizioni corte per la maggior parte delle principali valute emergenti ha ora un costo proibitivo, il carry è semplicemente troppo costoso”.

Ne consegue che l’esperto non vede una debolezza significativa per valute come il Real brasiliano, il Rand sudafricano e il Peso messicano. Per il Renminbi cinese, la situazione è invece meno definita. “Viste l’attuale politica zero-Covid, la domanda interna cinese rimarrà contenuta, il che giustifica una politica monetaria meno restrittiva della PBoC – osserva -. Il differenziale di cambio tra il Dollaro Usa e il Renminbi sul lato anteriore della curva resta elevato ed è coerente con un tasso di cambio Dollaro/Renminbi prossimo a 7,00. Gli investitori hanno continuato a disinvestire dagli asset denominati in Renminbi, con conseguenti ingenti deflussi. Ne consegue che la valuta cinese continuerà a indebolirsi in misura modesta nella seconda metà dell’anno”.

Per Kinsella le valute ad alto beta rimarranno sotto pressione. “All’inizio dell’anno, valute come il dollaro Australiano, quello canadese, la corona svedese e la corona norvegese si sono apprezzate per l’aumento strutturale dei prezzi delle materie prime, una crescita discreta e una graduale normalizzazione dei tassi di interesse – chiarisce -. Tuttavia, questa fase non si è mantenuta alla luce dell’apprezzamento del dollaro Usa. Nella seconda metà dell’anno, queste valute dovrebbero registrare un modesto indebolimento. Stimoli meno forti del previsto in Cina e l’acuirsi dei timori per il rallentamento della crescita globale peseranno sulle valute tradizionali ad alto beta come il dollaro canadese e australiano”.

Il rallentamento dell’eurozona, che è più avanzato rispetto a quello di qualsiasi altra grande economia, secondo l’esperto fungerà da freno a un apprezzamento aggressivo della corona svedese, data la correlazione di questa valuta con le metriche di crescita tedesche.

“Il rallentamento della crescita tedesca peserà anche sulla sterlina mentre prosegue il peggioramento di tutti gli indicatori macroeconomici nel Regno Unito. È probabile che la Banca d’Inghilterra (BoE) deluda gli investitori con un ciclo di rialzo dei tassi relativamente superficiale, il che significa che i tassi d’interesse reali corretti per l’inflazione rimarranno profondamente negativi e quindi peseranno sulla sterlina”, conclude.

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