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L’inflazione può spingere il value

Per AcomeA Sgr, in base a tre fattori si può ritenere che posizionarsi sul value può portare a sovraperformarmare rispetto al growth

L’attuale contesto macroeconomico sfavorevole pone i mercati azionari in una situazione di attesa su due principali aspetti di rischio, secondo Giovanni Brambilla, responsabile investimenti di AcomeA Sgr. Il primo riguarda le attese inflattive, non solo nel lungo termine ma anche nel breve, dove si può verificare maggiore volatilità. Livelli ben al di sopra degli standard possono infatti mettere pressione sulle banche centrali per alzare i tassi, fattore non di certo positivo soprattutto per chi sconta maggiore crescita. Il secondo aspetto di rischio attiene invece alla la crescita economica, in quanto se si va incontro ad un rallentamento superiore rispetto a quello che i numeri scontano oggi, questo potrebbe rivelarsi un ulteriore rischio per il mercato.

“Non tutti i fattori del mercato azionario hanno performato allo stesso modo – evidenzia l’esperto -. Nel corso dei decenni l’inflazione ha svolto un ruolo di catalizzatore per la parte value del mercato: la trend line tra crescita dell’inflazione e sovra-performance composta annualizzata del value contro growth, dal dopoguerra in poi, è positiva”.

Per Brambilla, lo si vede meglio dalla correlazione dell’andamento del tasso governativo americano a 10 anni e l’andamento del value rispetto al growth. “Nel corso di 20 anni – sottolinea – i tassi sono scesi fino al minimo nel 2020. A fronte di questo movimento abbiamo visto una sostanziale sotto-performance del value contro il growth. Una tendenza che sta cominciando a cambiare dal momento in cui si è verificata una prima inversione del tasso decennale americano. Si tratta di un elemento che potrebbe giovare a favore del value contro il growth”.

Un secondo fattore che, a detta dell’esperto, può giocare a favore riguarda il comportamento della parte value del mercato rispetto al ciclo monetario restrittivo. Nei prossimi mesi andremo sempre più incontro a una stretta dei bilanci delle banche centrali.

“In media, sia prima sia dopo il ’90, tra i 6 e i 12 mesi dal momento in cui si verifica un rialzo dei tassi, si nota una significativa sovra-performence del value sul growth – fa notare -. Alcune componenti del mercato azionario americano nella fase di grossa espansione monetaria sono stati fortemente beneficiati, a partire da marzo 2020, da una politica monetaria espansiva. Ma all’inizio della stretta monetaria (tra marzo e giugno 2021), i ‘Negative Earning Firms’, titoli che non hanno fondamentali che generano utili ma che scontano eccessiva crescita futura, sono stati i primi titoli a correggere in maniera significativa rispetto al resto del mercato”.

“In base a questi tre fattori, dal nostro punto di vista, posizionarsi sul value può portare a possibilità di sovra-performarmare rispetto al growth”, conclude Brambilla.

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