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Emergenti verso nuovi record. Brasile e Sudafrica in testa

Per Pimco, banche centrali, materie prime e vaccini guideranno i flussi di capitale globali verso gli emergenti. Rilanciando la crescita di alcuni Paesi e sostenendo gli asset in valuta locale

Politiche monetarie accomodanti nei mercati sviluppati, prezzi delle materie prime in crescita e vaccini efficaci stanno convergendo per guidare i flussi di capitale globali verso i mercati emergenti. Secondo Pramol Dhawan, global head of emerging markets di Pimco, è infatti probabile che queste dinamiche supereranno i difficili fondamentali domestici e rilanceranno la crescita nella maggior parte delle economie, sostenendo gli asset in valuta locale. Tipicamente i flussi di capitale verso i mercati emergenti accelerano dopo le recessioni globali, ma a detta dell’esperto il contesto del 2021, anche se non privo di rischi, ha il potenziale per essere da record per diverse ragioni. 

“Dopo le intermittenze del 2020 – spiega – il rimbalzo ciclico sarà probabilmente vigoroso e altamente sincronizzato a livello globale nel 2021. La distribuzione dei vaccini sarà concentrata entro i primi sei mesi nelle economie avanzate, e i governi si sono impegnati a evitare un prematuro ridimensionamento fiscale. Nel frattempo, ampi output gap negativi (la differenza tra l’output effettivo e quello potenziale) stanno ancorando la bassa inflazione e rafforzando gli impegni delle banche centrali dei mercati sviluppati a mantenere condizioni di finanziamento estremamente accomodanti, il che suggerisce che i rendimenti reali negativi persisteranno oltre il 2021”. 

Dhawan fa notare che dopo il primo lockdown la crescita manifatturiera è rimbalzata fortemente ed è rimasta resiliente durante la seconda e la terza ondata del virus. Anche se la domanda interna rimane relativamente debole a causa delle recrudescenze della pandemia e dello stimolo fiscale contenuto, molti paesi emergenti sono ben posizionati per beneficiare di un ciclo manifatturiero globale resiliente e dell’eventuale spinta della domanda repressa quando la mobilità tornerà alla normalità. “Il deprezzamento del dollaro, la controparte dell’aumento degli afflussi di capitale negli EM, aumenta il prezzo delle esportazioni emergenti denominate in dollari e aumenta la capacità di questi paesi di ripagare il debito denominato in dollari – evidenzia -. A parità di condizioni, la confluenza di forti afflussi di capitale, prezzi più alti delle esportazioni e condizioni finanziarie più accomodanti dovrebbero stimolare la crescita degli emergenti”. 

La storia, a detta dell’esperto, mostra che i cambiamenti nella politica complessiva della Fed anticipano i cambiamenti nei flussi di capitale verso gli emergenti di tre trimestri. “L’allentamento del 2009 è stato seguito da un record di 440 miliardi di dollari di afflussi nel 2010 – argomenta -. In questo ciclo, i tassi Usa a breve termine sono scesi di 390 punti base durante il 2020, quasi il doppio rispetto al calo dei tassi del 2009. I flussi verso gli emergenti, che hanno iniziato a riprendersi timidamente in aprile, hanno iniziato ad accelerare. A novembre, 76 miliardi di dollari di capitale straniero sono fluiti verso gli EM, il maggior afflusso mensile di sempre. Data la confluenza atipica di così tanti fattori esterni e la scarsità di alternative di rendimento, sembra ragionevole aspettarsi che i flussi di capitale verso gli emergenti nel 2021 non solo supereranno la media di 280 miliardi di dollari dell’ultimo decennio, ma anche il record del 2010”. 

L’attuale fascino degli emergenti non è dovuto solo a un cambiamento nelle dinamiche esterne. Dhawan sottolinea infatti che la maggior parte di questi paesi ha rafforzato i propri fondamentali economici, raggiungendo la flessibilità necessaria per sostenere grandi shock. “Gli ampi miglioramenti economici includono livelli ridotti di inflazione e di debito denominato in valuta estera, un sistema finanziario più robusto e una maggiore flessibilità del tasso di cambio – chiarisce -. Questi fondamentali più forti si riflettono in costi di servizio del debito ben contenuti.

Mentre il debito sovrano in aggregato (misurato come il debito dei costituenti del JPMorgan EMBI-Global Diversified Index) è cresciuto di 15 punti percentuali del Pil negli ultimi cinque anni, i costi del servizio del debito sono aumentati solo di 0,5 punti percentuali”.

Fondamentali più forti stanno anche permettendo a molte banche centrali di seguire per la prima volta le loro controparti dei mercati sviluppati, allentando la politica monetaria e, in alcuni casi limitati, finanziando direttamente i deficit governativi. “Nelle precedenti recessioni globali, molte economie emergenti sono state costrette ad adottare politiche aggressive per evitare che le loro valute si indebolissero rispetto al dollaro e che il servizio del debito denominato in dollari aumentasse eccessivamente – continua l’esperto -. Riteniamo che queste economie, in particolare il Brasile e il Sudafrica, dovrebbero sovraperformare i loro omologhi emergenti in un contesto in cui solidi fattori esterni sono pronti ad alleviare gli acuti vincoli finanziari interni che si riflettono nelle ripide curve di rendimento locali”. 

Il panorama però è sempre più biforcato, con alcuni paesi molto più in difficoltà. Una minoranza di paesi con grandi debiti denominati in dollari e tassi di cambio relativamente fissi ha infatti  visto i costi di servizio del debito aumentare di più di un punto percentuale del Pil. “Questo sottoinsieme più piccolo potrebbe affrontare rischi materiali di solvibilità in futuro, se l’incapacità di assicurare una fornitura di vaccini sufficiente e tempestiva precludesse una forte ripresa economica”, avverte Dhawan, secondo cui quindi valutare efficacemente il complesso panorama richieda una profonda competenza e una portata globale. 

“Mentre gli spread del credito sovrano e i rendimenti reali dei titoli di stato locali sono al di sotto della media storica, secondo la nostra analisi, sono attraenti rispetto agli spread del credito societario e ai rendimenti dei titoli di stato del mercato interno equivalente – conclude -. Le valutazioni delle divise emergenti ad alto beta e la volatilità implicita rimangono, a nostro avviso, altrettanto convenienti rispetto agli omologhi del G10. Sebbene non siano prive di rischi, queste valutazioni attraenti unite alla confluenza di forti afflussi di capitale, prezzi delle esportazioni più alti e condizioni finanziarie più accomodanti, forniscono un vento di coda per le obbligazioni emergenti in valuta locale”.

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