Per Jupiter Am, fondamentali, Cina e tassi sono tre motivi per essere ottimisti sulle prospettive dei mercati emergenti
Un vecchio proverbio degli investitori dei mercati emergenti recita che le cose non sono mai né belle né brutte come sembrano. Secondo Leighton Riley, investment director global emerging market equities di Jupiter Am, quest’incerta terra di mezzo è quella in cui ci siamo trovati quest’anno: “Abbiamo assistito a un ciclo di rialzi dei tassi a livello globale, mentre il Nasdaq ha sovraperformato; nel frattempo, le tensioni geopolitiche tra Cina e Stati Uniti sono continuate, ma i livelli di scambi commerciali tra i due Paesi sono ancora da record. Queste dicotomie hanno reso difficile la lettura del futuro dell’economia globale. Tuttavia, ci sono alcune cose che sappiamo con certezza”.
Tra queste, secondo l’esperto, in primo luogo c’è il fatto che i fondamentali dei mercati emergenti appaiono molto solidi sia rispetto alla storia che ai mercati sviluppati. In secondo luogo, la Cina ha chiaramente sottoperformato quest’anno, ma ora stiamo vedendo dei segnali di ripresa che suggeriscono che il peggio sia passato. In terzo luogo, sembra che i tassi di interesse abbiano raggiunto il massimo per questo ciclo, e alcune banche centrali dei mercati emergenti hanno iniziato a tagliare.
Forti fondamentali dei mercati emergenti
“Le economie dei mercati emergenti hanno registrato gli indicatori principali relativi più forti dal giugno 2009 e, anche includendo la Cina, l’indice Pm dei mercati emergenti è vicino al livello più alto di sempre – argomenta Riley -. A questo contesto già solido si aggiungono il sostegno delle banche centrali e le interessanti condizioni dei mercati azionari. Ad esempio, per la prima volta nella storia, nei prossimi quattro trimestri si prevede che i tassi d’interesse dei mercati emergenti scenderanno al di sotto di quelli del dollaro (in aggregato)”.
Ma non solo, l’esperto fa notare che dal punto di vista della valutazione del mercato azionario, il rapporto p/e corretto per l’inflazioneCon il termine inflazione si indica l’incremento dei prezz... Leggi (Cape) dell’indice Msci Em (una misura dei prezzi delle azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi rispetto agli utili nel corso del ciclo economico) è pari a 10,7x, circa un terzo del livello dell’indice S&P 500 (29,5x). Ciò significa che i titoli azionari dei mercati emergenti non solo presentano le condizioni di crescita più fertili da un decennio a questa parte, ma hanno anche prezzi molto interessanti rispetto al dollaro Usa (in aggregato).
Cina: non così male come dicono?
La Cina continua ad attirare titoli sensazionalistici che proclamano come si sia raggiunto il ‘picco della Cina’ o che insistono sul fatto che si tratti del ‘nuovo Giappone’. Tuttavia, secondo Riley, anche se è chiaro che Pechino ha registrato una performance negativa, la questione è in gran parte ingigantita. “Il governo ha recentemente intensificato la risposta ai problemi del settore immobiliare, annunciando una serie di misure di stimolo – spiega -. La Cina è un’economia guidata dalla politica, che si affida a simboli e spinte per raggiungere i propri obiettivi. Questi annunci sono un passo significativo nella giusta direzione e il ‘tono dall’alto’ del governo centrale è particolarmente rilevante. Il governo ha inoltre continuato a concentrarsi sull’‘attivazione’ del mercato dei capitali. Ciò sarà importante per rinvigorire la fiducia degli investitori cinesi nelle azioniLe azioni sono titoli rappresentativi del capitale di una so... Leggi”.
Infine, a detta dell’esperto, queste preoccupazioni devono essere inserite nel contesto delle opportunità per il Paese: la Cina è la seconda economia mondiale e lo sarà ancora per un po’, indipendentemente dalle tensioni geopolitiche, con un consumo interno in continua crescita. “Il Pil pro capite cinese – osserva – è aumentato di 14 volte, passando dal 2% del Pil pro capite statunitense nel 1980 al 28% di oggi. Se dovesse raggiungere lo stesso livello di prosperità della Polonia, ad esempio (46%), nei prossimi 20 anni il suo Pil pro capite raddoppierebbe. Questo divario suggerisce che la Cina ha ancora molta strada da fare prima di raggiungere i suoi pari europei emergenti: un’aspettativa non scandalosa”.
Tassi di interesse al massimo
Infine, per quanto riguarda i tassi d’interesse, secondo Riley è chiaro sia dalle decisioni politiche che dalla retorica che le banche centrali dei mercati sviluppati sono ai massimi o quasi per questo ciclo di inasprimento. “Le banche centrali dei mercati emergenti hanno già iniziato a tagliare i tassi, con annunci recenti da parte di Cina, Brasile e Cile- evidenzia -. Riteniamo che la disponibilità di finanziamenti più convenienti nei mercati emergenti, unita alla relativa attrattiva dei rendimenti azionari rispetto a quelli del reddito fisso, dovrebbe sostenere in futuro sia le società che i rendimenti del mercato azionario”.
Per Riley, quindi, i mercati emergenti offrono agli investitori l’accesso ad alcune delle opportunità di crescita strutturalmente più vantaggiose.” Imprese di livello mondiale, dati demografici favorevoli e forza lavoro a basso costo e altamente qualificata rendono i mercati emergenti un universo interessante in cui investire. Come investitori, andiamo alla ricerca di aziende di alta qualità, con solide motivazioni e lunghi percorsi di crescita. Rimaniamo ottimisti sulle prospettive di questi mercati e riteniamo che le condizioni siano mature affinché questi superino in modo significativo quelli sviluppati”, conclude.